La Cop27 si è conclusa in Egitto all’alba di domenica, dopo una drammatica assemblea plenaria iniziata alle quattro del mattino. È stata una delle conferenze Onu sui cambiamenti climatici più lunghe di sempre, è durata trenta ore oltre la scadenza ufficiale del vertice, tante sono servite a trovare un accordo di portata storica: la creazione di un fondo per compensare i paesi che subiscono i danni e le perdite della crisi climatica.

Ci vorranno altri due anni di trattative per renderlo operativo, per stabilire chi avrà diritto a queste risorse, chi avrà il dovere di erogarle e soprattutto come trovarle, ma è il primo riconoscimento nel negoziato multilaterale dell’Onu per il diritto dei paesi vulnerabili a essere compensati economicamente per i disastri di una crisi che quelli industrializzati hanno causato.

Come spiega Harjeet Singh, capo stratega della rete Climate action network «con la creazione di un fondo loss and damage la Cop27 ha mandato un avvertimento agli inquinatori: non possono più non pagare un prezzo per la distruzione climatica. Da ora in poi sono stati riconosciuti responsabili per le tempeste, le inondazioni, l’aumento del livello del mare».

I numeri della compensazione

Nel 1988 il climatologo della Nasa James Hansen avvertiva il Senato americano sulle tempeste in arrivo per i suoi nipoti a causa dell’aumento delle emissioni in atmosfera e del conseguenze riscaldamento globale. Fu ignorato: più di trent’anni dopo le tempeste dei suoi nipoti hanno un prezzo. Le risorse necessarie per compensare danni e perdite attraverso questo fondo potrebbero essere tra i 300 e i 500 miliardi di dollari all'anno già entro la fine di questo decennio.

La Cop27 è stata la prima conferenza Onu da quando si tengono questi vertici sui cambiamenti climatici a declinare la crisi non più come un problema futuro da prevenire ma come una catastrofe al presente da navigare.

Questo cambiamento nei tempi verbali ha però comportato la principale debolezza dell’accordo finale, chiamato Sharm el Sheikh Implementation Plan (implementazione era la parola chiave di questo vertice). I risultati sulla mitigazione sono estremamente scoraggianti.

La mitigazione, nel gergo climatico, è la prevenzione degli effetti peggiori della crisi climatica attraverso le transizioni ecologiche ed energetiche. Sulla riduzione dell’uso di combustibili fossili – la principale causa del riscaldamento globale – è stato impossibile trovare un accordo tra i diversi blocchi di paesi, anche a causa dei conflitti di interesse di quello ospitante, che alle Cop ha il ruolo di guidare il negoziato.

L’Egitto è un esportatore di gas e ha sabotato qualunque tentativo di creare un fronte comune che portasse alla riduzione (tecnicamente: phase down) di tutti i combustibili fossili, come chiesto da un gruppo di paesi guidati dall’Unione europea, che da questo vertice esce sostanzialmente sconfitta.

La sconfitta dell’Ue

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Guidata dal vicepresidente della Commissione Frans Timmermans l’Europa ha concesso tanto (il fondo danni e perdite era una linea rossa da non superare) ma ha ricevuto in cambio molto poco. «Non abbiamo fatto abbastanza per ridurre il divario tra la scienza e la politica. Ci voleva più coraggio, serve una riduzione più rapida delle emissioni, abbiamo perso velocità e tempo», ha ammesso in assemblea plenaria un Timmermans estremamente deluso.

A Sharm el Sheikh da questo punto di vista è stato ottenuto il risultato minimo: proteggere i progressi della Cop26 di Glasgow (già scarsi di loro) e l’obiettivo comune di tenere l’aumento delle temperature entro 1.5°C rispetto all’era pre-industriale.

Il testo finale addirittura arriva a promuovere, con le rinnovabili, anche fonti di energia «a basse emissioni», una formula studiata per creare una scappatoia al gas. Per l’Egitto è un trionfo: hanno portato i soldi del loss and damage all’Africa e difeso i loro interessi.

Dal punto di vista della mitigazione un altro anno è stato perso e il prossimo negoziato, Cop28, si terrà in un altro paese in conflitto di interesse con gli idrocarburi: gli Emirati Arabi. In conclusione, la Cop27 ha fatto molto per la fiducia e la solidarietà tra paesi responsabili e paesi vittime della crisi climatica, portando a casa un risultato storico per la giustizia climatica, ma ha fatto troppo poco per contrastare la crisi climatica: secondo i dati dell’Emission gap unep diffusi prima della Cop la traiettoria con le policy attuali ci porta a un aumento della temperatura di 2.8°C. entro fine secolo. Traiettoria che esce intatta da Sharm el Sheikh.  

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