Zelensky negli Usa sospetta una trappola. Trump: «Pace vicina»

«Grossi progressi con la Russia!», ha scritto questa domenica sui social il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il leader americano non ha specificato a cosa si riferisse, ma con ogni probabilità stava parlando della “proposta” di pace di cui ha discusso venerdì in Alaska con il presidente russo, Vladimir Putin, e che presenterà a Volodymyr Zelensky, questo lunedì a Washington. Meloni la funambola e “la ricetta italiana”, la destra plaude alle garanzie di sicurezza Per il leader ucraino si tratta di un momento delicato, la prima visita negli Usa dopo il disastroso incontro nello Studio Ovale dello scorso febbraio, quando con Trump e il vice presidente, JD Vance, volarono parole pesanti. Anche per evitare una ripetizione di quella scena, questo lunedì Zelensky sarà scortato da un contingente di leader europei: il presidente francese, Emmanuel Macron, il primo ministro tedesco, Friedrich Merz, e quello britannico, Keir Starmer. Ci saranno anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente della Finlandia, Alexander Stubb. Luigi Zanda: «Trump ventriloquo di Putin, se l’Europa si piega, è finita» Una squadra di alleati con il compito di fare da scudo a Zelensky e di rafforzare le sue argomentazioni. Trump cercherà di persuaderli ad accettare l’ultima offerta dal Cremlino che, almeno sulla carta, suona più o meno così: ritirata ucraina dal Donbass in cambio della pace. «La Russia ha fatto alcune significative concessioni», ha detto questa domenica alla Cnn l’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, che negli ultimi mesi ha fatto da spola tra Washington e Mosca. «Possiamo raggiungere subito un accordo», ha aggiunto. Le concessioni a cui si riferisce Witkoff sono la rinuncia dei russi a pretendere dall’Ucraina il ritiro completo da tutte le regioni annesse nel 2022, comprese quindi Kherson e Zaporizhzhia. Ma anche chiedere il ritiro da una delle regioni che Kiev controlla, quella di Donetsk, che fa parte del bacino del Donbass, rimane una richiesta difficile da digerire. In Alaska «scene inquietanti»: il brusco risveglio dell’Ue dopo il flop di Trump Il piatto di Kiev Ma cosa c’è per gli ucraini in questo accordo, cosa riceverebbero in cambio di questo pesante sacrificio? Witkoff ha confermato le indiscrezioni di questi giorni: se Zelensky accetterà l’offerta, gli Stati Uniti sono disposti a fornire garanzie di sicurezza contro future aggressioni. «Possiamo offrire un linguaggio simile all’articolo 5 della Nato», ha detto Witkoff, riferendosi alla clausola del trattato di alleanza che impone l’intervento armato di tutti i partecipanti per difendere un membro aggredito. Putin chiede la neutralità dell’Ucraina ma, secondo le indiscrezioni degli ultimi giorni, in Alaska non avrebbe espresso contrarietà all’idea che Kiev possa ricevere garanzie equivalenti, a patto di non entrare formalmente nella Nato. Si tratta di un’offerta «rivoluzionaria», ha detto Witkoff. La fornitura di garanzie di sicurezza è uno dei punti cruciali per Kiev e la loro mancanza aveva già contribuito in passato al fallimento dei negoziati di pace del 2022. Rimane la questione del Donbass: per gli ucraini rimane difficilissimo accettare di ritirarsi dalla regione dove combattono dal 2014, in cui si trovano alcune delle loro migliori fortificazioni e che i russi non sono ancora riusciti completamente a conquistare. ll tema è molto complicato per Zelensky: «Abbiamo bisogno di veri negoziati, il che significa che possono iniziare da dove si trova ora la linea del fronte» ossia senza contemplare ritiri da zone ha ancora occupate, ha detto questa domenica, in conferenza stampa con la presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen. «La costituzione dell'Ucraina – ha aggiunto – rende impossibile rinunciare o scambiare territori». Una formulazione che sembra lasciare la porta almeno socchiusa alla possibilità di un futuro ritiro o cessione “temporanea”. E la Russia? Le previsioni su quello che accadrà questo lunedì sono difficili anche perché l’amministrazione Usa rimane divisa e Trump si è già dimostrato in passato molto volubile. Secondo il segretario di Stato, Marco Rubio, considerato uno dei “falchi” sulla questione russa, «nuove sanzioni» alla Russia restano possibili. Per il capo della diplomazia Usa, anche il cessate il fuoco «non è stato del tutto escluso», nonostante sabato lo stesso Trump si fosse dichiarato d’accordo con Putin sul fatto che la pace era meglio di una tregua temporanea. Anche se Rubio ha una posizione più dura con la Russia, nemmeno lui si sottrae all’ottimismo che sembra pervadere l’amministrazione Trump. «Non dico che siamo all’alba della pace – ha detto questa domenica – Ma c’è del movimento, abbastanza da dedicare ancora più tempo a questa questione».