Parte dalla Sicilia la proposta di un grande Centro in vista della partita per le Europee che poi potrebbe aprire nuovi orizzonti per le politiche. La mossa del governatore della Sicilia, Renato Schifani, di proporre una unione di centro con tutte le varie anime siciliane che si riconoscono nel Ppe si presta a diverse chiavi di lettura in vista della sfida delle urne che permetterà di testare le varie forze degli schieramenti.

Schifani, in fondo, nel suo stile molto pacato e riservato, ha rispolverato quella che era una partita aperta da quando il leader indiscusso degli azzurri, Silvio Berlusconi, (che voleva dare corpo a un nuovo partito repubblicano) è deceduto all’improvviso scompaginando le carte. In fondo il tema in questo periodo di smottamenti nel centro, è uello di creare un movimento più ampio del centrismo moderato che era uno degli ultimi sogni del leader degli azzurri. Certo la partita per le europee è ancora lungi dal cominciare e bisognerà vedere quali saranno i candidati.  Ma il governatore, entrando nel pieno della questione, ha detto chiaramente che la questione attuale è quella di far transitare il vecchio partito azzurro da una posizione lideristica a una più consona pluralista, aprendo il partito all’arrivo di altri movimenti centristi.

Il 30 per cento

«Fermo restando che il nome di Berlusconi e il simbolo non si toccano – ha detto - , c’è una vasta area  popolata da persone che fanno riferimento al Ppe con la quale  bisogna discutere.  Penso al momento di Raffaele Lombardo e all’area vicina a Totò Cuffaro, per superare l’errore storico della parcellizzazione dei moderati». Un po’ il governatore ha ripreso quanto su questo giornale, già un mese fa,  il leader della nuova Dc siciliana, Totò Cuffaro andava ripetendo a pochi giorni dalla scomparsa di Berlusconi, facendo una conta delle percentuali dei singoli movimenti siciliani, partendo dal suo sino ad arrivare a quello del leader del Mpa, Raffaele Lombardo, veri indiscussi dominatori della tornata elettorale per il sindaco d Catania. Una forza di centro che in Sicilia  può già contare su una percentuale che si aggira sul 30 per cento.

Ma dietro la “mossa del cavallo” del governatore ed ex presidente del Senato, si celano anche e soprattutto altri interessi che oggi hanno una precedenza su tutti gli altri temi e sono soprattutto incentrati a fare in modo che il suo partito non venga rosicato da chi da tempo ha intenzione di prendere la guida indiscussa dei centristi moderati.  In primo luogo il presidente probabilmente ha inteso così sbarrare il campo alle mire espansioniste di Matteo Renzi che dalla morte del leader azzurro sta cercando di sbaragliare le file del partito e porsi come nuova vera anima di quel centrismo moderato,  lontano dagli estremismi, che in Italia continua a rimanere accanto alla destra italiana che domina la vita politica del paese. Renzi in fondo non fa mistero da tempo di rosicchiare consensi a Forza Italia che il leader di “Italia viva” oggi chiama ironicamente  “Forse Italia”. Certo l’uscita di Schifani potrebbe metterlo in difficoltà nel tentativo di aggregazione delle varie anime moderate del vecchio partito berlusconiano.

Gattopardi

C’è poi la partita tutta interna alla Sicilia a tenere banco nelle trattative ed è quella volta a fare da parte l’attuale sindaco di Taormina, Cateno De Luca che per alcuni è “Il nuovo Masaniello”. E difatti le parole di Schifani arrivano proprio a pochi giorni dalla rottura insanabile di De Luca con Matteo Renzi. Cateno, a questo punto, potrebbe ritrovarsi in un vicolo cieco.

C’è infine la guerra sottobanco per la leadership del partito azzurro col prossimo congresso di febbraio. Se l’azione di Schifani dovesse avere successo il governatore si presenterebbe all’assise congressuale con una percentuale di gran lunga superiore a quelle di tutte le altre regioni e quindi con una forza per niente attaccabile e da pesare sul tavolo dell’assise. Schifani a chi gli fa la domanda scontata se non aspiri a candidarsi alla guida del partito risponde secco che al contrario lui «voterà per Tajani». Ma in questi casi, è chiaro: mai dire mai.

A favore dell’uscita di Schifani ci sono anche le dichiarazioni dei vari leader politici del centrismo siciliano che individuano nelle parole del presidente una possibilità per la nascita di un centrismo aggregante tale da affrontare  a viso aperto entrambi i fronti di destra e sinistra. Lombardo che è aduso agire nell’ombra, ha fatto dire al suo assessore regionale Mpa, Roberto di Mauro  che «Il confronto leale e democratico e la sintesi delle varie esperienze compatibili configurerà una grande forza liberale, moderata, solidarista, capace di occupare autorevolmente il centro Politico in Italia». Apprezzamento anche dai “Noi Moderati” di Maurizio Lupi col coordinatore politico siciliano Saverio Romano e da Cuffaro che però, pur plaudendo all’apertura, mette le mani avanti, forse per alzare la posta: «Forza Italia è il partito di riferimento del Ppe – dice – e la Dc per quanto piccola formazione, aderisce al Ppe.  Noi lavoriamo per fare un assembramento comune, ma il tema ora sarà capire quale sarà il collante che terrà tutti insieme.  Loro dicono che deve essere Forza Italia. E’ un ragionamento aperto, ma si vedrà…».

A favore dell’idea di Schifani ci sono anche i numeri. Secondo il coordinatore regionale Fi e assessore regionale al Bilancio, Marco Falcone, “questa nuova forza aggregante potrebbe puntare a oltre il 27 per cento dei suffragi e dimostrare che Forza Italia resta un polo attrattivo». Al momento c’è solo un nodo che alcuni non riescono a sbrogliare. E cioè come può nascere una alleanza Lombardo- Cuffaro, due leader sempre in contrapposizione. Ma per superare questo scoglio basta affidarsi agli antichi  detti latini e ce n’è uno che dice che Cane non mangia cane.    

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