Inizia la Coppa d’Africa della diaspora: tutte le aspettative sul Marocco

Casablanca - Il Marocco intero è una pentola in ebollizione. A far salire la temperatura in questi giorni, però, non sono le proteste di piazza scoppiate tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, bensì la Coppa d’Africa, in programma dal 21 dicembre al 18 gennaio, che il paese nordafricano si appresta a ospitare a 37 anni dall’ultima volta. Quelle manifestazioni, animate soprattutto dalla Gen Z, si sono progressivamente affievolite sotto la pressione delle autorità che, secondo Amnesty International, hanno portato al coinvolgimento giudiziario di oltre 2.400 persone in relazione alle proteste, fino a spegnersi dopo il discorso del re Mohammed VI. Il 10 ottobre il sovrano ha invitato il governo ad accelerare le riforme nei settori dell’istruzione e della sanità, proprio gli ambiti da cui era scaturita la protesta. Secondo l’Associazione marocchina per i diritti umani, che ha denunciato l’assenza di avvocati durante le udienze, indagini lacunose e la violazione del principio di presunzione di innocenza, decine di persone sono già state condannate a pene detentive, in alcuni casi fino a 15 anni di carcere. E così la rabbia ha lasciato spazio alle emozioni sportive. Non esiste un solo calcio africano. Ogni popolo ha il suo gioco Le aspettative sui Leoni dell'Atlante Dieci giorni dopo il discorso del re è arrivato l’inaspettato trionfo della Nazionale U20 ai Mondiali di categoria: il 2-0 all’Argentina in finale ha fatto letteralmente esplodere le strade del paese, che mai prima di allora aveva vinto un titolo iridato a qualsiasi livello. Poi, il 18 dicembre, è toccato alla Nazionale B imporsi nella Coppa araba. Due successi che hanno alzato l’asticella e ridotto a zero il margine d’errore per la selezione maggiore. Dopo un biennio di trofei e medaglie in tutte le categorie - dall’U17 campione d’Africa e ai quarti dei Mondiali, all’U20 finalista continentale e sul tetto del mondo, fino all’U23 vincitrice in Coppa d’Africa e alla selezione olimpica medaglia di bronzo a Parigi - ora spetta al Marocco dei grandi mettere il sigillo definitivo alla crescita esponenziale dell’intero movimento. I tifosi lo ripetono come un mantra e lo hanno ribadito anche alla stampa locale dopo il successo in Coppa araba: è arrivato il momento di spezzare un digiuno lungo quasi 50 anni, ormai vissuto come una maledizione. L’allenatore della Nazionale marocchina, Walid Regragui (FOTO EPA)

[Missing Credit] L’unico trionfo del Marocco in Coppa d’Africa risale infatti al 1976. Un’anomalia difficile da spiegare per una Nazionale che è tra le africane più presenti ai Mondiali, con sei partecipazioni, che nel 1986 è stata la prima del continente a raggiungere gli ottavi di finale e che nel 2022 si è spinta fino alle semifinali, dando nuovo lustro al calcio africano. L’allenatore Walid Regragui è consapevole della sfida che lo attende e ha dichiarato di vivere questa pressione come una grande responsabilità. D’altronde, per provare finalmente a colmare questo vuoto e giocarsi finalmente la possibilità di tornare a vincere, negli ultimi 20 anni il Marocco non ha badato a spese, mobilitando tutte le risorse a disposizione, in campo e fuori. La guerra civile blocca il calcio in Sudan: così i migliori club migrano in Ruanda L’edizione più seguita della storia La finale persa nel 2004 contro la Tunisia e le due eliminazioni consecutive nella fase a gironi hanno spinto il regno a investire in un’accademia di livello internazionale, in un dipartimento di scouting all’avanguardia capace di intercettare i migliori talenti della diaspora europea e in infrastrutture calcistiche di prim’ordine. I nove stadi dislocati a Rabat, Casablanca, Tangeri, Fez, Marrakech e Agadir - le sei città che ospiteranno la Coppa d'Africa - sono stati tutti recentemente rinnovati o costruiti ex novo. La qualità e la sicurezza degli impianti, insieme alla vicinanza geografica e ai costi relativamente accessibili del paese, sono tra i fattori destinati ad attirare centinaia di migliaia di spettatori da tutto il continente e oltre. A novembre, alla vigilia dell’apertura della terza finestra di vendita, la Confederazione africana del calcio (CAF) aveva annunciato la vendita di circa 300mila biglietti in 106 paesi del mondo, con una domanda particolarmente forte da Francia, Belgio e Paesi Bassi. Nuove stime parlano di oltre un milione di tagliandi venduti, numeri che potrebbero rendere questa edizione la più seguita della storia. [Missing Caption][Missing Credit] Non a caso, la trentacinquesima rassegna continentale è già stata ribattezzata “Coppa d’Africa della diaspora”: un’etichetta che la CAF ha voluto rendere concreta organizzando, per la prima volta, un tour del trofeo tra Londra e Parigi. Un’iniziativa pensata per portare lo spirito della competizione nel cuore delle comunità africane in Europa, attraverso eventi pubblici e momenti di incontro con alcuni dei protagonisti del torneo. Tra loro figurano anche 28 volti legati all’Italia: 20 calciatori di Serie A, 4 di Serie B, uno di Serie C e uno di Serie D, oltre a Stefano Cusin, commissario tecnico delle Comore, nato in Canada da genitori italiani, e a Guido Nanni, preparatore dei portieri dell’Algeria. Un Pallone d’oro per l’Africa: perché il francese Dembélé è diventato un simbolo Tra favorite e possibili sorprese Proprio quest’ultima, guidata dall’ex tecnico della Lazio Vladimir Petković, rientra nel gruppo di Nazionali che potrebbero infliggere l’ennesimo smacco al Marocco, forse il più doloroso alla luce dei rapporti apertamente ostili tra i governi dei due paesi. In un torneo notoriamente imprevedibile come la Coppa d’Africa, però, il ventaglio delle rivali resta ampio: dalla Costa d’Avorio campione in carica al Senegal vincitore nel 2022, passando per l’Egitto, che con 7 titoli continentali sulle spalle spera di consegnare a Mohamed Salah il primo trionfo con la Nazionale all’età di 33 anni, in quella che potrebbe essere l’ultima Coppa d’Africa da protagonista per l’attaccante del Liverpool. Restano invece in cerca di riscatto Nigeria e Camerun, due selezioni ricchissime di talento, ma frenate da cronici problemi federali che continuano a riflettersi sul rendimento in campo, come dimostrato dalla mancata qualificazione ai Mondiali 2026. Tra le possibili sorprese figurano Burkina Faso e Mali, outsider storiche, e la Repubblica Democratica del Congo, una delle selezioni più in crescita del continente, quarta nell’ultima edizione e a un passo dal ritorno alla Coppa del mondo dopo 52 anni. Nel quadro delle 24 partecipanti va poi registrata, per la seconda edizione consecutiva, l’assenza di esordienti assoluti: tornano però Nazionali come il Botswana, alla seconda apparizione, e soprattutto il Sudan, capace di qualificarsi nonostante la guerra civile in corso e l’obbligo di disputare le partite casalinghe tra Sud Sudan e Libia. Storie che faticano a emergere nel racconto mediatico di questa Coppa d’Africa, perché l’attenzione è catalizzata quasi interamente dal Marocco. Qui, più che altrove, il risultato pesa quanto il contesto: qualsiasi esito diverso dalla vittoria finale verrebbe letto non solo come un fallimento sportivo, ma come una crepa nel progetto di un paese che nel 2030 ospiterà il Mondiale insieme a Spagna e Portogallo e vuole arrivarci con un palmares finalmente all’altezza delle ambizioni. Conflitti di interessi, presunte combine e accuse di appropriazione indebita, ma Eto’o continuerà a guidare la Federcalcio camerunense