Stoccarda è forse la città più legata all’auto in un paese, la Germania, dove l’industria dell’auto è un pilastro fondamentale: a Stoccarda c’è dai primi del Novccento la sede della Mercedes-Benz e a Stoccarda è nata, appena dopo la seconda guerra mondiale, la Porsche. Proprio Stoccarda è stata però, nel 2019, una delle prime città tedesche a vietare l’ingresso alla maggior parte delle auto diesel.

La capitale del Baden-Württemberg si trova in una conca circondata da colline; una situazione simile a quella di Firenze, che in presenza di volumi elevati di traffico favorisce il ristagno degli inquinanti. Particolarmente elevati erano qui gli ossidi di azoto (Nox), nocivi nelle elevate concentrazioni e prodotti soprattutto dai motori a gasolio.

La battaglia ambientalista

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Stoccarda però non ha adottato le misure spontaneamente, ma dopo una battaglia giudiziaria delle associazioni ambientaliste. L’associazione ecologista DUH (Deutsche Umwelthilfe) ha chiesto fin dal 2015 al tribunale amministrativo di Stoccarda di imporre all’amministrazione locale misure drastiche.

Dopo uno scontro durato oltre tre anni, il via libera è arrivato quando nel 2018 la Corte costituzionale tedesca ha stabilito che le singole città possono imporre divieti di circolazione locali per i veicoli inquinanti. Il principio è che le città stesse sono responsabili del rispetto dei limiti di legge a livello Ue per le sostanze inquinanti (che per il biossido di azoto sono di 40 microgrammi per metro cubo).

Il bando a Stoccarda è entrato in vigore il 1 gennaio 2019 per i diesel fino al livello Euro 4 compreso, ed è stato esteso nel luglio 2020 fino agli Euro 5. Il divieto vale tutti i giorni 24 ore su 24, a differenza di misure simili in altre città. La stessa sede e lo stabilimento della Porsche sono nel sobborgo di Zuffenhausen, all’interno della zona off-limits.

I risultati sulla qualità dell’aria

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Come ha funzionato il blocco dei vecchi diesel a Stoccarda? Una risposta inequivocabile è difficile, poiché dalla primavera 2020 fino al 2021 inoltrato i lockdown causati dal Covid hanno provocato una riduzione del traffico.

La media delle rilevazioni di biossido di azoto nelle stazioni cittadine è comunque scesa a livelli di 20-37 microgrammi per metro cubo a novembre rispetto a 31-82 di fine 2016 e 25-53 di fine 2019, ultimo dato pre-Covid; la ripresa delle attività dopo la pandemia ha comportato un rialzo minimo rispetto al minimo di 19-35 del febbraio di quest’anno, e i valori medi restano sotto ai limiti di legge.

Il blocco dei veicoli più inquinanti non è l’unica misura adottata per migliorare la qualità dell’aria, ma è stato accompagnato da un rafforzamento del trasporto pubblico locale, dalla promozione degli spostamenti a piedi e in bicicletta, dall’imposizione di limiti di velocità (zone 30, in cui non si possono superare i 30 chilometri all’ora).

Questi provvedimenti sono ormai diffusi in Europa. In Italia, Milano ha adottato un blocco simile dei diesel, che però vale solo nelle ore lavorative dei giorni feriali. Stoccolma ha introdotto dal 2006 un’area a traffico limitato con ingresso a pagamento (come l’Area C milanese). Dal 2020, grazie a una legge varata a livello nazionale, sono stati introdotti divieti per i veicoli più inquinanti in un’unica arteria centrale, per limitare il traffico di passaggio; dal luglio 2022 tale divieto riguarda anche i diesel Euro 5.

Le scelte di Londra

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Altre metropoli hanno preferito la strada della dissuasione a quella dei divieti, imponendo pedaggi all’ingresso.

Londra adottò fin dal 2003 uno dei primi sistemi di pedaggio per chi entrava in centro nei giorni feriali, nelle ore centrali della giornata (Congestion charge); quattro anni fa, poi, la città ha trasformato la zona centrale in ULEZ (ultra low emission zone), introducendo un pedaggio addizionale sulle 24 ore per i veicoli a emissioni maggiori.

Dal 2022 i diesel Euro 5 e anteriori pagano un pedaggio di 12,5 sterline per ogni ingresso, che si aggiunge alle 15 sterline che tutti i veicoli, salvo le auto elettriche, pagano se entrano nella ristretta area della Congestion charge; il totale equivale a oltre trenta euro. La zona ULEZ verrà estesa dal prossimo 29 agosto a un’area pari in pratica a quella dell’intera provincia di Milano.

No agli ingressi regolari

Il pedaggio è meno drastico del divieto: non blocca gli ingressi saltuari ma impedisce che auto inquinanti vengano utilizzate per accedere alla città su base regolare.

L’esempio tedesco di Stoccarda sarà seguito fra pochi mesi da Monaco, un’altra delle città dell’auto in Germania (è sede della BMW). Nella capitale della Baviera il divieto sarà graduale, ma ha destato polemiche tanto accese quanto quelle dei mesi scorsi a Milano. A protestare sono anche lì i residenti e chi finora entra in città con un diesel più vecchio del 2015.

Per frenare le proteste e attenuare l’impatto immediato delle misure, la città tedesca – comunque sotto la pressione delle possibili cause in giudizio da parte delle associazioni di tutela dell’ambiente – ha adottato una soluzione pragmatica: il divieto varrà inizialmente solo per i diesel Euro 4, e verrà esteso ad ottobre a quelli Euro 5 solo se la prima misura non avrà ricondotto i livelli di NO2 entro i limiti di legge.

L’informazione non frena le proteste

La consultazione dei cittadini e la corretta informazione sono necessari, ma non alleviano i danni per chi è penalizzato.

A Milano, per esempio, la maggior parte delle misure per limitare il traffico privato e migliorare la qualità dell’aria sono state proposte in un referendum consultivo nel giugno 2011 e allora approvate da quasi l’80 per cento dei votanti (che furono poco meno di metà degli aventi diritto). Dopo le polemiche seguite all’ultima “stretta” sui diesel, la giunta milanese ha introdotto modifiche e deroghe per venire incontro ad alcune delle critiche, così come Monaco ha previsto un certo numero di esenzioni alle nuove regole.

È comprensibile che i proprietari di diesel con sette/otto anni di età, acquistati prima del “dieselgate” del 2015, si sentano truffati per non poter usare vetture che al momento dell’acquisto erano state vendute come “ecologiche”. Della truffa, però, sono corresponsabili i costruttori che hanno venduto diesel molto più inquinanti del dovuto, e i politici che hanno scritto norme piene di scappatoie e chiuso entrambi gli occhi al momento dei controlli.

Il dieselgate è scoppiato solo perché qualcuno ha cercato di vendere diesel “taroccati” negli Stati Uniti, e quel qualcuno – da Volkswagen a Mercedes a Fiat Chrysler – ha poi dovuto indennizzare i clienti che quei diesel li avevano comprati.

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