A distanza di un anno e mezzo dalla presentazione in pompa magna dell’ottobre 2021 – e dal contestuale cambio di nome da Facebook in Meta – possiamo dirlo: il metaverso di Mark Zuckerberg è al momento un grande fallimento. 13,7 miliardi di dollari investiti, un incessante battage pubblicitario, enorme e prolungata attenzione mediatica e addirittura l’ambizione di creare una nuova internet immersiva e in realtà virtuale, in cui gli utenti avrebbero dovuto trasferire una parte crescente della loro quotidianità: dal gaming al lavoro, dallo sport allo shopping, dall’intrattenimento alla socialità.

I dati, però, raccontano una storia molto diversa: Horizon Worlds, la più grande piattaforma di Meta in ottica metaverso, conta meno di 200mila utenti, in calo del 50 per cento rispetto allo scorso anno e addirittura meno di quelli che ancora oggi può contare il vecchio Second Life (nonché briciole rispetto ai 400 milioni di altre piattaforme, spesso anch’esse etichettate alla voce “metaverso”, come Fortnite o Roblox).

Se non bastasse, secondo i dati riportati dal Wall Street Journal, la maggior parte dei nuovi utenti abbandona Horizon Worlds dopo il primo mese, costringendo la società a rivedere costantemente al ribasso le stime sulla crescita del numero di utenti. A tutto ciò si aggiungono le analisi secondo cui una gran parte dei Quest (i visori per la realtà virtuale di Meta) vengono scarsamente utilizzati dagli utenti. Notizie pessime per una società che non guadagna dalla vendita di questi dispositivi, ma punta a monetizzare l’esperienza “metaversale” degli utenti.

La realtà aumentata

Il segnale più importante di quanto la passione per il metaverso si stia raffreddando anche all’interno di Meta è però forse un altro: il post di inizio anno con cui Andrew Bosworth, responsabile tecnico dei Reality Labs di Meta, ha raccontato i progetti futuri della società e in cui il metaverso, sorprendentemente, non è stato menzionato nemmeno una volta.

Alla luce di tutto questo, non stupisce che Meta negli ultimi mesi sembra star cambiando le carte in tavola: nelle tante pubblicità ancora presenti sui social con cui la società di Zuckerberg continua a promuovere le potenzialità del metaverso, la protagonista è infatti sempre più spesso una tecnologia per molti versi opposta alla realtà virtuale, vale a dire la realtà aumentata.

Se la realtà virtuale crea un mondo interamente digitalizzato in cui possiamo immergerci (isolandoci quindi dal mondo fisico), la realtà aumentata, sempre tramite un visore, sovrappone invece degli elementi digitali a ciò che circonda. Per esempio, utilizzare Google Maps indossando dei visori per la realtà aumentata significherebbe visualizzare le indicazioni stradali direttamente sull’asfalto o ritrovare l’auto parcheggiata grazie a una freccia che lampeggia sopra di essa.

Per molti versi, la realtà aumentata è una tecnologia più coerente con quel processo di integrazione tra mondo digitale e mondo fisico che, con l’avvento degli smartphone, aveva già fatto un grande balzo in avanti. Altro che trasferirci in un mondo fatto di pixel restando sul divano di casa, anche Meta sembra star comprendendo che la nostra quotidianità (escluse quindi esperienze straordinarie e circoscritte come nel caso dei videogiochi) non si sposterà nel metaverso, ma continuerà a scorrere in un mondo fisico arricchito, anzi aumentato, digitalmente.

Novità in casa Apple

Per Meta, però, c’è un problema: nonostante gli scenari mostrati nelle pubblicità possano far pensare che sia pronta a mettere in vendita strumenti di questo tipo, al momento la società di Mark Zuckerberg non ha in commercio nessun dispositivo che sfrutti la realtà aumentata. Peggio ancora: i relativi progetti in corso, che portano il nome in codice Nazare, stanno subendo alcuni ritardi, tanto che al momento si ipotizza un lancio non prima del 2026. Di conseguenza, è praticamente certo che il primo grande colosso della Silicon Valley a mettere in commercio dei visori per la realtà aumentata – dopo i pionieristici e mancati tentativi del passato – sarà proprio l’arcirivale di Meta, ovvero Apple.

Nota per essere un’azienda che lancia i suoi prodotti solo quando i tempi sono ormai maturi, nelle ultime settimane le indiscrezioni sul visore di Apple che unirà realtà virtuale e realtà aumentata si sono moltiplicate, indicando come l’arrivo sul mercato potrebbe non essere lontano. Al momento, le voci più attendibili parlano di un dispositivo dal costo di tremila dollari, che verrà presentato il prossimo giugno e ufficialmente messo in vendita nel corso del 2024.

Riuscirà Apple ad anticipare Meta e a riuscire laddove circa dieci anni fa avevano fallito i Google Glass? Le incognite sono ancora parecchie. A limitare le potenzialità commerciali di questo dispositivo non è solo il prezzo elevato, ma anche e soprattutto il fatto che difficilmente la società di Cupertino sarà già in grado di produrre un visore abbastanza leggero e confortevole da essere utilizzato per lungo tempo e anche in mobilità.

Il sostituto dello smartphone

AP

È probabilmente per questo, sempre secondo le indiscrezioni, che Apple ha deciso di unire alla realtà aumentata quella virtuale, che meglio si adatta a un impiego che, almeno inizialmente, sarà soprattutto casalingo. Non ci sono però molti dubbi su quali siano le vere ambizioni del Ceo Tim Cook, che già mesi fa aveva pubblicamente esplicitato le sue perplessità sul metaverso (su cui Apple non ha infatti mai puntato) dichiarando invece che «entro breve ci chiederemo come abbiamo potuto vivere senza la realtà aumentata».

L’obiettivo, a questo punto, è chiaro: nelle ambizioni di Apple, i visori in realtà aumentata – quando la tecnologia, nel giro magari di cinque o dieci anni, sarà sufficientemente matura – potrebbero sostituire gradualmente gli smartphone, diventando il nostro dispositivo tecnologico di base. Questi visori saranno quindi impiegati per far comparire in sovraimpressione le informazioni relative a un monumento, per leggere le notifiche dei social network senza distogliere lo sguardo da ciò che ci circonda, per visualizzare (lasciando per il momento da parte i problemi relativi alla privacy) il nome di un contatto Facebook che incrociamo nel mondo reale, per studiare in classe il sistema solare in tre dimensioni senza immergersi nella realtà virtuale, per sovrapporre le istruzioni di montaggio al mobile appena comprato e molto altro ancora

In questo modo, la frizione tra fisico e digitale che ancora oggi è rappresentata dallo smartphone – che ci costringe, per esempio, ad alternare lo sguardo tra le indicazioni fornite da Google Maps e la strada che stiamo effettivamente percorrendo – scomparirà letteralmente davanti ai nostri occhi. Il futuro digitale, quindi, potrebbe non essere rappresentato da un metaverso in realtà virtuale che limita i nostri movimenti, ci aliena dal mondo fisico e ci costringe a interagire con degli avatar: sarà invece il nostro solito mondo, arricchito digitalmente.

Tra mondo fisico e digitale

Pur con tutte le criticità, i limiti e i pericoli che uno scenario di questo tipo presenta, tramite i visori in realtà aumentata l’integrazione tra mondo fisico e mondo digitale compirà quindi un altro grande passo in avanti.

Sono passati poco più di quindici anni da quando Steve Jobs, con l’iPhone, ha ridefinito il nostro rapporto con la tecnologia, perfezionando i nascenti smartphone e creando il modello poi diventato uno standard per tutti i concorrenti. Adesso, sotto la guida di Tim Cook, Apple vuole riuscire di nuovo nell’impresa, lanciando il prodotto che potrebbe farci dimenticare i fallimenti passati della realtà aumentata e tracciando così, ancora una volta, il futuro dell’innovazione tecnologica.

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