Tra le tecnologie che promettono di avere un impatto dirompente sulla società non c’è solo l’intelligenza artificiale. I computer quantistici potrebbero rendere molto più veloce il calcolo e quindi la soluzione di alcuni problemi in ambito finanziario e in quello della sicurezza informatica, nel settore dei trasporti e della logistica, in quello biomedico, energetico, aerospaziale e nella difesa.

A oggi il loro sviluppo tecnologico è lontano dalla piena maturità, diversi approcci competono per guadagnarsi il dominio di un mercato che nel prossimo futuro si prospetta ricco. Ancora non sappiamo quale sarà quello vincente o se ce ne sarà solo uno. È un po’ come se, in un paragone con lo sviluppo dei computer classici, non sapessimo ancora se i mattoncini fondamentali dei circuiti elettronici (i transistor) debbano essere fatti in silicio o in altri materiali. La ricerca però sta correndo velocemente.

I microprocessori

Per i microprocessori quantistici ci sono diversi candidati. Alcune big tech statunitensi hanno puntato sui superconduttori: Google, per prima nel 2019, ha annunciato di aver raggiunto la supremazia quantistica. Sfruttando i principi della meccanica quantistica è riuscita a compiere in poco più di tre minuti un calcolo che al più potente supercomputer classico avrebbe richiesto 10mila anni.

L’anno successivo ha risposto la Cina. I ricercatori dell’università di scienza e tecnologia a Hefei hanno costruito un circuito che sfrutta invece le proprietà quantistiche dei fotoni e hanno risolto in 200 secondi un problema computazionale che altrimenti si prenderebbe un tempo pari a metà dell’età della Terra, 2,5 miliardi di anni.

Le questioni aperte

Questi risultati sono state pietre miliari da un punto di vista scientifico, ma ancora distanti dall’avere impieghi di reale utilità. Per quello servirà risolvere almeno due grossi problemi. Il primo è di carattere ingegneristico: aumentare significativamente il numero di qubit, le unità fondamentali di calcolo di cui è fatto un computer quantistico.

Oggi siamo nell’ordine delle centinaia, si deve arrivare almeno alle migliaia, alcuni dicono ne serviranno almeno un milione. Non è banale, se si pensa che in alcuni casi questo significa dover controllare con precisione nanometrica il posizionamento di singoli atomi o singole particelle.

Il secondo problema è una sfida prettamente scientifica. Essendo i qubit strutture così piccole, fragili e delicate, sono facilmente soggette a perturbazioni, il che si traduce in errori di calcolo ineliminabili. Gli errori nella vita vanno messi in conto, così come bisogna accettarli nel calcolo quantistico. Anzi, occorre escogitare strategie per conviverci e correggerli.

Il passo avanti

Finora ci si era solo avvicinati a trovare una soluzione a questo problema. Lo scorso dicembre però, con un lavoro su Nature, una collaborazione tra l’università di Harvard, il Mit, l’università del Maryland e la startup QuEra ha fatto un enorme passo avanti, sfruttando un approccio tecnologico che finora era rimasto sottotraccia, gli atomi neutri, e che ora si posiziona di diritto a ridosso dei primi della corsa.

Già da qualche anno si era dimostrata la manovrabilità e i possibili vantaggi di questa piattaforma. Un gruppo di ricercatori francesi, operando su un gruppo di qualche decina di atomi e utilizzando “pinzette laser” (optical tweezers), era riuscito a disporli in modo da dar loro la forma tridimensionale di una microscopica Torre Eiffel.

Il lavoro dello scorso dicembre ha compiuto operazioni simili per spostare gli atomi e legarli tra loro in uno stato di entanglement.

I ricercatori hanno lavorato con 280 qubit fisici che sono stati usati per generare 48 qubit logici: i secondi hanno corretto gli errori accumulati dai primi. La dimensione del successo è data dal fatto che negli esperimenti precedentemente compiuti si era riusciti a creare un massimo di tre qubit logici. Gli errori questa volta sono stati tenuti al di sotto di una soglia critica di tolleranza, il che rende il risultato estremamente significativo per futuri sviluppi.

«I risultati appena pubblicati mostrano come lo sviluppo dei computer quantistici stia procedendo a un passo inaspettato, in questo caso anticipando quello che la parte più ottimista della comunità scientifica si aspettava di vedere non prima di qualche anno», ha dichiarato Simone Montangero, direttore del Quantum Computing and Simulation Center dell’università di Padova.
«La tecnologia appena dimostrata in laboratorio apre alla possibilità di applicazioni di ricerca scientifica e industriali sul brevissimo termine».

Montangero è anche coleader dello Spoke-10 del centro nazionale di ricerca finanziato con i fondi del Pnrr su High-Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, che lavora anche con gli atomi neutri.

Gli investimenti europei

Probabilmente non arriveremo mai ad avere in tasca un computer quantistico personale, perché il calcolo quantistico non è meglio di quello classico in assoluto. Lo è solo nella soluzione di alcuni problemi computazionali specifici e molto complessi, come quelli di ottimizzazione o di fattorizzazione, che trovano applicazione in settori specifici. Già oggi ci sono aziende, come la canadese D-Wave, che mettono a disposizione le loro macchine e i loro centri di calcolo quantistico per applicazioni settoriali di questo tipo.

Si tratta però di tecnologie ancora limitate, distanti da un computer quantistico tollerante agli errori (Fault-Tolerant Quantum Computer). Le aspettative che si sono generate però sono alte, tanto che l’Europa, sia a livello di Commissione sia di stati nazionali, ha fortemente investito sul finanziamento del computer e di altre tecnologie quantistiche, come sistemi di comunicazione non decriptabili, sensori e sistemi di misurazione ultra precisi.

Lo stesso hanno fatto gli Stati Uniti, con iniziative pubbliche e private. Più di tutti però ci ha scommesso la Cina, che secondo Qureca nel 2023 aveva messo sul piatto 15 dei quasi 40 miliardi di dollari investiti a livello globale in tecnologie quantistiche.

I rischi geopolitici

In un crescente clima di diffidenza tra blocchi, tuttavia, alcuni impieghi sono anche ritenuti un rischio geopolitico: lo scorso ottobre la Commissione europea ha pubblicato una raccomandazione che richiede un’urgente valutazione di alcune tecnologie, tra cui quelle quantistiche. La pubblicazione del report è attesa per quest’anno.

Tra gli impieghi più temuti, c’è il superamento delle barriere di sicurezza informatica, resistenti ai metodi di computazione classica ma non alla velocità di calcolo quantistico. Anche in questo caso però non mancano le esagerazioni.

Certo è che la nuova tecnologia ha un potenziale che va compreso, governato e soprattutto messo a disposizione della più ampia porzione possibile di umanità, mentre il rischio, quello sì concreto, è che resti in mano a pochi soggetti con maggiore potenza di fuoco computazionale ed economica. È forse questa la sfida più grande che lo sviluppo delle tecnologie e dei computer quantistici dovrà vincere.

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