Cosa succede quando una piattaforma divora un’industria culturale? Gli effetti di un fenomeno simile sono profondi, come ha spiegato lo studioso canadese Nick Srnicek parlando di «capitalismo delle piattaforme». Lo vediamo da tempo con il dilagare di Amazon nel mercato librario (e non solo) ma l’influenza del gigante non si limita alla vendita e distribuzione di libri: Amazon sta cambiando anche che tipo di storie leggiamo, e da chi vengono scritte. E non è l’unica piattaforma a farlo.

Formule a episodi

Il formato e il mercato, del resto, influenzano da sempre le storie: basta pensare al feuilleton, il romanzo a puntate che usciva nei quotidiani di metà Ottocento. Una formula episodica che costringeva gli autori a colpi di scena e teaser continui per spingere il pubblico a continuare a leggere. Qualcosa di simile sta succedendo nell’editoria odierna, a causa del successo delle serie tv e delle saghe fantasy, ma anche di algoritmi di raccomandazione come quello di Amazon.

A sostenerlo è Mark McGurl, docente di Letteratura di Harvard e autore di Everything and Less: The Novel in the Age of Amazon, saggio appena uscito negli Stati Uniti, in cui tratta il gigante dell’e-commerce come un agente di cambiamento culturale, e letterario.

McGurl parte dal programma di autopubblicazione del sito, Kindle direct publishing (KDP), per raccontare come l’algoritmo del sito stia alimentando la serialità, plasmando la fiction odierna.

A cambiare è anche la funzione dell’autore, che viene spinto alla sovrapproduzione: «Al fine di sfruttare appieno gli algoritmi promozionali di Amazon», scrive McGurl, «il ritmo ideale con cui un autore dovrebbe pubblicare un romanzo nuovo è di uno ogni tre mesi». I supporti di lettura giocano la loro parte in questo cambiamento, offrendo esperienze di lettura diverse, con effetti riscontrabili anche nello storytelling.

Webtoon e Amazon

Il fenomeno non si limita alla letteratura, come dimostra il caso di Webtoon, una piattaforma coreana specializzata in manhwa – la versione locale dei manga – pensati per essere letti su smartphone. Fumetti da scrollare che stanno avendo un successo globale: lo scorso settembre la Dc Comics ha inaugurato una nuova serie su Webtoon, Batman: Wayne Family Adventures, che in pochi giorni ha superato il pubblico delle serie ufficiali su carta del Cavaliere oscuro (la serie Webtoon è gratuita ma il suo successo ha fatto comunque scalpore).

Webtoon e Amazon, in quanto piattaforme, hanno alcuni punti in comune, nonostante la distanza che le separa. L’accesso è libero, gli ostacoli pressoché inesistenti per aspiranti autori e autrici; in entrambe, la figura dell’editore si sfalda mantenendo solo il suo ruolo logistico e tecnologico.

Quanto alle storie, tendono a essere spezzettate in episodi, serie e saghe, ognuna delle quali è una nuova notifica sul dispositivo su cui poi saranno lette. Le storie di Webtoon, infine, possono essere tradotte in altre lingue dai lettori stessi, aprendole a un pubblico potenzialmente enorme (questa possibilità ricorda Amazon Crossing, con cui l’azienda traduce e pubblica opere da tutto il mondo).

Il caso di Webtoon segna anche l’abbraccio tra la nuova serialità e il successo di massa dei manga, i fumetti giapponesi che sempre più spesso fanno capolino nelle classifiche “ufficiali” dei libri più venduti.

Il caso Qidian

Che ne è del romanzo, in tutto questo? Secondo McGurl, la parola sarebbe stata in parte svuotata di significato: «Non è particolarmente interessante se non come unità di discorso nella formazione di una trilogia o di una serie lunga». Alcuni recenti esperimenti di Amazon sembrano confermare l’interesse per questa direzione, con l’inaugurazione di Amazon Vella (per ora attivo solo negli Stati Uniti), un servizio con il quale è possibile autopubblicare romanzi sotto forma di “puntate”.

Anche dalla Cina arrivano segnali in questa stessa direzione, con il successo di piattaforme come Qidian, che pubblicano “romanzi-web” firmati da autori costretti dal mercato a ritmi di scrittura forsennati. Ogni romanzo di Qidian è composto da capitoli che escono a distanza di pochi giorni, dal costo di meno di un euro ciascuno. Le conseguenze sono, ancora una volta, stilistiche, perché il sistema spinge alla pubblicazione di capitoli veloci, pensati per soddisfare gli appetiti del pubblico con una semplice notifica.

Come spiegato dal sito Protocol, questi racconti «sono detti shuangwen (爽文), o storie che danno una breve dose di dopamina». Come un like o un commento. Anche in questo caso si riscontra la tendenza di trasformare lettore e autore in utenti: il primo deve abbonarsi al secondo per non perdersi i suoi contenuti.

Fan fiction

L’abbattimento delle barriere tra autore e opera ha comportato anche lo sbriciolamento di quelle che dividevano il pubblico dall’opera stessa. In questo contesto sempre più aperto, ha trovato terreno fertile la fan fiction, opere di finzione scritte dai fan di un film o un libro, prendendo spunto dall’opera stessa. Riscritture, adattamenti, sequel e prequel scritti dai fan; inevitabli gli incroci tra saghe e canoni diversi (Harry Potter incontra Doctor Who, ad esempio) o i racconti a sfondo erotico (che hanno un nome ben preciso: slash fiction).

Le origini di questo genere sono lontane – dal Don Chisciotte a Sherlock Holmes – ma è con Star Trek e la diffusione del web che è diventato un business ormai indipendente da quello delle opere originali. Il successo di un’opera si registra anche dal numero di fan fiction che ispira, mentre la fan fiction diventa un’ottima palestra per aspiranti autori, come dimostra il caso di Cinquanta sfumature di grigio, nata come “omaggio” a Twilight dal titolo Master Of The Universe.

Questo rende le fandom, i gruppi di fan, sempre più importanti. Come ha notato la scrittrice Annalee Newitz in un articolo uscito lo scorso agosto sul New York Times, persino i potentissimi Marvel Studios si sono piegati al loro volere, dedicando a Loki, fratello di Thor, un personaggio originariamente secondario ma amatissimo online, una propria serie su Disney Plus. Allo stesso modo, le proteste dei fan spingono i network a cambiare idea sulla cancellazione di una serie (da Community a Brooklyn Nine-Nine), ma anche sullo sviluppo della storia stessa.

E quindi, siamo tornati al feuilleton? Parrebbe di sì, anche se a metà Ottocento i confini tra pubblico, opera, editore e autore, esistevano ancora. Oggi invece il panorama è cambiato, aprendo la strada a una narrativa sempre più seriale e aperta, in cui pubblico e autore sono sempre più simili, e sempre più dipendenti dalle piattaforme. 

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