Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


Il rapporto di Ciancimino con l'ing. Cassina avrebbe potuto facilitare la concessione del prestito, appare dunque spiegabile il motivo per il quale Dell'Utri avesse deciso di ricorrere ad un banca siciliana chiedendo, nel 1987 un prestito "secco" a trentasei mesi, di venti miliardi.

A fronte dei rilievi della difesa sulla attendibilità delle dichiarazioni di Scilabra, rileva il Collegio che non sono emerse ragioni di astio o di rancore nei confronti di Dell 'Utri che Scilabra neppure conosceva.

La difesa infine ha messo in evidenza che Scilabra non aveva assunto un serio contegno nel corso delle dichiarazioni rese davanti ai PP.MM., rilevando che si era fatto delle risate come se raccontasse barzellette. Orbene rileva il Collegio che, contrariamente a quanto sottolineato dalla difesa non può attribuirsi alcun rilievo negativo al tono adoperato da Scilabra nel corso delle dichiarazioni e ad alcune affermazioni iperboliche che lo stesso ha pronunciato quale ad esempio "lo posso dire che se io potessi li ammazzerei fisicamente? No l'arrestassi - che vuole che le dica io a Berlusconi lo ammazzerei".

È stato proprio il tono adoperato dal teste m alcuni tratti dissacratore, in altri accoratamente disilluso, m altri ancora amareggiato per le sorti della Sicilia, che ha conferito credibilità alle dichiarazioni che lo stesso ha reso.

Lo stesso Scilabra, anche chiedendo con tono scherzoso l'eliminazione di alcuni passaggi di tali dichiarazioni di contenuto, chiaramente provocatorio, pronunciate ridendo ( P .M.:" no, siamo in registrazione quindi"; Scilabra : "tagliamola ( ridendo)") e rivolte in larga misura non a Dell 'Utri, ma semmai a Berlusconi, ha spiegato - anche nel corso del presente giudizio - che lo sfogo si inseriva in un contesto di rammarico" di un vecchissimo liberale" (v. dich rese all'ud. del 17.10.2010) per la situazione in cui si trovava l'Italia e in cui alla fine degli anni '80 si erano trovate le banche siciliane, compresa la sua, banche che erano state acquistate dai " signori padani".

I toni, invero, non sempre consoni ad una deposizione testimoniale hanno tuttavia tradotto fedelmente quello che Scilabra intendeva dire e non hanno mai oscurato la serietà delle circostanze riferite ( si pensi ad esempio al passaggio in cui, volendo sottolineare che le altre banche popolari avevano ritenuto del tutto impensabile che potesse essere accolta la richiesta di finanziamento nei termini prospettati da Dell'Utri , Scilabra ha dichiarato: "non mi hanno fatto pernacchie per miracolo di Dio"; o quando ha ricordato la sua arrabbiatura allorchè aveva ricevuto la nota con cui il giornalista Riotta gli aveva comunicato con una nota che non gli avrebbe fatto rilasciare alcun intervista sui fatti siciliani di cui Scilabra avrebbe voluto parlare; o ancora deve essere rammentata la definizione data ai figli di Cassina come degli assoluti incompetenti - "niente cretini tutti, tutti un pugno di cretini uno più cretino dell'altro perché lì la persona intelligente era Pasquale Nisticò il marito della figlia Giovanna il braccio destro " - e che Scilabra reputava responsabili di avere estromesso il cognato ed avere portato al crollo la Banca).

Né la spontaneità e l'assenza di ragioni di astio nei confronti di Dell'Utri, chiaramente emerse da quanto fin qui esposto, possono essere annebbiate, come prospettato dalla difesa, dal giudizio civile proposto da Dell'Utri nei confronti di Scilabra a seguito dell'intervista sul Fatto Quotidiano, atteso che tale giudizio, successivo alle dichiarazioni rese da quest'ultimo al PP.MM, non ha inciso in alcun modo sul contenuto delle stesse che difatti sono state confermate nel presente giudizio.

Peraltro sarebbe giuridicamente illogico fare dipendere l'attendibilità di chi rende dichiarazioni accusatorie nei confronti di un soggetto dalla presentazione della denuncia per il reato di calunnia da parte da parte dell'accusato.

Vè da rilevare che oltre a tale irrilevanza, deve considerarsi che tale atto non è compreso tra quelli indicati nell'art 238 c.p.p. ed il Collegio, ha rigettato anche per tale motivo la richiesta di acquisizione dell'atto di citazione relativo a quel giudizio ( v. ordinanza del 23 novembre 2012 al cui contenuto si rinvia). Ed ancora non appare significativo, per escludere credibilità al racconto del teste, il fatto che Vito Ciancimino, nel periodo in cui Scilabra aveva collocato la visita in banca, era sottoposto con decreto della Sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo del 5 luglio 1985, alla misura della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di Rotello (Campobasso) per la durata di quattro anni e che lo stesso Ciancimino, si era allontanato da tale Comune, nell'arco di tempo compreso tra il 1986 ed il 1987, solo in 5 occasioni per comparire dinanzi alle autorità giudiziarie in occasione di diversi procedimenti penali o per predisporre difese.

Rileva invero il Collegio che le modalità dei permessi concessi a Ciancimino durante la misura di prevenzione alla quale era sottoposto escludono qualsiasi incompatibilità di tale misura con la breve visita di Dell'Utri e Ciancimino (Scilabra: "un quarto d'ora, venti minuti'') che si era svolta a Palermo, dove quest'ultimo era stato autorizzato a recarsi.

Ed infatti, deve mettersi in rilievo da un lato che i permessi sono stati concessi per presentarsi davanti le autorità giudiziarie palermitane; dall'altro che il periodo di tempo concesso per ciascuno dei permessi è stato compreso tra i nove giorni ed i quindici giorni. ( v. documentazione depositata all'udienza del 5 dicembre 2012).

Deve infine considerarsi che dell'esistenza di rapporti esistenti tra Ciancimino e Dell'Utri ha parlato anche Angelo Siino che, nel corso del giudizio di primo grado all'udienza del 9 giugno 1998, ha affermato che Stefano Bontade gli aveva confidato che Dell'Utri aveva rapporti con Ciancimino ed Alamia con i quali aveva una società di costruzioni (Siino:" diceva .. al Dell'Utri così parlammo chiaramente e ci ho detto : Si lo conoscevo, conosco il fratello, l'avevo visto al Don Bosco, eravamo compagni di scuola" lui mi disse che si occupava di questioni finanziarie e poi aveva una società riguardante costruzioni e mi feve un accenno anche a Vito Ciancimino e mi pare un certo Alamia, con cui avevano a che fare, con cui Dell'Utri aveva a che fare).

E cosi mentre il Tribunale non era stato "in grado" di attribuire a tale frase uno specifico significato, nel presente giudizio di rinvio essa si pone come una conferma alle affermazioni di Scilabra.

Le considerazioni fin qui svolte hanno consentito di ritenere che le dichiarazioni di Scilabra sono del tutto attendibili e che, dunque, Dell'Utri si sia recato con Ciancimino, soggetto della quale all'epoca già si conosceva lo spessore criminale, presso la Banca Popolare, per chiedere un importante finanziamento, nei termini già chiariti.

Nel richiedere tale finanziamento Dell'Utri aveva scelto di andare con Ciancimino in quanto costui non solo era intraneo a "cosa nostra", ma era principalmente amico del presidente della banca e ciò al fine di ottenere vantaggi che altrimenti non avrebbe potuto ottenere.

La condotta di Dell'Utri mostra come ancora una volta come l'imputato, così come era avvenuto allorchè si era fatto accompagnare da Cinà dall'imprenditore Rapisarda, abbia scelto di chiedere appoggio ad esponenti di cosa nostra per realizzare propri interessi personali.

Il fatto del suo rapporto di conoscenza con Ciancimino e della sua richiesta di finanziamento presso la Banca Popolare di Palermo, ove si era recato con quest'ultimo - a fronte del quadro probatorio emerso e sulla base del quale è stato ritenuto provato che l'imputato ha fornito il contributo "atipico" del concorrente esterno dal 1974 al 1992 - assume una rilevanza del tutto marginale, ma consente di affermare che Dell'Utri ha chiesto appoggio, seppur nella forma di una semplice "raccomandazione", ad esponenti di cosa nostra in situazioni (recupero delle somme in nero del contratto di sponsorizzaizone, concessione di un prestito "secco" di venti miliardi da restituire in trentasei mesi) in cui riteneva si prospettasse come necessario un aiuto per superare limiti che si erano presentati alla realizzazione dei suoi interessi.

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