Grande sorpresa dai preliminari: la squadra cipriota accede per la prima volta della sua storia alla fase a gironi. Nata solo undici anni fa da una fusione, il primo trofeo è arrivato nel 2023. Il direttore sportivo è Cristiano Giaretta, ex uomo di fiducia della famiglia Pozzo all’Udinese. E i proprietari vantano legami con la finanza russa e i fedelissimi di Putin
Ci sono voluti nove anni e diciassette giorni per interrompere l’incredibile imbattibilità casalinga della Stella Rossa nelle coppe europee. L’ultima volta era successo nel 2016 contro il Ludogorets: ventidue partite dopo, la notte del 19 agosto, ci sono riusciti i ciprioti del Pafos FC, capaci di espugnare il Marakanà di Belgrado e poi completare l’opera martedì sera, pareggiando 1-1 allo stadio Stelios Kyriakides. Un risultato che vale la prima, storica qualificazione del club alla fase a gironi di Champions League.
Non è la prima volta che una squadra dell’isola di Afrodite conquista un posto sul più importante palcoscenico calcistico del continente: l’Apoel Nicosia ci è arrivato già due volte, spingendosi addirittura fino ai quarti nel 2012, fermato soltanto dal Real Madrid di Cristiano Ronaldo. La squadra della capitale, però, è la grande potenza del calcio cipriota, con un palmarès che conta 29 scudetti, 21 coppe e 15 supercoppe.
Il Pafos è tutta un’altra storia: un club giovanissimo, nato appena undici anni fa dalla fusione tra AEK Kouklion e AEP Paphos, che solo nel 2023 ha alzato il suo primo trofeo, la coppa nazionale con la conquista del suo primo campionato lo scorso anno.
Programmazione e flussi di denaro
I successi del Pafos, sul campo, parlano anche un po’ italiano: la squadra, infatti, è stata costruita dal direttore sportivo Cristiano Giaretta, ex uomo di fiducia della famiglia Pozzo all’Udinese e nella loro succursale britannica di Watford. In panchina c’è lo spagnolo Juan Carlos Carcedo, 52 anni compiuti proprio la sera del Marakanà, con alle spalle tredici anni trascorsi come assistente di Unai Emery tra Spagna, Russia, Francia e Inghilterra. In estate, prima del grande exploit europeo, la squadra era salita alle cronache continentali per aver ingaggiato uno dei calciatori più iconici e vincenti degli ultimi anni, il difensore brasiliano dalla folta chioma riccia David Luiz.
Dietro l’ingaggio di David Luiz e l’ascesa del Pafos nel calcio cipriota ed europeo non c’è solo programmazione sportiva, ma soprattutto i soldi russi che hanno fatto decollare il progetto. Alla guida del club, infatti, ci sono Sergei Lomakin e Roman Dubov, due imprenditori con affari che vanno molto oltre il calcio. Lomakin, 57 anni, è la figura centrale: partito negli anni Novanta dal commercio di caffè, ha costruito un impero di catene di supermercati, negozi di scarpe e abbigliamento, fino a mettere insieme un patrimonio stimato in oltre 1,7 miliardi di dollari.
Nome che figura tra i duemila più ricchi del mondo secondo Forbes, la sua biografia è però segnata da ombre: in passato è stato indagato per frodi finanziarie in Russia e Lettonia, accuse archiviate ma che hanno alimentato i sospetti sui suoi rapporti con l’élite del Cremlino.
Non a caso, Lomakin è molto vicino ad Andrei Kostin, il potente presidente della banca VTB, uomo chiave della finanza russa e fedelissimo di Putin. Con lui condivide l’idea che il denaro non serva solo a generare profitti, ma anche a costruire influenza. Non sorprende allora che, attraverso il consorzio Total Sports Investment, Lomakin abbia messo insieme un piccolo network calcistico che oggi comprende, oltre al Pafos FC, il Rodina Mosca, nella seconda divisione russa, lo United FC negli Emirati Arabi e il Riga FC in Lettonia.
La questione lettone
Il suo legame con il calcio lettone, però, è paradossale: pur essendo proprietario della squadra con il budget più alto dei Baltici, Lomakin non può entrare in Lettonia. I servizi di sicurezza lo hanno dichiarato persona non grata, imponendogli un divieto di ingresso prorogato fino al 2025 e confermato nonostante i ricorsi. Questo non gli ha impedito di continuare a fare affari: dalla catena di discount Fix Price, presente anche in Russia, Georgia e Bielorussia, fino allo stesso club della capitale, che però non ha mai mantenuto le promesse sportive.
Accanto a lui, con un ruolo più defilato, ma non meno importante, c’è Roman Dubov. Nato in Ungheria, lontano dalla Russia da oltre trent’anni e cittadino britannico dal 1999, nel 2011 è stato tra i proprietari del Portsmouth, esperienza che gli ha aperto le porte del calcio inglese e gli ha permesso di costruire una rete di contatti che arriva fino a Daniel Levy, presidente del Tottenham. È soprattutto grazie a lui se Total Sports Investment ha messo piede in diversi mercati.
Dubov ama definirsi il «ministro degli Esteri» del gruppo: si occupa di strategie, relazioni con federazioni, UEFA e FIFA, progetti giovanili, introduzione di nuove tecnologie e staff. Non gestisce l’ordinario, ma porta in dote credibilità internazionale e relazioni personali, il capitale che consente al Pafos di muoversi con disinvoltura nei palazzi del calcio europeo. Adesso tocca al campo. Sarà il pallone, più della finanza e delle manovre societarie, a dire quanto durerà il sogno del Pafos. I tifosi, comunque, hanno già inciso le loro notti europee nella storia del calcio cipriota.
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