Steve Knisely aveva previsto che, a meno che l’uso dei combustibili fossili fosse limitato, ci sarebbero stati “notevoli cambiamenti di temperatura” e 400 parti per milione (ppm) di anidride carbonica (CO2) nell’aria entro il 2010. Le previsioni di Knisely si sono rivelate piuttosto accurate. Era l’ottobre del 1979. E 400 ppm sono state registrate per la prima volta nel 2013.

Nel 1979, Knisely era un impiegato stagionale estivo alla Exxon Research and Engineering, una sezione della compagnia fossile dedicata alla ricerca. All’epoca, infatti, la Exxon aveva una politica lungimirante e, per prevenire rischi ai suoi profitti, aveva investito moltissimo nella ricerca scientifica: sviluppò una divisione chiamata Bell Labs e la dotò di scienziati e ingegneri altamente qualificati.

Tra il 1979 e il 1982, i ricercatori della Exxon hanno campionato i livelli di biossido di carbonio a bordo della petroliera Esso Atlantic. I risultati della ricerca posero le basi per una comunicazione sull’anidride carbonica diffusa in Exxon dall’ufficio per gli affari ambientali. La comunicazione venne contrassegnata “da non distribuire all’esterno”: la compagnia riconosce che per uscire dal riscaldamento globale «sarebbe necessaria una grande riduzione della combustione dei carburanti fossili», e a meno che ciò non accada, «ci sono alcuni eventi potenzialmente catastrofici che devono essere considerati». «Una volta che gli effetti sono misurabili, potrebbero non essere reversibili».

Sapeva tutto

Lo stesso anno, gli scienziati dell’azienda, con la collaborazione di ricercatori esterni, crearono rigorosi modelli climatici che confermavano il consenso scientifico emergente sul riscaldamento globale e quello che lo scienziato James Black, nel documento The Greenhouse Effect, aveva osservato cinque anni prima: la scienza mostrava che i livelli di anidride carbonica stavano aumentando, probabilmente a causa dell’uso di combustibili fossili, e che tali aumenti avrebbero incrementato le temperature globali, portando a danni diffusi.

Oggi sappiamo dell’esistenza di questi e altri documenti grazie ad un’inchiesta giornalistica pubblicata nel 2015, quando è nato l’hashtag #Exxonknew. La Exxon, infatti, sapeva tutto. Sapeva, per esempio, che il mare di Beaufort, una parte del Mar glaciale artico, aveva cominciato a sciogliersi e, di conseguenza, stava costruendo le proprie trivelle abbastanza in alto da tener conto di un innalzamento delle acque. I dirigenti della Exxon stavano prendendo tutti i provvedimenti necessari, semplicemente scelsero di non dirlo al resto del mondo.

Promuovere il dubbio

Le conclusioni di uno studio degli storici della scienza Naomi Oreskes e Geoffrey Supran riassumono alla perfezione il paradosso Exxon: la compagnia «ha contribuito a far progredire la scienza del clima», ma «ha promosso il dubbio» su di essa. Data questa discrepanza, conclude lo studio, la ExxonMobil ha ingannato il pubblico.

Secondo una mail di Leonard Bernstein, un esperto che lavorava per la Exxon, gli scienziati della compagnia petrolifera sapevano per certo che i combustibili fossili erano causa del cambiamento climatico già nel 1981, sette anni prima che il cambiamento climatico diventasse una tematica di portata pubblica, sostiene il Guardian. Nonostante questo, l’azienda ha speso milioni nei decenni successivi per promuovere il negazionismo climatico. Nel 1983, la Exxon taglia i fondi per la ricerca sul clima da 900mila dollari all’anno a 150mila dollari. Il budget totale di ricerca della Exxon all’epoca era di oltre 600 milioni di dollari.

Particolare della prima pagina del New York Times del 24 giugno 1988, con il titolo: "Il riscaldamento globale è iniziato"

La lobby

Nel 1988, lo scienziato della Nasa James Hansen testimonia al congresso. Il giorno dopo, il titolo del New York Times è: “Il riscaldamento globale è iniziato”. Per l’America, è un momento decisivo. L’allarme aveva cominciato a suonare e, naturalmente, si sarebbero dovute prendere delle decisioni. La Exxon aveva già capito che, con una regolamentazione al settore fossile, i suoi profitti sarebbero stati compromessi. Così, per i decenni successivi ha messo in atto la più grande campagna di disinformazione sul clima mai orchestrata – campagna che, con delle differenze rispetto al passato, dura ancora oggi.

La Exxon ha contribuito a fondare e guidare la Global climate coalition, un’alleanza di alcune delle più grandi aziende del mondo che hanno cercato di ostacolare le politiche climatiche del governo e, insieme all’American Petroleum Institute (Api), tra gli altri, ha finanziato think tank di stampo conservatore, lobby e campagne politiche per promuovere l’idea che la scienza del clima fosse ancora incerta e che non sarebbe stato saggio regolamentare le emissioni di combustibili fossili.

Finanziare il negazionismo

Nel 1992 la Exxon diventa membro dell’American Legislative Exchange Council (Alec), organizzazione che ostacola attivamente l’azione sul cambiamento climatico a livello federale e statale. Molti dei finanziamenti della compagnia, inoltre, erano diretti a “scienziati negazionisti” o ai cosiddetti falsi esperti, che avevano il compito di attaccare la scienza del clima, e a campagna pubblicitarie o strategie comunicative che potessero promuovere il messaggio negazionista.

Anche dopo aver dichiarato pubblicamente di fermare questi finanziamenti nel 2007, la compagnia ha continuato a incanalare fondi verso politici, think tank, lobby e scienziati negazionisti con gli stessi fini. Secondo una pubblicazione dei ricercatori John Cook e Thomas Farmer, dal protocollo di Kyoto, Exxon ha dato più di 20 milioni di dollari a organizzazioni che promuovono il negazionismo climatico.

Manipolazioni

Nel 2005, il New York Times ottenne dal Government Accountability Project alcuni documenti che mostravano come Philip Cooney, capo di stato maggiore e ex lobbista dell’Api, aveva manipolato i rapporti scientifici delle agenzie governative per mettere in dubbio la scienza del clima e ridurre al minimo la regolamentazione governativa sulla riduzione delle emissioni.

Dopo essere stato costretto a dimettersi, Cooney, non a caso, andò a lavorare per la Exxon. Un altro memo ottenuto dal National Resource Defence Council mostrò che un lobbista della Exxon, Randy Randol, aveva suggerito delle sostituzioni per cambiare il team che avrebbe lavorato alla terza valutazione dell’Ipcc «per assicurare che nessuno dei sostenitori di Clinton o Gore sia coinvolto in qualsiasi attività decisionale».

(AP)

Mentire sulle bugie

Oggi, la Exxon, come la maggior parte delle compagnie petrolifere, evita di negare del tutto la scienza del clima, ma continua a mettere in campo strategie insidiose per rimandare le politiche climatiche e investire nel fossile. Il 28 ottobre 2021, una sottocommissione del Congresso americano ha interrogato i dirigenti di Exxon, Bp, Chevron, Shell, la camera di commercio e l’Api sui loro sforzi nella campagna di disinformazione sul clima.

L’amministratore delegato della Exxon, Darren Woods, ha detto ai legislatori che le dichiarazioni pubbliche della sua compagnia «sono e sono sempre state veritiere» e che la compagnia «non diffonde disinformazione sul cambiamento climatico».

Come fa notare Abbey Dufo del Center for Climate Integrity’s nella newsletter ExxonKnews, quello che Exxon fa ora è mentire sull’aver mentito. E oggi, in un certo senso, la strategia di ExxonMobil non si discosta molto da quella dei primi anni Duemila.

Durante l’udienza di Big Oil all’Oversight Committee, la linea di difesa di Woods si è allineata con la “fossil fuel saviour narrative”, la narrazione dei combustibili fossili come “salvatori” e portatori di ricchezza, per cui il petrolio ha fornito ricchezza e una più alta qualità della vita, e vietare i fossili mette in pericolo la popolazione e porta la povertà. Questa strategia, che ha l’obiettivo di radicare il sistema basato sui fossili, fa leva sul fatto che il settore è fornitore “passivo” e che non fa altro che rispondere alla domanda di energia da parte dei consumatori.

La responsabilità

Ma la responsabilità di ExxonMobil è lampante. Secondo uno studio pubblicato nel 2019 dal Climate Accountability Institute, solo 20 aziende di combustibili fossili sono responsabili a livello globale del 35 per cento di tutte le emissioni di gas serra provenienti dalla combustione di carburanti fossili del settore energetico dal 1965. La ExxonMobil è la quarta azienda mondiale ad aver contribuito alle emissioni.

Quando Knisely pubblicò i risultati del suo studio il livello di anidride carbonica nell’atmosfera era di 335 ppm circa. 42 anni e decine di milioni di dollari in finanziamenti negazionisti dopo, a ottobre 2021, quando si è tenuta l’udienza, il livello era di circa 413 ppm.

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