Come se non bastassero le convulsioni politiche, il governo Draghi inciampa anche sul pasticcio burocratico e giuridico della revoca della concessione autostradale per la A24 e A25 (Roma-Pescara-L'Aquila), ordinata con decreto legge giovedì scorso 7 luglio. Dopo soli quattro giorni il Tar del Lazio ha sospeso l'efficacia degli atti, restituendo al gruppo Toto la gestione dell'autostrada.

I giudici amministrativi non hanno esitato. Il ricorso della concessionaria Strada dei Parchi è stato depositato lunedì 11 luglio e la decisione del Tar è stata presa lo stesso giorno, "inaudita altera parte", cioè senza nemmeno chiamare il governo ad esprimersi, anche perché risulta "non costituito in giudizio". Le motivazioni della sospensiva sono nette, e accolgono in pieno il ricorso.

La revoca, decisa e attuata nelle modalità che vedremo più avanti, rischierebbe di spingere alla bancarotta tutto il gruppo Toto e di compromettere gli attuali livelli occupazionali.

Commedia all’italiana

Queste quattro giornate di follia giuridica, concepite negli uffici del ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini e a palazzo Chigi, hanno assunto i ritmi della commedia all'italiana. Giovedì 7 luglio il Consiglio dei ministri ha emanato un decreto legge che dava efficacia immediata al decreto ministeriale con cui Giovannini ha disposto la revoca della concessione (che ha la scadenza naturale nel 2030) per "grave inadempimento" della concessionaria nella manutenzione dell'autostrada e, si legge nel provvedimento, «con carenze nella gestione dell’autostrada idonee a produrre riflessi anche sulla sicurezza all’utenza».

L'efficacia immediata ha fatto sì che, quella sera stessa, a mezzanotte, l'amministratore delegato dell'Anas Aldo Isi si è presentato a Roma nella sede di Strada dei Parchi, accompagnato da uomini della Digos, per prendere possesso della concessionaria.

Il decreto Draghi-Giovannini prevede infatti il passaggio fulmineo della gestione dell'infrastruttura dalla concessionaria revocata all'Anas, con tanto di estromissione dei dirigenti in carica e loro sostituzione con uomini Anas, dotati dal decreto del potere di mettere a lavorare per loro i dipendenti del gruppo Toto, in attesa di un loro passaggio organico, in un futuro prossimo indefinito, da dipendenti di Strada dei Parchi a dipendenti Anas.

Di fatto la decina di funzionari Anas, guidati dal capo del compartimento dell'Abruzzo Antonio Marasco, la mattina dell'8 luglio non sapevano dove mettere le mani.

Non si sa quale mente giuridica o economica abbia immaginato l'idea che una società alle prese con la gestione di un'autostrada (attività non solo complessa ma sempre "in tempo reale", 24 ore su 24) possa funzionare facendo sparire all'istante tutti i dirigenti e affidandosi a funzionari di altra società che nella vita fanno altro.

Infatti, seguendo i canoni della ragionevolezza, gli uomini dell'Anas hanno assunto i poteri ma hanno chiesto per le vie brevi ai dirigenti di Strada dei Parchi di rimanere nei loro uffici per dare una mano. Questa assurda commedia è andata avanti venerdì, sabato, domenica e lunedì.

Martedì 12 luglio, in forza del decreto del Tar del Lazio, gli uomini di Marasco sono tornati ai loro uffici all'Anas e i dirigenti di Strada dei Parchi hanno ripreso possesso delle loro scrivanie, in attesa che il Tar riesamini più posatamente la cosa nell'udienza già fissata per il 7 settembre prossimo.

Fantasia a palazzo Chigi

C'è un dettaglio sufficiente a illuminare l'improvvisazione e l'approssimazione con cui, verosimilmente proprio a Palazzo Chigi, è stata gestita l'operazione.

Nel decreto ministeriale che ha sancito la revoca, scritto dal direttore generale della vigilanza autostradale del ministero delle Infrastrutture Felice Morisco, si annuncia un successivo provvedimento per individuare le modalità di gestione dell'autostrada dopo la revoca, e si stabilisce: «Nelle more dell’adozione del provvedimento di cui al comma 1, Strada dei Parchi S.p.A. è obbligata a proseguire nell’ordinaria amministrazione dell’esercizio delle autostrade e delle relative pertinenze fino al trasferimento della loro gestione».

Indicazione forse troppo prudente per chi, a palazzo Chigi, ha ritenuto possibile il passaggio della gestione di un'autostrada (con auto e Tir che corrono, pedaggi da incassare etc.) da una società a un'altra nel giro, letteralmente, di un minuto.

Perché tanta fretta?

Perché tanta fretta nel decidere la revoca con modalità che potrebbero dare luogo a un contenzioso da miliardi di euro che lo Stato potrebbe trovarsi a dover pagare all'imprenditore Carlo Toto? Le ragioni della fretta dovrebbero trovarsi proprio nel decreto ministeriale scritto da Morisco e approvato da Giovannini, peraltro lo stesso documento che prescriveva tempi ragionevoli per il passaggio della gestione. Ma è proprio in quelle 16 pagine che vengono fuori nuove amare sorprese.

Si legge infatti che «il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ha reiteratamente contestato, a partire dal 2009, al Concessionario inadempimenti agli obblighi di manutenzione delle autostrade». E che «le contestazioni formulate a Strada dei Parchi S.p.A. sin dal 2014 dall’Ufficio territorialmente competente di questa Direzione Generale riferibili agli aspetti operativi denotano delle carenze nella gestione dell’autostrada idonee a produrre riflessi anche sulla sicurezza all’utenza».

E che «il diffuso stato di ammaloramento delle infrastrutture, oggetto di reiterate contestazioni dimostra, all’evidenza, la gravità e non rimediabilità dell’inadempimento». Se si va poi a vedere in che cosa si manifesta concretamente la scarsa manutenzione addebitata a Toto, si legge che «le opere d’arte ispezionate, per lo più visivamente, pari ad una percentuale del 44 per cento delle tratte in ponte o viadotto lungo l’infrastruttura, presentano fenomeni di degrado corticale di entità differenziata lungo i singoli viadotti e non uniformemente diffusi».

Infine il ministero sancisce che «gli inadempimenti nella gestione delle infrastrutture hanno compromesso la fiducia del Concedente sulla idoneità del Concessionario di prestare fede ai suoi impegni».

Il vero timore

Quindi adesso sappiamo che la vigilanza sulle autostrade ha aspettato 13 anni di inadempimenti, idonei secondo lo stesso Morisco a minacciare la sicurezza degli automobilisti, per perdere la fiducia nella concessionaria e per fare qualcosa che non fosse una lettera.

Da questo punto di vista c'è da sperare che abbia ragione Toto e cioè che questi inadempimenti siano inventati di sana pianta. Perché se ci sono davvero stati fanno meno paura della lentezza di riflessi del ministero.

In ogni caso, se un giorno lo Stato si trovasse a dover pagare a Toto un paio di miliardi di danni, cosa non impossibile, come sempre accade in questo tipo di vicende quel giorno i responsabili di questo pasticcio saranno passati ad altro incarico e nessuno potrà chiedergli conto di niente.

 

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