Il calcio, e in generale lo sport internazionale, potrebbero essere di fronte a un momento storico. Nella giornata di oggi, giovedì 25 settembre, il Times ha rivelato che la Uefa deciderà la prossima settimana in merito all’esclusione di Israele dalle competizioni internazionali, e che la maggioranza dei membri del Comitato esecutivo (di cui fa parte anche il presidente della Figc Gabriele Gravina che, sentito da Domani, smentisce l’esistenza di una riunione in calendario per la prossima settimana) sarebbe a favore di questa soluzione.

Negli ultimi giorni, simili notizie erano circolate in maniera contraddittoria e imprecisa, diffuse da testate tradizionalmente poco affidabili, come Israel HaYom e la spagnola OkDiario. Ma la rivelazione odierna del quotidiano britannico ha decisamente un altro peso, e nel giro di un’ora è stata seguita da una conferma di Sky News: i vertici della Uefa si sarebbero riuniti oggi per pianificare un prossimo voto su Israele.

Il giornalista Rob Harris riporta che l’associazione del calcio europeo avrebbe il supporto delle federazioni nazionali e dei membri del Comitato esecutivo per procedere con la sospensione di Israele.

Le possibili conseguenze

Su un altro fronte, Donald Trump starebbe facendo pressioni sulla Fifa del suo amico Gianni Infantino per evitare che quest’ultima si allinei alla Uefa. Ma anche se il governo del calcio mondiale dovesse risparmiare delle sanzioni, le squadre israeliane si ritroverebbero impossibilitate a competere a livello internazionale. Questo significherebbe l’esclusione del Maccabi Tel Aviv dall’Europa League (il 29 gennaio dovrebbe sfidare il Bologna) e della Nazionale israeliana dalle qualificazioni ai Mondiali del 2026 (il 14 ottobre è prevista la sfida contro l’Italia a Udine).

Per Israele sarebbe la replica di quanto avvenuto nel 1974, quando fu espulsa dalla confederazione asiatica AFC, come conseguenza della guerra del Kippur. Per vent’anni, il calcio israeliano rimase senza affiliazione, con i club isolati a livello internazionale e le selezioni costrette a competere come ospiti di altre confederazioni continentali. Nel 1994, nel pieno del processo di pace (purtroppo mai concretizzatosi), Israele era stato infine ammesso ufficialmente nella Uefa.

Ma le violenze degli ultimi due anni in Palestina hanno infine compromesso anche questo equilibrio sportivo. La Uefa aveva iniziato a cambiare timidamente rotta lo scorso agosto. Prima aveva condiviso sui propri profili social un ricordo del calciatore palestinese Suleiman Al-Obeid, ucciso da un attacco israeliano mentre era in fila per ricevere aiuti umanitari. Poi, durante la Supercoppa europea del 13 agosto, aveva portato in campo uno striscione che diceva: «Basta uccidere i bambini, Basta uccidere i civili». Lo stesso presidente Aleksander Čeferin, intervistato in seguito da Politico, aveva espresso delle critiche verso il comportamento di Israele a Gaza, e non aveva escluso future sanzioni.

L’impatto del riconoscimento della Palestina

A fine settembre, poi, diversi paesi europei hanno riconosciuto lo stato di Palestina, testimoniando un crescente cambio di sensibilità nel continente sulla questione. A New York è stata lanciata una nuova campagna per il boicottaggio di Israele nel calcio, chiamata “Game Over Israel”, che rapidamente ha iniziato a diffondersi. Proprio mercoledì sera, i suoi manifesti campeggiavano per le strade di Salonicco, dove il Paok ha ospitato il Maccabi Tel Aviv.

E, pochi giorni prima, il consiglio comunale di Amsterdam aveva definito lo stesso Maccabi e i suoi tifosi «non graditi» in città. Nemmeno un anno fa, la capitale olandese era stata teatro di aggressioni proprio contro i sostenitori del club israeliano, inizialmente ritenute a carattere antisemita: le successive indagini avevano però smentito questa ipotesi, facendo emergere le responsabilità degli ultras del Maccabi, colpevoli per primi di provocazioni e vandalismi.

L’annuncio di una probabile esclusione delle squadre israeliane entro una settimana arriva dunque al termine di una presa di coscienza lunga e tortuosa, che ha vissuto un’accelerata nelle ultime settimane. Difficile capire quale delle federazioni europee abbia spinto maggiormente per questo voto, anche se la Norvegia e la Spagna (il cui governo ha minacciato il ritiro dai Mondiali in caso di presenza di Israele) sono le principali indiziate.

Non secondario dev’essere stato il ruolo del Qatar, che non è membro della Uefa ma ne è uno sponsor cruciale attraverso Qatar Airways, e ha un proprio uomo (il presidente del Psg Nasser Al-Khelaïfi) nel Comitato esecutivo. Tradizionalmente vicino ad Hamas, il Qatar ha di recente subito attacchi diretti da parte di Israele, che potrebbe averlo persuaso a un contrattacco diplomatico per mezzo dello sport.

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