Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del “Processo alla Sicilia”, il libro che raccoglie trentacinque inchieste di Pippo Fava, direttore de “I Siciliani”, ucciso con cinque colpi di pistola il 5 gennaio del 1984 a Catania


Molti paesi nel Sud sono poverissimi. Ma perché Palma di Montechiaro è così più tragicamente povera?

Le ragioni sono due. La prima l’abbiamo detta: quelle ventimila persone che per una coincidenza di destini, di miserie, di migrazioni, di nascite, di brutale capacità demografica, di ostinata sedentarietà, di cupo amore, si ritrovano a vivere su una landa di terra che può dare da vivere ad appena cinquemila esseri umani. È l’antico dramma del Sud che trova qui il suo epicentro.

La seconda ragione è però ancora più atroce: in centinaia di anni (e per comodità di ragionamento riduciamo il tempo solo al secolo di unità nazionale) lo Stato non ha speso mai una lira per questi ventimila esseri umani. Non ha pavimentato le loro strade, non ha scavato le fognature, non ha donato case ai più poveri, non ha cercato l’acqua nelle campagne, né costruito un piccolo porto sulla riva. In questo mansueto groviglio di mosche, pietre, bambini, sterco, cani, malattie, dolori umani, lo Stato si è limitato a piazzare le privative per la vendita dei suoi generi di monopolio, una caserma dei carabinieri e l’ufficio delle tasse. Finché alcuni anni or sono non venne tenuto qui da studiosi, sociologi, letterati, uomini politici di tutte le tendenze il cosiddetto «convegno della fame», una specie di dolente assemblea che frugò fra le miserie umane, fece la conta dei tubercolotici, degli ammalati, degli analfabeti, dei rachitici, dei disoccupati, dei pregiudicati, dei moribondi e spalancò in faccia al mondo questa pagina raccapricciante. Un conto è lasciar morire la gente e un conto che gli altri lo sappiano.

Dopo un secolo di feroce distrazione lo Stato si accorse di Palma di Montechiaro, e per conto dello Stato la Regione che è delegata a rappresentarlo. Fu una corsa politica affannosa alla beneficenza; tumultuosamente l’assemblea varò una legge speciale in base alla quale, riconosciuta l’estrema indigenza di tutto il territorio che va da Licata a Palma di Montechiaro, ed i torti crudeli dei governanti, si assegnava a questa popolazione la favolosa somma di undici miliardi. Che servissero a guarire le atrocità, a costruire le fogne, a portare l’acqua nelle case, a pavimentare le strade, a guarire la gente, a sterminare le mosche, a levare lo sterco, a fabbricare le scuole, insegnare a leggere e scrivere, dare lavoro ai miserabili, salvare i bambini dalla morte.

La legge, approvata nel marzo del 1962 aveva una validità di quattro anni e prevedeva che entro questo termine fossero varati i progetti e spesi quei primi undici miliardi. All’uopo, cioè ai criteri di spesa, alla scelta delle opere pubbliche e dei piani tecnici, avrebbe dovuto provvedere un comitato speciale intercomunale, composto da sei membri elettivi, più i due sindaci di Palma di Montechiaro e Licata, i due assessori ai Lavori pubblici, i due sindacalisti della Cisl e della Camera del Lavoro e i rappresentanti della Camera di commercio, della Provincia e dell’assessorato allo Sviluppo economico della Regione.

In quattro anni il comitato si è riunito due volte sole. Non ha fatto niente. È stato smembrato, ricomposto, sfasciato, demolito. C’erano undici miliardi da spendere, capite? Undici buoni, sonanti, interminabili miliardi di lire. Ogni corrente politica voleva piazzare i suoi uomini nel comitato. Undici miliardi significano acqua per irrigare questa terra e non quella, strade che passano di qua e non di là, appalti giganteschi per le opere pubbliche, presidenze e vicepresidenze di enti ancora da costituire, decine di migliaia di voti da dirottare qua e là secondo la bisogna. Ricercare una colpa è impossibile: è la stessa stupida ferocia del sistema politico. In quattro anni il comitato si è riunito due volte, non ha fatto niente ed infine si è letteralmente putrefatto. Cioè sono scaduti i quattro anni della legge speciale e gli undici miliardi sono stati cancellati dal bilancio.

In questi quattro inutili anni altre migliaia di esseri umani hanno dovuto lasciare la loro casa e cercare per il mondo il mezzo per sopravvivere, altre migliaia di bambini hanno abbandonato la scuola per caricare fascine nei campi o raccogliere sterco per strada e diventare uomini analfabeti; altri bambini si sono ammalati nell’anima o nei polmoni, o sono morti. Morti su una lurida coltre di mosche, sterco e inutile denaro.

Undici miliardi che, depositati in banca, con gli interessi, sono diventati intanto dodici miliardi. Tutto questo fa paura! Poiché stavolta coloro i quali dovevano spendere quegli undici miliardi non erano funzionari di capitali remote, o politicanti sordidi, o uffici di cancellerie misteriose, ma gli uomini stessi di Palma di Montechiaro e di Licata, coloro stessi che hanno la morte nel cuore. Forse il limite più tragico della condizione umana nel Sud è questo: la sua incapacità a salvarsi. Ora la legge speciale degli undici miliardi per i territori di Palma di Montechiaro e Licata è stata prorogata dalla Regione di quattro anni ancora, fino al 1970. Presidente del nuovo comitato è l’on. La Loggia, e vicepresidenti gli onorevoli Viola e Fiorentino. In attesa che il comitato decida di spendere quegli undici miliardi troppo tardi donati dal rimorso e dalla pietà politica, a Palma di Montechiaro ci sono cani che scavano, miliardi di mosche invulnerabili, liquame dovunque, bambini che vi giocano dentro con gli occhi bellissimi e lucenti. Dentro gli occhi hanno la febbre, l’innocenza e la morte

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