L’economia agroalimentare della prefettura vive un paradosso. Il sistema di monitoraggio radiologico, secondo gli esperti, è il più esteso e accurato al mondo, ma la percezione del rischio da parte dei consumatori continua a influenzare negativamente i mercati locali
Nella sua fattoria di Odaka, nella prefettura di Fukushima, Tsukue Yukio controlla per l’ennesima volta i documenti che accompagneranno il suo raccolto di riso. Ogni sacco riporta un QR code che rimanda ai risultati delle analisi radiologiche condotte su quel campo specifico.
«I miei prodotti sono più controllati di quelli di qualsiasi altra regione del mondo», dice con un sorriso amaro il settantenne agricoltore. «Eppure sui mercati di Tokyo il prezzo del mio riso è ancora inferiore del 15 per cento rispetto a quello di altre prefetture».
Monitorare non basta
La storia di Tsukue-san racchiude il paradosso che caratterizza l’economia agroalimentare di Fukushima quattordici anni dopo l’incidente nucleare del marzo 2011. La prefettura ha costruito quello che gli esperti definiscono il sistema di monitoraggio radiologico più esteso e accurato al mondo, ma la percezione del rischio da parte dei consumatori continua a influenzare negativamente i mercati locali.
Circa 3.600 postazioni di monitoraggio sono state installate in scuole, parchi e altre strutture pubbliche di tutta la prefettura di Fukushima, trasmettendo automaticamente i dati ogni dieci minuti. I livelli di radiazione ambientale sono scesi drasticamente: nel 2025 hanno raggiunto 0,11 μSv/h, un valore nettamente più basso della media che abbiamo in Italia che si aggira sui 0,2-0,3 μSv/h.
Dal 24 agosto 2023, una nuova controversia ha agitato l’opinione pubblica: il rilascio controllato delle acque triziate trattate attraverso il sistema Alps (Advanced Liquid Processing System) nell’oceano Pacifico. L’Aiea ha confermato ripetutamente che le concentrazioni di trizio nell’acqua scaricata sono ben al di sotto del limite legislativo giapponese di 1.500 Bq/L (il limite per le acque potabili dell’OMS è di 10.000 Bq/L), con livelli registrati di appena 463 Bq/L nel marzo 2025, confermando che i piani giapponesi sono coerenti con gli standard di sicurezza internazionali.
«Acque radioattive»
Eppure, la reazione dei pescatori locali non è guidata tanto dalla paura della radioattività quanto dal timore del danno reputazionale. Osamu Hiroshi, pescatore di Ukedo, spiega: «Non è che temiamo davvero che i nostri pesci siano contaminati – sappiamo che le analisi parlano chiaro. Il problema è che i nostri clienti guardano i titoli dei giornali, non i rapporti dell’Aiea. Ogni volta che sento parlare di “acque radioattive” sui social media, so che avrò chiamate di cancellazione».
Il sistema di controlli alimentari di Fukushima utilizza rilevatori a semiconduttore di germanio per analizzare ogni partita di prodotti agricoli prima della commercializzazione. Gli standard giapponesi sono dieci volte più severi della soglia considerata sicura dall’Organizzazione mondiale della sanità: il limite per il cesio-137 è fissato a 100 Becquerel per chilogrammo.
«Dal 2011 abbiamo analizzato oltre due milioni di campioni», spiega un analista della Fukushima Association for Securing Safety of Agricultural Products. «Negli ultimi anni, oltre il 99 per cento dei prodotti agricoli presenta livelli di radioattività non rilevabili o comunque ben al di sotto dei limiti di sicurezza».
Il vero nemico dei produttori di Fukushima non è più la radioattività, ma la disinformazione. Organizzazioni prive di credibilità scientifica continuano a diffondere allarmi infondati, alimentando una percezione distorta del rischio. «Riceviamo continui avvertimenti da gruppi che non hanno alcuna competenza nucleare», lamenta Takashi Tokoyoda, rappresentante della cooperativa pescatori di Soma. «Questi messaggi hanno più impatto mediatico dei rapporti tecnici e scientifici. È frustrante sapere che la scienza è dalla nostra parte, ma l’economia no».
Impatto economico
Al Department of Health Risk Communication della Fukushima Medical University, un professore afferma che «le immagini dell’esplosione del reattore hanno creato un’associazione emotiva potentissima. I consumatori tendono a valutare il rischio basandosi su fattori emotivi piuttosto che su dati statistici. Gli attivisti anti-nucleari sfruttano questa vulnerabilità cognitiva».
Nonostante tutti i controlli scientifici, l’impatto economico della percezione distorta rimane tangibile. Secondo i dati della Camera di Commercio di Fukushima, il fatturato del settore agricolo della prefettura nel 2024 è ancora inferiore del 12 per cento rispetto ai livelli pre-disastro. Nel settore ittico, le sfide per l’industria della pesca rimangono significative un anno dopo l’inizio del rilascio delle acque trattate.
«È un paradosso che sfida le leggi dell’economia classica», commenta l’economista Bai Yu dell’Università di Tohoku. «Abbiamo prodotti più controllati e scientificamente sicuri della media globale, ma il mercato li penalizza sistematicamente».
La fiducia dei consumatori
La situazione sta tuttavia mostrando segni di graduale miglioramento. Le misure adottate sono state efficaci nel ripristinare progressivamente la fiducia dei consumatori. Diversi paesi hanno revocato le restrizioni sulle importazioni di prodotti alimentari giapponesi, riconoscendo l’efficacia del sistema di controlli.
Tsukue Yukio, tornato nei suoi campi al tramonto, osserva: «I miei nipoti mangiano il nostro riso tutti i giorni, il mare davanti a casa nostra è monitorato ogni giorno dall’Aiea. Forse ci vorrà ancora una generazione, ma prima o poi la scienza vincerà sulla paura. I numeri sono dalla nostra parte: ora tocca al tempo e alla corretta informazione fare il resto».
Il caso di Fukushima rappresenta un esempio paradigmatico di come la comunicazione scientifica e la gestione della percezione pubblica del rischio siano elementi cruciali per il successo di qualsiasi strategia di ripresa post-disastro. In un’epoca di disinformazione digitale, costruire un ponte tra evidenze scientifiche e fiducia pubblica rimane una delle sfide più complesse per governi e istituzioni di tutto il mondo.
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