Tra le questioni lasciate irrisolte dal precedente esecutivo, il governo Draghi dovrà sbloccare anche l'impasse sul rinnovo delle concessioni petrolifere dell'Eni in Basilicata, scadute addirittura il 26 ottobre 2019. Il negoziato ruota attorno alle richieste economiche della Regione, che vorrebbe 80 centesimi per barile di petrolio, come concordato nel 2019 con Total, altra oil major presente in Lucania e a cui fa capo l'impianto di Tempa Rossa. L'Eni non ne vuole sapere. Finora il ministero dello Sviluppo economico, cui formalmente spetta il rinnovo, non è riuscito a mediare.

Si va avanti in regime di vacatio, senza che nel frattempo siano arrivati segnali dalle parti in causa. Il presidente della regione, il salviniano Vito Bardi, per ora ha incontrato il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, rilasciando dichiarazioni molto ottimistiche sulle ricadute del Recovery Fund in Basilicata. Che rimane uno dei territori più poveri d'Italia, da dove prima dell'avvento della pandemia si emigrava al ritmo di oltre 700 persone all'anno e il tasso di disoccupazione giovanile raggiungeva il 38 per cento. 

Tutto ciò nonostante il petrolio, che scorre copioso nelle viscere della terra lucana, tanto da far ribattezzare la regione “il Texas d'Italia”.

La maledizione dell’oro nero

Sono ormai una trentina d'anni che l'Eni è attiva presso il giacimento su terra ferma più grande d'Europa, nella Val d'Agri una volta famosa solo per le sue ricche coltivazioni di mele e fagioli. Al suo Centro Olio la multinazionale italiana produce intorno ai 75-80mila barili di petrolio al giorno, scesi anche a 40mila in alcuni frangenti del travagliato 2020, ma in base alle concessioni governative, seppur scadute, potrebbe arrivare  fino a 104mila.

Ma l'oro nero non sempre rappresenta la “benedizione” che tutti auspicano, e non solo per bisticci amministrativi sulle concessioni. Lo stesso amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi, durante l'assemblea degli azionisti del 2017 si era lasciato sfuggire che «la Val d'Agri non è contenta di Eni... C'è stato probabilmente un allontanamento, ci sono stati dei problemi ambientali, dei problemi anche di delusione».

Quell'anno in effetti il Centro Olio si dovette fermare per tre mesi a causa di uno sversamento di 400 tonnellate di greggio da uno dei serbatoi. L'azienda ha affermato di aver recuperato la quasi totalità del liquido fuoriuscito, ma nel frattempo i manager coinvolti nella vicenda sono a processo o in attesa di rinvio a giudizio.

È probabile che i vari filoni giudiziari saranno raggruppati in un unico procedimento il cui inizio è previsto per il prossimo settembre. Il capo di imputazione è pesante: disastro ambientale.  

Petrolgate a Potenza

A Potenza c'è anche un altro processo che vede alla sbarra l'Eni e i suoi manager locali. Il cosiddetto “Petrolgate” è incentrato sulle accuse di smaltimento illecito dei reflui petroliferi, per i quali sarebbero stati falsificati i codici Cer. La sentenza di primo grado è attesa entro la fine del mese di marzo.

Nel “Petrolgate” particolarmente controverso è il ruolo dell'Arpab, l'ente regionale preposto ai controlli di carattere ambientale, contro cui puntano il dito varie associazioni e reti della società civile locali come l'Osservatorio Val d'Agri, Cova Contro e Mediterraneo No Triv. Per queste realtà in Val d'Agri ci sarebbe un serio problema di inquinamento, troppo spesso “derubricato” dall'Eni e dalle istituzioni preposte ai controlli. L'Osservatorio tiene il conto dei “non-incidenti”: sfiammate, boati improvvisi ed emissioni di odori nauseabondi. Fra il 2010 e il 2019 ne hanno contati 110.

Che l'aria della Val d'Agri non sia molto salubre sembra essere confermato da un rapporto congiunto realizzato dalle Ong Source International e Re:Common.

In base al campionamento effettuato lo scorso agosto, alcuni valori rilevanti hanno mostrato criticità. Dall’indagine sui composti organici volatili totali (COVT) sono emerse alte concentrazioni, oltre i 250 μg/m³ come media giornaliera, nella stazione posta a circa 500 metri sottovento rispetto al Centro Olio.

Valori che possono essere paragonati a quelli del centro di Pechino o di Nuova Delhi, tra le città più inquinate del pianeta. In aggiunta, i dati di misurazioni puntuali dei COVT intorno al Centro Olio confermano un gradiente di concentrazione che aumenta in prossimità dell'impianto.

«L’esposizione ai composti organici volatili totali è causa di una vasta gamma di effetti che vanno dal disagio sensoriale fino a gravi alterazioni dello stato di salute, oltre a essere associata all’occorrenza di malattie acute e croniche dell’apparato respiratorio e circolatorio, a patologie a carico del fegato e del sistema nervoso e al cancro, seppur le evidenze sul loro impatto debbano ancora essere consolidate», precisano Flaviano Bianchini e Laura Grassi di Source.

Malgrado la loro pericolosità, la regolamentazione delle emissioni e della concentrazione dei composti organici volatili totali nell’aria è in ritardo e non esistono normative né a livello internazionale né a livello nazionale.

I rischi in Val D’Agri

LaPresse

Nel 2017 la Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) sulle popolazioni di Viggiano e Grumento Nova, i due paesi maggiormente esposti ai fumi del Centro Olio Val D’Agri, redatta da esponenti tra gli altri del Cnr e dell'Università di Bari, aveva mostrato indici di mortalità e di ricovero per patologie cardiovascolari e respiratorie dei residenti nei due comuni nel periodo 2000-2014 in eccesso rispetto ai dati regionali.

L'Eni ha presentato le sue controdeduzioni alla VIS, elaborate da un collegio di esperti composto da docenti delle Università La Sapienza e Tor Vergata di Roma e ricercatori dell’Istituto superiore di Sanità, nonché da vari esperti italiani in stanza a New York. Tutti concordi nell’affermare che in Val d'Agri non c'è nessun allarme sanitario.

La stessa azienda intanto sta provvedendo a una manutenzione straordinaria del Centro Olio Val d'Agri, che durerà da metà marzo e inizio giugno. L'impianto non sarà chiuso del tutto, ma girerà a scartamento ridotto.

«È da tanto che abbiamo chiesto un intervento di questo tipo all'Eni, però finora sappiamo solo la tempistica e null'altro», spiega il sindacalista della Uilm Giovanni Galgano. «Per questo tipo di attività arriveranno lavoratori da fuori regione, con evidente aumento del rischio legato al Covid-19. Come sindacato abbiamo chiesto un incontro con Eni e Confindustria per capire quali impatti avrà la manutenzione straordinaria sia sulla sicurezza che sul lavoro, senza ricevere alcuna risposta. Metteremo in campo ogni azione sindacale per tutelare i nostri diritti, se sarà necessario chiederemo anche l'intervento del prefetto per aggiornare il piano di sicurezza all'interno del Centro Olio», attacca Galgano. S

i annunciano settimane turbolente in Val d'Agri.     

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