Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado sul processo Montante.


Nel merito l'appello di Andrea Grassi è fondato e va pertanto accolto, mentre gli appelli degli altri imputati sono solo parzialmente fondati nei limiti che appresso verranno specificati e che determineranno la parziale modifica delle statuizioni a loro carico.

Nel resto devono essere respinti.

Al fine di un'ordinata disamina di tutte le questioni dedotte con le impugnazioni in ordine agli illeciti contestati, la Corte ritiene opportuno esaminare congiuntamente i motivi degli imputati riguardanti le condotte concorsuali o quelle comunque tra loro connesse, facendo riferimento a ciascuna delle imputazioni al fine di giungere ad una corretta ricostruzione dei singoli fatti, al loro inquadramento giuridico e all'individuazione dei contributi di ciascuno degli appellanti, nei limiti in cui risultino provati.

Esaminati paragrafo per paragrafo tutti i reati contestati, verranno poi trattate le singole posizioni processuali anche al fine di valutare la fondatezza, ove necessario, dei subordinati motivi riguardanti le sanzioni inflitte.

L'ampia sintesi degli elementi posti a fondamento della sentenza impugnata e di quelli valorizzati nei rispettivi atti di appello degli imputati, contenuta nelle pagine da 1 a 188 di questa motivazione, e la capillare rassegna delle risultanze investigative, in larga parte integralmente riportate nella decisione di primo grado, alla quale può farsi integrale rinvio, consentirà alla Corte di argomentare le sue valutazioni senza ulteriormente riepilogare nel dettaglio i dati storici e probatori sulle quali si fondano.

Il reato di associazione per delinquere, contestato a Montante, Ardizzone, Di Simone Perricone, De Angelis (e altri nei confronti dei quali si procede separatamente)

Tutte le doglianze avanzate in ordine alla sussistenza del reato associativo sono infondate e vanno pertanto respinte.

L'attività imprenditoriale e politico associativa di Montante, la struttura confindustriale e le reti relazionali istituzionali e non, da lui tanto efficacemente coltivate e da lui ampiamente illustrate nel corso del suo esame, costituiscono lo scenario di contesto lecito, sul quale si incista l'assetto associativo descritto nel capo di imputazione.

Tale assetto associativo illecito trae alimento dalle posizioni di forza dello stesso Montante e, in un sistema di vasi comunicanti, occultato nel proscenio, a sua volta sostiene l'imprenditore che ha assunto il ruolo di Vicepresidente con delega alla legalità, dandogli credito o aiutandolo a spargere discredito nei confronti di voleva metterne in discussione l'immagine o l'operato.

Questa è, in sostanza, la tesi originaria formulata con l'ipotesi accusatoria, al netto di tutte le semplificazioni che, sia dentro sia fuori il processo, si sono volute fare della vicenda.

Non vi è logica, pertanto, nell'assunto secondo il quale la prova della bontà delle iniziative legalitarie e antimafia debba fare automaticamente escludere l'esistenza di condotte associative organizzate per la realizzazione di una serie indeterminata di reati, ritenuti dagli aderenti specificamente funzionali ai loro obiettivi (che siano personali, collettivi, nobili o ignobili poco conta).

Non è compito del processo penale quello di accertare se il percorso politico associativo del gruppo che faceva capo a Montante fosse sorretto da intenzioni cristalline o esprimesse solo ambizioni di potere e finalità di lobbing. Tali verifiche appartenevano alle competenze degli organi istituzionali che avrebbero dovuto valutare all'epoca le iniziative proposte e quelle attuate, quando doveva decidersi nelle sedi competenti se sostenerle, apprezzarle, incoraggiarle e legittimarle.

E se, come ampiamente dimostrato dalla difesa di Montante e da egli stesso nel suo lungo esame, le sue iniziative trovarono il consenso di molti soggetti istituzionali, ciò non può valere ad elidere il valore probatorio dell'esito delle indagini. E non è compito di questo giudizio recepire supinamente, o per converso stigmatizzate, l'indubbio, vasto e talvolta incondizionato consenso di cui Montante poté godere; tanto più che, dopo l'indagine a suo carico (rectius, solo dopo la maturazione degli esiti delle indagini a suo carico e il loro culmine nell'emissione di misure cautelari), tale consenso si è dissolto e la rappresentazione anche mediatica del suo ruolo si è repentinamente capovolta.

Non si può affermare che l'eventuale strumentalità di un'azione politico imprenditoriale ammantata da elevati ideali di per sé ricada nell'illecito, essendo ben possibile che concorrano nelle medesime azioni, oltre a finalità di utilità collettiva (proclamate o reali), anche ambizioni personali o obiettivi spiccioli; e d'altro canto la prova del consenso di soggetti istituzionali verso la medesima azione non può indurre a ritenere lecita ogni condotta, sol perchè connessa ad una strategia di attuazione di un disegno di occupazione o di mantenimento di posti di potere nell'economia e nella società, pure astrattamente lecita e magari orientata all'affermazione di principi di alto valore civico.

L'appello proposto nell'interesse di Montante indulge a considerazioni che, se certamente non invitano a considerare lecite condotte corrispondenti a fattispecie di reato, come sono certamente quelle di accesso abusivo ai sistemi informatici delle forze dell'ordine, d'altro canto richiedono di inquadrarle in un contesto che, se non scrimina, ridimensiona la loro valenza illecita.

E così viene richiamata la necessità da parte di Montante e del suo gruppo di portare a termine un'opera di bonifica dei quadri confindustriali, inquinati da tempo da imprenditori compromessi o compiacenti con la criminalità, opera che rendeva necessario acquisire ogni utile informazione sui soggetti da emarginare o espellere per ottenere questo risultato; sul punto si rinvia alla questione relativa a Confindustria calabrese, alla quale Montante nel suo esame ha dato particolare importanza.

Viene richiamata la necessità di avere contezza delle vicende giudiziarie o delle risultanze investigative con i soggetti con i quali il nuovo gruppo confindustriale doveva intrattenere rapporti, per evitare che si aprissero spazi per soggetti che tenevano comportamenti non in linea con il nuovo codice etico dell'associazione di categoria o che poi risultassero coinvolti in indagini penali.

Nell'atto di appello di Montante si arriva a prefigurare che il connubio oramai saldatosi in nome della legalità e del contrasto alla mafia tra Confindustria e istituzioni pubbliche avrebbe dovuto aprire la strada alla possibilità per gli esponenti di Confindustria - a determinate condizioni - di avere accesso allo SDI.

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