I governi di Germania e Italia hanno tenuto in sospeso per settimane gli altri paesi europei, il mondo ambientalista e l’intero settore dell’automotive continentale. E cioè 12,7 milioni di cittadini europei che lavorano nell’industria automobilistica direttamente e indirettamente, pari al 6,6 per cento di tutti i posti di lavoro dell’Ue; e un settore che per fatturato generato rappresenta più dell’8 per del Pil europeo.

Il phase out delle auto endotermiche previsto a partire dal 2035, a lungo discusso, e poi approvato dal parlamento europeo e dal Consiglio, era in attesa di una semplice ratifica da parte di quest’ultimo.

Quella che di solito, nel processo legislativo dell’Ue, è poco più che una formalità. Qualcosa, però, si è inceppato: la contrarietà del governo tedesco e di quello italiano - una opposizione inattesa e quanto meno irrituale - ha cercato di coagulare una minoranza di paesi in grado di far saltare una parte essenziale del pacchetto legislativo Fit for 55.

Richiamando a gran voce il principio della “neutralità tecnologica”, e innalzando i vessilli degli e-fuels (la Germania) e dei biofuels (l’Italia) come soluzioni alternative alla «dittatura dell’elettrico» i governi di Berlino e Roma hanno tenuto sotto scacco l’Europa su un punto centrale.

L’efficienza che non c’è

Ma di cosa effettivamente si stava discutendo? O meglio: davvero biofuels e carburanti sintetici sono un’alternativa industriale praticabile ed efficace per decarbonizzare il trasporto su strada, in linea con gli obiettivi di neutralità climatica europei?.

Biofuels e e-fuels sono vettori che mostrano limiti evidenti sotto diversi punti di vista. Nel corso dell’intero ciclo di vita, ad esempio, i veicoli alimentati con questi carburanti generano maggiori emissioni rispetto ai mezzi elettrici.

I biocarburanti tradizionali, che hanno anche il limite di entrare in competizione con la filiera alimentare, possono rilasciare un quantitativo di gas serra fino a tre volte superiore nel confronto con il diesel fossile.

AP

Per contro, i biocarburanti avanzati o prodotti a partire da rifiuti e residui sono potenzialmente molto meno emissivi, pur rimanendo lontani da un obiettivo di zero emissioni, ma scontano la limitata disponibilità di quantitativi sostenibili delle materie prime da cui dipendono.

Sul fronte delle emissioni gli e-fuels - al momento inesistenti sul mercato - non sono migliori: si stima che al 2030, un veicolo alimentato con questi carburanti genererà, durante il suo ciclo di vita, il 53 per cento di emissioni in più rispetto ai mezzi elettrici (i quali già oggi, rispetto ai veicoli endotermici, conseguono un risparmio di emissioni del 69 per cento in media nell’Ue).

Biocarburanti e combustibili sintetici, inoltre, evidenziano significativi problemi di efficienza, con rendimenti complessivi molto bassi dal processo di produzione fino alla combustione in un motore endotermico.

A parità di chilometraggio, alimentare un’auto a biocarburanti o a e-fuels può implicare un quantitativo di energia fino a cinque volte superiore rispetto a quello richiesto da un veicolo elettrico.

C’è un problema ulteriore: la scarsa disponibilità di questi combustibili, una caratteristica che ne pregiudica un impiego significativo nella decarbonizzazione del settore auto.

I piani di Eni

Oggi l’uso in purezza di biocarburanti avanzati o da rifiuti e residui consentirebbe di alimentare appena il 5 per cento del parco circolante italiano: 1,9 milioni di auto; quota che potrebbe salire al massimo al 20 per cento nel 2030, se Eni arriverà a produrre 5 milioni di tonnellate di HVO, Hydrotreated Vegetable Oil, come da suoi piani industriali.

Con la stessa energia e a parità di distanze percorse, si potrebbero alimentare già oggi 6,9 milioni di auto elettriche: una resa più che tripla. Gli e-fuels, secondo i dati diffusi dai loro stessi produttori, costituiranno appena lo 0,4 per cento dei carburanti disponibili al distributore nel 2030.

La loro incidenza potrebbe salire al 3 per cento nel 2035 e al 16 per cento nel 2040. Gli scarsi volumi disponibili oggi e in futuro impongono di riservare biocombustibili avanzati e carburanti sintetici ai settori cosiddetti hard to abate: ovvero quelli, come l’aviazione e la navigazione di lunga percorrenza, per cui una soluzione elettrica appare lontana o poco praticabile.

Infine andrebbe ricordato che biocarburanti e e-fuels non sono la soluzione al problema della qualità dell’aria, che in questi giorni ha visto la città di Milano arrivare a essere tra le più inquinate al mondo.

Durante la combustione nei motori endotermici, infatti, entrambi i combustibili producono emissioni di particolato (PM) e ossidi di azoto (NOx) del tutto simili, se non superiori, a quelli associati alla benzina fossile.

Cosa ha ottenuto la Germania

Con l’accordo trovato, e la conferma ultima si potrebbe avere con la riunione del Consiglio dei ministri Ue il 28 marzo,  la Commissione avrebbe accettato di consentire l’immatricolazione delle auto alimentate esclusivamente con e-fuels nell’ambito dell’omologazione Euro 6; e di poter conteggiare quindi questi carburanti ai fini dei target di riduzione delle emissioni di CO2.

Finisse così, si sarebbe trattato forse di una tempesta in un bicchier d’acqua. O forse no.

La partita giocata dalla Germania è il sintomo di un grumo residuo di interessi ancora intenzionati a difendere una tecnologia – quella del motore endotermico – che ha più di un secolo e un’efficienza di circa il 30 per cento.

Al netto delle partite squisitamente politiche consumatesi nella coalizione di governo tedesca, questo ci sembra il dato con cui fare i conti.

Un dato fisiologico, per certi versi, di resistenza al cambiamento e all’innovazione; ma preoccupante per le molte battaglie che si dovranno combattere per la difesa del clima.

E l’Italia? Ebbene, oltre alla prova “muscolare” del nostro governo, oltre al successo, se può definirsi tale, di aver fatto pesare il proprio ostracismo in Europa, il nostro paese ha fatto tanto rumore per nulla.

La soluzione dei biofuel semplicemente non è mai stata una soluzione sul tavolo europeo: sono carburanti che non possono essere classificati a emissioni zero, non sono compatibili con gli obiettivi della normativa in discussione.

Con buona pace di chi non si è accorto che, come fa notare Motus-E, già da quest’anno un’auto su cinque prodotta in Italia potrebbe essere elettrica.

Così i paesi più forti e inquinatori manipolano il dibattito sulla crisi climatica

 

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