Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado sul processo Montante.


Il gup, tuttavia, evidenziava che non era stata acquisita prova diretta della rivelazione della informazione acquisita dallo SCO nel febbraio 2015 da Andrea Grassi a Cavacece, che era un sovraordinato di D'Agata all' Aisi.

Riteneva invece che vi fosse prova del fatto che Grassi [successivamente assolto da tutte le accuse] avesse comunicato a Cavacece l'altra informazione pervenuta allo SCO dalla Squadra Mobile di Caltanissetta nel dicembre 2015 in ordine alle imminenti perquisizioni, che avrebbero coinvolto anche D'Agata.

Prima della conversazione del 31.1.2016, sopra riportata, nella quale D'Agata afferma di essere stato informato delle intercettazioni a carico di Montante iniziate da "quasi" un anno, il 12.12.2015 l'ufficiale e il prof. Cuva si erano incontrati a Palermo. Poi il 2.1.2016 in una telefonata tra loro, essi convenivano sul fatto che avrebbero dovuto parlare delle indagini con Montante. Tra le due date non vi furono altri incontri, quindi la notizia relativa all'indagine Cuva poteva averla data solo il

12.12.2015; e conseguentemente la rivelazione sarebbe stata effettuata in favore di Cuva per il tramite di Schifani ed Esposito, in data antecedente al 12.12.2015.

Sul punto, tuttavia, il gup giunge a conclusioni parzialmente diverse da quelle del P.M.

La "catena rivelatoria", secondo l'espressione utilizzata dal giudice di primo grado, era stata ricostruita nella stessa conversazione tra D'Agata e la Battiato del 31.1.2016, quando i due si recavano a Palermo perché Cuva doveva dare loro comunicazioni importanti e ipotizzavano che le notizie riguardassero la loro sottoposizione ad intercettazione, parlando del fatto che le notizie provenivano dal "Generale", il quale le "racconta a Schifani", con la consapevolezza che tramite Angelo le avrebbe fatte giungere a D'Agata.

Attraverso una serie di elementi indiziari ritenuti convergenti il giudice di primo grado riteneva che il Generale, di cui parlavano i coniugi intercettati, si dovesse identificare nel Generale Esposito (cfr. pagg. 1600 ss. della sentenza impugnata).

Sempre il 31.1.2016, durante il viaggio di ritorno da Palermo e quindi dopo l'incontro con Cuva, D'Agata e la Battiato discutevano di quanto avevano appreso, concordando la massima accortezza nelle conversazioni telefoniche e alludendo ad un tentativo che qualcuno aveva attuato per acquisire ulteriori informazioni dal Questore di Caltanissetta e per poi riferirli ad Esposito al fine di impedire che venisse dato un incarico allo stesso D'Agata, perché "attenzionato" in un'indagine.

L'episodio di cui parlano i coniugi ha trovato conferma in una relazione di servizio del dott. Bruno Megale, all'epoca Questore di Caltanissetta, che in data 1.2.2016 aveva riferito di avere avuto un incontro con il dott. Valerio Blengini, capo reparto dell' Aisi; costui gli aveva chiesto un appuntamento raggiungendolo all'Hotel Baglioni di Firenze il precedente 25 gennaio e gli aveva rappresentato di avere avuto notizia dell'indagine a carico di D'Agata attraverso Cavacece, che a sua volta l'aveva avuta da Andrea Grassi.

Gli aveva poi chiesto notizie dell'indagine spiegandogli che l'andamento della stessa poteva rendere controindicata una possibile imminente assegnazione di D'Agata ad un importante incarico in Sicilia. Megale aveva risposto di non poter fornire nessuna informazione sull'indagine. Chi aveva fornito l'informazione a Blengini era quindi Cavacece, la persona che, secondo quanto emerso nella citata intercettazione del 31.1.2016, aveva dato la notizia a D'Agata dell'indagine su Montante.

Inoltre nell'agenda di D'Agata alla data del 16 dicembre 2015 vi era la seguente annotazione: "Ricevuta notizia (Cavacece )". Si trattava, secondo il giudice di primo grado, di una notizia di conferma di altra analoga e precedente che doveva avergli dato Cuva nell'incontro del 12 dicembre.

Dalle conversazioni successive emerge che Cuva e D'Agata avevano poi deciso di parlarne con Montante.

La fonte di Cavacece, secondo Blengini, era Andrea Grassi. Contestatigli questi elementi, Andrea Grassi aveva proposto una ricostruzione alternativa, secondo la quale egli aveva ricevuto nel dicembre 2015 la notizia dell'estensione dell'indagine su Montante anche a D'Agata ma non l'aveva riferita a Cavacece.

Aveva invece contattato un suo amico fidato, pure appartenente all' Aisi e proveniente dalla Polizia di Stato, Andrea Tineri, al fine di chiedergli in quale ufficio fosse incardinato D'Agata, così da acquisire un'ulteriore informazione utile alla Squadra mobile di Caltanissetta per eseguire le perquisizioni e al contempo necessaria a redigere un appunto più completo per i suoi superiori quando avrebbe dovuto comunicare le notizie più importanti delle attività svolte dagli uffici territoriali.

Attraverso il sistema di messaggistica whatsapp, l' 11.12.2015, alle ore 20.26, Tineri gli aveva comunicato che D'Agata lavorava " ... sotto le dipendenze di Andrea Cava ... ", e poi alle ore 20.27, "se serve", si diceva disponibile a procurargli il numero di telefono del colonnello. Un minuto dopo Grassi rispondeva: ''No. Va bene così". I messaggi sono stati acquisiti dietro produzione della difesa nel corso del giudizio di primo grado.

Con indagini difensive erano stati sentiti Tineri, Blengini, Giuseppe Del Deo e il gen. Mario Parente, all'epoca vicedirettore dell 'Aisi. Tineri ha confermato la circostanza, aggiungendo di avere sospettato che le domande di Grassi dipendessero da un'indagine in corso su D'Agata e di avere confidato questa sua intuizione prima al suo caporeparto Giuseppe Del Deo e poi a Blengini; costoro, sentiti pure in sede di indagini difensive, confermavano tale ricostruzione. Anche il Gen. Parente la confermava, avendo egli ricevuto confidenze in proposito dallo stesso Blengini.

E' in questo contesto che Blengini ha sostenuto che quanto scritto nella relazione di Megale è frutto di un equivoco, perché egli si sarebbe limitato a rappresentare al Questore di Caltanissetta del!' epoca che Cavacece poteva trovarsi in difficoltà ad affidarsi a D'Agata visto il suo coinvolgimento nell'indagine.

Sia Blengini sia Parente poi spiegavano il colloquio del primo con Megale con la finalità di acquisire i dati necessari ad evitare il conferimento di incarichi delicati in Sicilia all'ufficiale sotto inchiesta; incarichi che venivano insistentemente richiesti dal D'Agata per avvicinarsi alla famiglia. Blengini sosteneva che la richiesta di informazioni originava anche dalla vaghezza di quanto era stato intuito tanto che non poteva nemmeno avere certezza di quale fosse l'autorità procedente.

Perciò aveva definito la richiesta a Megale un'iniziativa avviata "in una logica di puro tentativo, non certo perché fossi indirizzato a Caltanissetta dalle informazioni raccolte allo SCO dal mio collaboratore''. ma giusto e soltanto perché Caltanissetta era stata una delle sue ultime sedi di servizio.

Blengini ha invece negato di aver mai parlato di Grassi.

La ricostruzione di Grassi, quindi, escludeva anche l'intervento di Cavacece nella filiera della prospettata rivelazione di segreto. E difatti la difesa aveva ipotizzato che l'appunto rinvenuto nell'agenda di D'Agata: ''AVUTA NOTIZIA (Cavacece)", riguardasse la notizia, diffusasi proprio in quei giorni di un delicato intervento chirurgico al quale Cavacece doveva essere sottoposto.

A supporto di questa tesi Grassi aveva prodotto uno scambio di messaggi intercorso tra lui e Cavacece il 18 dicembre (Grassi: "Caro Andrea ... Ho saputo che nei prossimi giorni devi subire un intervento. Spero nulla di che … ma ti prego di farmi sapere. Se posso essere utile Francesca ed io siamo accanto a te e tua moglie .. ! Andrea Grassi"; Cavacece: "Grazie mille Andrea, nulla di che, sapevo che appendere il calendario Pirelli in garage mi avrebbe causato'').

Il primo giudizio del gup (capovolto in appello)

Il gup non riteneva convincente la tesi difensiva, volta ad accreditare l'esistenza di un mero scambio di messaggi tra Grassi e Tineri per finalità esclusivamente istituzionali; il giudice di primo grado ha ritenuto comunque improvvida l'iniziativa alla luce di quanto emerso dall'approfondimento istruttorio svolto con l'esame di Raffaele Grassi, fino a febbraio 2015 direttore dello SCO, e di Renato Cortese, che rivestiva la stessa carica nel dicembre 2015.

Secondo quanto da loro riferito, se non vi era una coassegnazione dell'indagine, la struttura centrale non poteva e non doveva svolgere alcuna attività di aiuto o partecipazione alla Squadra mobile territorialmente competente. E non era prevista alcuna possibilità di ricerca di informazione al di fuori dall'ufficio, perché gli appunti andavano redatti solo utilizzando le fonti offerte dagli uffici territoriali o quelle già disponibili presso la struttura centrale.

Nel corso del suo esame, Cortese aveva smentito di avere chiesto a Grassi di fargli sapere l'esatto inquadramento di D'Agata all'interno dell' Aisi, come invece Grassi aveva sostenuto, così giustificando le ragioni per cui aveva mandato la richiesta di informazioni a Tineri.

Il gup ha ritenuto smentita la tesi di Grassi anche in ragione del fatto che nell'appunto poi da lui redatto per i suoi superiori il 14.12.2015 non vi era alcun riferimento al preciso inquadramento dell'ufficiale indagato nel reparto di Cavacece; ragione per la quale si aveva ancora confermato dell'assenza di qualsiasi ragione istituzionale nello scambio di messaggi con Tineri.

Il gup aggiungeva che, anche a volere credere ad un eccesso di zelo di Grassi, non poteva rimanere escluso che egli avesse voluto mettere in allarme Cavacece sull'indagine a carico del suo sottoposto, in ragione degli ottimi rapporti che a Cavacece (per sua stessa ammissione) lo legavano. Ciò a prescindere dalla parallela iniziativa di Tineri di riferire a Del Deo la sua impressione sulla condizione di indagato di D'Agata.

Il gup disattendeva anche la tesi della difesa riguardo all'allentamento dei rapporti tra Grassi e Cavacece all'epoca della rivelazione del segreto; raffreddamento che sarebbe dimostrato proprio dal messaggio scambiato in occasione dell'intervento chirurgico cui fu sottoposto Cavacece, concluso con la trascrizione integrale del nome e del cognome di "Andrea Grassi".

Secondo il gup, la formulazione del messaggio era elemento troppo equivoco e suscettibile di plurime spiegazioni per avallare univocamente la tesi difensiva o invece quella accusatoria, secondo la quale, invece, se due persone non si sentono da anni, dovrebbero iniziare le comunicazioni con maggiori preamboli. Quindi andava qualificato come elemento del tutto neutro.

Il gup conclusivamente considerava "prova regina" del coinvolgimento di Grassi la relazione del Questore di Caltanissetta Megale e riteneva che la controprova difensiva delle interlocuzioni con Tineri non poteva valere a confutarla. Quanto alle dichiarazioni di Blengini e di Parente, che potevano smentire le affermazioni contenute nella relazione di Megale, esse erano ritenute dal gup menzognere, visto che Megale aveva riferito di una vera e propria richiesta e non di un timido tentativo di sondaggio.

Il gup escludeva pure che Megale fosse caduto in equivoco nell'identificare Grassi come la persona cui aveva fatto riferimento Blengini; la precisa indicazione, infatti, doveva considerarsi rivelatrice di attendibilità, anche perché Grassi non era il diretto interlocutore della Squadra mobile di Caltanissetta e veniva a conoscenza dei fatti in seconda battuta; quindi, il suo nome non sarebbe potuto venire in mente al Questore come possibile fonte se qualcuno non glielo avesse detto.

Né poteva considerarsi credibile che Blengini d'accordo con Parente facesse

domande genericamente esplorative a Megale se non avevano alcun elemento per agganciare l'indagine alle autorità nissene, tanto più che, ove Megale non avesse saputo nulla, la loro condotta avrebbe compromesso le investigazioni facendole conoscere a terzi.

Ulteriore conferma al suo convincimento il gup traeva dagli argomenti che valevano a smentire un altro aspetto della tesi difensiva, e cioè che l'appunto ''AVUTA NOTIZIA (Cavacece)" nell'agenda di D'Agata in una data 16.12.2015 potesse riferirsi non alla notizia dell'indagine ma a quella del suo intervento chirurgico.

Dalla lettura di tutte le annotazioni dell'agenda, infatti, emergeva una tale precisione nell'indicare i dettagli delle circostanze avvenute o da ricordare, che doveva considerarsi del tutto improbabile che l'ufficiale non avesse anche scritto che la notizia verteva sull'intervento chirurgico. Per suffragare la sua affermazione il gup evidenziava ad esempio che nell'agenda del 2016 di D'Agata alla data del

9 dicembre era stata compiutamente annotata la ricezione di una telefonata che gli aveva fatto tale "Cristina", circa le dimissioni ospedaliere di Cavacece, mentre, il giorno successivo, era trascritto l'intero testo di un messaggio mandato da D'Agata a Cavacece contenente, oltre alla richiesta di aggiornamenti sulle sue condizioni di salute, gli auguri di buon compleanno.

Il coinvolgimento di Cavacece era attestato non solo dalla risposta di D'Agata alla moglie nella conversazione del 31.1.2016, più volte citato, ma anche in un successivo colloquio, nel quale più esplicitamente la donna mostrava di considerarlo un punto di riferimento certo per conoscere notizie riservate:

BATTIATO: Tu comunque gli puoi chiedere a CAVACECE no? I telefonini che ti attribuiscono?

D'AGATA: Sara ... (più parole incomprensibili a causa di rumori esterni) ... i telefoni di gente appartenente ... (inc) ...

BATTIATO: ... con i telefoni loro?

Nelle agende di D'Agata erano presenti, inoltre, dei messaggi inviati a Cavacece nel corso del 2017 e compiutamente trascritti, che mostrano un atteggiamento di gratitudine e di fiducia incondizionata nei suoi confronti e che rimandano ad un rapporto saldissimo tra i due.

Tutto ciò rendeva credibile che Cavacece avesse avuto come fonte Grassi. Secondo il gup, però, è la data del 16 dicembre 2015, cioè la data in cui D'Agata appunta in agenda di avere ricevuto la notizia da Cavacece, quella in cui è avvenuta la rivelazione di segreto ad opera di Grassi.

Sicchè non era stato l'incontro con Cuva del 12.12.2015, quello in cui l'ufficiale dei Carabinieri distaccato ai servizi segreti aveva appreso l'informazione. Semmai dopo avere avuto la notizia da Cavacece egli aveva cercato di approfondirla contattando Cuva perché, attivati canali già sopra descritti, egli potesse conoscere ulteriori dettagli.

Per queste ragioni il gup considerava provato il coinvolgimento di Grassi in quel solo episodio in cui il suo protagonismo era avvalorato da una pluralità di elementi, mentre solo deduttivi erano quelli che sorreggevano l'ipotesi di un suo coinvolgimento nella prima rivelazione del febbraio 2015 e del tutto insussistenti quelli che potrebbero dimostrare una sua disponibilità ad agevolare l'associazione di Montante.

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