È un momento affascinante nella lotta politica a Big tech. Da una parte le quattro aziende tecnologiche dominanti non sono mai state così potenti o ricche. Dall’altra sempre più si sta formando un consenso sul fatto che i nostri leader politici debbano fare qualcosa per limitare il loro potere. Di conseguenza Google e Facebook affrontano contenziosi governativi e Apple si difende dai tentativi normativi che contrastano il suo dominio negli app store. Niente per ora ha fatto breccia tra le mura di queste aziende-castelli, ma ci stiamo avvicinando.

A fine maggio è stata la volta di Amazon. Il procuratore generale di Washington D.C. Karl Racine ha dichiarato che Amazon ha usato il suo potere per manipolare i prezzi di vendita al dettaglio online. C’è però qualcosa di un po’ diverso in questo caso rispetto agli altri che avevano preso di mira Google e Facebook. Secondo Shira Ovide del New York Times, Racine sta dicendo che Amazon non sta schiacciando solo gli avversari, ma allo stesso tempo aumenta i prezzi al consumatore.

È da tempo che alcuni commercianti indipendenti che vendono nel mercato digitale di Amazon sostengono di venire puniti dalla società se mettono in vendita i propri prodotti a un prezzo inferiore sul loro sito o su altri siti di shopping come Walmart.com. Questi venditori stanno in effetti dicendo che Amazon detta le regole di ciò che accade sui siti di shopping online e così facendo rende i prodotti più costosi per tutti.

Perché il caso è così importante

La ragione per cui questo caso è considerato importante è perché prezzi al consumo più elevati rientrano nell’orbita di competenza dell’antitrust. Anche se ci sono possibili problemi con il caso, Racine non sta uscendo dall’ortodossia dell’antitrust moderno come stanno facendo i regolatori nel caso di Facebook. L’accusa nei confronti di Facebook, infatti, è che l’azienda sia impegnata in un’attività di sorveglianza superiore a quella che i consumatori gradirebbero, e che questa scelta sia simile a un aumento dei prezzi. Questo è vero, ma è un’affermazione che, secondo i canoni dell’antitrust, suona in qualche modo nuova. Racine invece sta dicendo che Amazon ha aumentato i prezzi al consumo utilizzando il proprio potere di monopolio. Questo caso non supera i confini della legge antitrust, ma è un danno diretto ai consumatori.

Il programma Prime

Detto questo, credo che ci sia un altro aspetto importante di questo caso che non viene mai rivelato, e cioè che il programma Amazon Prime, l’elemento portante che tiene insieme il dominio di Amazon sul commercio al dettaglio, è effettivamente sovvenzionato dallo schema evidenziato da Racine. Se Amazon non avesse la capacità di costringere i venditori a mantenere i prezzi elevati, allora Prime, con le sue promesse di consegna gratuita, crollerebbe, così come gran parte del modello di business di Amazon Marketplace. Altre parti di Prime, come l’attività di Amazon a Hollywood (ad esempio la recente acquisizione annunciata di MGM), potrebbero non reggersi se Racine vincesse.

Per capire il perché dobbiamo partire dal concetto di spedizione gratuita. La consegna gratuita è il dio del commercio online, così potente che la Francia ha in realtà bandito la pratica per proteggere i suoi punti vendita. La spedizione gratuita è anche la spina dorsale di Prime. Il fondatore di Amazon Jeff Bezos sapeva che il punto dolente numero uno dell’acquirente online è la spedizione (un terzo degli acquirenti abbandona il proprio carrello quando vede i costi di consegna). Bezos ha contribuito all’invenzione di Prime per questa ragione, affermando che il punto di Prime è di avvalersi della consegna gratuita «per tracciare un fossato attorno ai migliori clienti». Lo scopo era di abituare la gente a comprare su Amazon, sapendo che non si sarebbe dovuta preoccupare dei costi di consegna. Una volta conquistato il controllo di una grande fetta di compratori online, avrebbe potuto iniziare a dettare i termini ai venditori che avevano bisogno di raggiungere i clienti.


Il mega-prodotto integrato

Questo è diventato chiaro leggendo la denuncia di Racine. Una delle frasi più importanti nell’argomentazione del procuratore generale è una citazione di Bezos del 2015 in cui allude a questo punto. Discutendo del servizio logistico dell’azienda, che è la roccia su cui si basa la sua promessa di consegna gratuita, Fulfillment by Amazon (FBA), ha detto, «il FBA è importantissimo perché è la colla che lega indissolubilmente il Marketplace e Prime. Grazie al servizio logistico, il Marketplace e Prime non sono più due cose distinte. Le loro economie... ora sono felicemente e profondamente intrecciate». Amazon vuole che la gente veda Prime, il FBA e il Marketplace come un mega-prodotto integrato, quello che Bezos ama chiamare «un volano» per mascherare la monopolizzazione effettivamente in atto. (In effetti, se tutte le volte che si sente parlare di volano relativamente ad Amazon si sostituisce la parola con "monopolio”, la frase avrà perfettamente senso).

Perché il servizio logistico è la colla tra Prime e il Marketplace? La spedizione e la logistica sono estremamente costose, molto più del costo dell’abbonamento Prime. Amazon ha speso 37,9 miliardi di dollari in spese di spedizione nel 2019 e molto di più nel 2020. Per quanto incredibile sia il tuo servizio logistico, non puoi offrire la consegna gratuita ai tuoi clienti senza che qualcuno la paghi. Amazon ha trovato la soluzione nel rapporto tra Prime e il Marketplace. Ha costretto di fatto le parti terze a pagare i costi di spedizione, addebitando loro commissioni fino al 45 per cento, secondo Racine, solo per accedere ai clienti di Amazon. Per un venditore su Amazon è quasi la metà del guadagno! E questo costo elevato non dipende solo dal fatto che la vendita online è costosa; Walmart addebita significativamente meno per il suo servizio di evasione degli ordini e le spese di accesso al suo mercato online, e anche il costo per accedere al mercato di eBay è di molto inferiore a quello di Amazon.

(Un breve commento sui numeri. L’Istituto per l’autonomia locale, Institute for Local Self-Reliance, ha riscontrato un numero leggermente diverso per i costi di un venditore di Amazon: 30 per cento per il servizio logistico di Amazon più 5-10 per cento per le commissioni del venditore, poi ha concordato con Racine sul significativo aumento dei prezzi dal 2014 al 2020, quello che è noto come “recupero” nei casi di prezzi predatori. Un’altra azienda ha calcolato l’importo pagato ad Amazon al 27 per cento per un venditore medio nel 2019 e ha scoperto che il numero è aumentato del 42 per cento in cinque anni. Uno dei motivi per cui non conosciamo la percentuale effettiva che Amazon addebita alla parte terza è perché Amazon nasconde questo dato agli investitori e, per farlo, fa la guerra all’ente preposto alla vigilanza della Borsa valori, la Securities and Exchange Commission).

Vincere la buy box

In che modo Amazon costringe i venditori a pagare commissioni così elevate? Con la monopolizzazione! Lo schema in sé è impercettibile e richiede un minimo di spiegazione. Quasi tutti possono esporre le proprie merci su Amazon, ma la capacità di mettere effettivamente le proprie merci di fronte ai clienti dipende dalla capacità di “vincere la buy box”, ovvero il pacco bianco che appare sul lato destro dopo aver cercato un articolo su Amazon. Oltre l’80 per cento degli acquisti su Amazon passa attraverso la buy box. La buy box è la leva che Amazon utilizza per controllare l’accesso ai clienti.

Amazon riconosce la buy box a un commerciante in base a una serie di fattori. Uno è se il prodotto è “Prime eligible”, e cioè se è offerto ai membri Prime con la spedizione gratuita. Per diventare Prime eligible, un venditore spesso deve usare i servizi logistici e di magazzino di Amazon, il Fulfillment by Amazon (FBA). In altre parole, Amazon vincola la possibilità di accedere ai clienti Prime ai commercianti che pagano Amazon per gestire il loro inventario. La strategia finora ha funzionato: Amazon gestisce circa i due terzi dei prodotti comprati sulla sua piattaforma.

I prezzi elevati delle tariffe di accesso al mercato, incluso il servizio logistico, sono il modo in cui Amazon produce il proprio guadagno con il Marketplace e le operazioni di vendita al dettaglio. Dal 2014 al 2020 l’importo che addebita alle parti terze è cresciuto da 11,75 miliardi di dollari a oltre 80 miliardi di dollari. «Le commissioni ai venditori ora rappresentano il 21 per cento delle entrate aziendali totali di Amazon», ha osservato Racine, sottolineando anche che i suoi margini di profitto per le vendite del Marketplace dalle parti terze sono quattro volte superiori alle proprie vendite al dettaglio.

Inoltre i venditori non possono addebitare le spese di spedizione ai membri Prime, anche se possono addebitarle ai non abbonati Prime.

Come fanno i commercianti ad affrontare le elevate commissioni di Amazon e l’impossibilità di addebitare le spese di spedizione? Semplice. Aumentano i prezzi ai consumatori. I conseguenti prezzi più alti per i consumatori, pagati ad Amazon in commissioni dalle parti terze, sono la ragione per cui Amazon è in grado di offrire la “spedizione gratuita” ai membri Prime. Prime, in altri termini, è fondamentalmente un sistema di riciclaggio di denaro. Amazon costringe i marchi/venditori a incorporare il costo di Prime nel loro prezzo al consumo in modo che sembri che Amazon offra la spedizione gratuita, quando in realtà il costo è incorporato nel prezzo al consumatore.


Nessun pietà

Se fosse solo questo quello che sta accadendo, allora commercianti e marchi potrebbero semplicemente vendere al di fuori di Amazon, evitare la commissione del 35-45 per cento e offrire un prezzo inferiore per invogliare i clienti. “Acquista a meno su Walmart.com!” dovremmo leggere negli annunci di tutto il web. Ma non è così. Ed è qui che arriva l’accusa principale di Racine. Amazon utilizza il suo algoritmo buy box per assicurarsi che i venditori non possano vendere attraverso un altro negozio o addirittura nel proprio sito a un prezzo inferiore e accedere ai clienti Amazon, anche se sarebbero in grado di venderlo a un prezzo più basso. Se lo fanno, sono tagliati fuori dal buy box e quindi, di fatto, sono tagliati fuori dalla possibilità di vendere su Amazon.

Di tutti i clienti dell’online, Amazon ne ha tra la metà e i tre quarti, quindi per marchi e commercianti non è possibile non vendere su Amazon. Di conseguenza, per continuare a vendere su Amazon, i commercianti sono costretti a gonfiare i loro prezzi ovunque, con la commissione del 35-45 per cento incorporata nel prezzo al consumatore indipendentemente dal fatto che stiano vendendo su Amazon. Quando compriamo su Walmart, o in qualche altro punto vendita al dettaglio, o anche direttamente dal marchio, anche se non stiamo pagando direttamente Amazon, il prezzo riflette l’elevato costo di vendita su Amazon. Di conseguenza, venditori e marchi tendono ad aumentare i loro prezzi su tutta la linea in modo che gli utenti di Amazon non possano trovare offerte migliori da nessun’altra parte. Prime allora appare come un buon affare, ma solo perché ai venditori è vietato fare altrove un’offerta migliore ai clienti.

Se Racine vincerà la causa, l’intera strategia sarà svelata. Come mi ha detto un consulente legale: «Mettiamo che un prodotto oggi sia venduto a 10 dollari su Amazon con la “spedizione gratuita”. Se Amazon dovesse scorporare il costo logistico da quello del prodotto, il prezzo sarebbe 6 + 4 di spedizione. Prime non funziona a meno che Amazon non decida di nuovo di sovvenzionare Prime». Amazon, pur così grande com’è, non ha 25-30 miliardi di dollari di flusso di cassa per farlo accadere.

Per la maggior parte dei consumatori Prime è una bella comodità perché offre la spedizione gratuita ed è difficile trovare prezzi migliori altrove. Ma la ragione per cui non si riescono a trovare prezzi migliori non è perché Amazon è economico, ma perché costringe tutti gli altri a vendere a prezzi più elevati. Tutto questo accade in modo che Amazon possa continuare a offrire la “spedizione gratuita”, utilizzando l’accesso ai suoi oltre cento milioni di membri Prime come un randello per piegare le terze parti a pagare commissioni elevate.

Amazon usa anche il suo bazooka di denaro degli abbonati Prime (che pagano alti prezzi al consumo riciclati attraverso le parti terze) per stravolgere i settori di tutta l’economia. Amazon ne ha speso una parte per costruire uno studio a Hollywood e offrire i suoi contenuti originali “gratuiti” ai membri Prime, che ovviamente pagano indirettamente con prezzi al consumo più elevati. Prime offre anche videogiochi gratuiti e milioni di canzoni. Tuttavia niente di tutto questo in realtà è gratuito: è pagato dai membri Prime in modi che Amazon maschera con i suoi accordi coercitivi.

Il caso di Racine rivela che Prime è solo un enorme espediente per le relazioni pubbliche, una gigantesca bugia di Amazon per mascherare i prezzi elevati che impone a tutta l’economia. Se le persone lo capiscono, sarà un colpo devastante alla credibilità di Amazon. E sembra che Karl Racine, insieme agli altri agenti che stanno indagando ma non hanno intentato causa, conoscano bene la situazione.

© Riproduzione riservata