La passione degli italiani per l’automobile sembra essere intramontabile. Con 41,3 milioni di veicoli, l’Italia è infatti il paese europeo con il maggior numero di vetture per abitante. Eppure, le tengono parcheggiate per il 95% della giornata. Anche se comportano un costo elevato per le famiglie, che nel 2024 hanno speso una media di 334 euro mensili, per un totale di 105 miliardi in un anno. È questa la fotografia scattata da Audimob - Rapporto sulla mobilità degli italiani, lo studio annuale condotto dall’Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti (Isfort).

A zoppicare è invece il trasporto pubblico locale: l’ultimo dato complessivo è del 2023 e attesta una diminuzione di passeggeri del 13 per cento rispetto al pre-Covid. Questo è il deficit strutturale più preoccupante per Isfort, che giudica il Tpl come la spina dorsale di un sistema alternativo all’uso dell’auto.

«C'è un problema legato al sottofinanziamento dei servizi del trasporto pubblico locale: la base del Fondo nazionale trasporti vale circa 5 miliardi e ha avuto solo piccolissimi aggiustamenti che non consentono nemmeno il recupero dell’inflazione, per cui in questi dieci anni sono venuti a mancare fino a 800 milioni in termini reali», spiega a Domani Carlo Carminucci, direttore della ricerca e responsabile dell’Osservatorio Audimob.

Sempre più auto, sempre più vecchie

Realizzato con il supporto scientifico delle associazioni di settore Agens ed Asstra, lo studio rivela come l’automobile rimanga stabile al primo posto nell’uso quotidiano degli italiani. Nel primo semestre del 2025, il 60,8 per cento si è infatti spostato in macchina. Una percentuale soverchiante rispetto a qualsiasi altra modalità di trasporto, soprattutto considerando che solo l’8,9 per cento ha usato un mezzo pubblico. E le auto sono sempre più vecchie e quindi inquinanti: l’età media dei veicoli circolanti è di 12,8 anni, con un quarto delle vetture che ha oltre 20 anni.

Quest’ultima quota è più che raddoppiata negli ultimi 15 anni. Tanto che circa un quarto dei veicoli sono di categoria Euro 3 o inferiore, con punte del 35 per cento nelle regioni meridionali.

La motorizzazione continua, d’altronde, a crescere a rotta di collo: dall’inizio del millennio il numero di auto in circolazione è cresciuto di 10 milioni. Anche se dal 2019 la crisi del settore ha portato a un calo dell’immatricolazione di nuovi veicoli del 18 per cento.

Le debolezze del trasporto pubblico fuori dalle città

Rispetto al primo semestre del 2024 si intravedono però timidi segnali di spostamento verso modalità più sostenibili. L’uso delle autovetture è diminuito di circa il 2 per cento, mentre quello della bicicletta è aumentato dal 4,1 al 5,2 per cento. Complessivamente, il tasso di mobilità sostenibile è così in aumento, 34,7 contro 33,4 per cento.

Ancora troppo poco, secondo Carminucci. «C'è una debolezza dal lato dell'offerta del trasporto pubblico, i servizi non sono sufficientemente diffusi e capillari, non hanno frequenze adeguate e questo è vero soprattutto nelle aree più periferiche, più interne, e in quelle non metropolitane», spiega. Per la maggior parte degli italiani il trasporto pubblico non è quindi competitivo. Generando la situazione paradossale per cui l’uso della bicicletta dei mezzi pubblici è nettamente più diffuso nei comuni dove le famiglie hanno redditi più alti, mentre l’automobile è prevalente nei comuni piccoli e del sud, dove il reddito è inferiore.

Per Isfort, la “povertà dei trasporti” sta quindi emergendo come un problema rilevante. E lo diventerà sempre di più con la necessità di transitare a un sistema di trasporto elettrico per abbattere le emissioni responsabili del cambiamento climatico.

Per questo, l’Istituto propone di adottare un sistema più flessibile, assegnando un “budget di emissioni” personalizzato a ogni singola vettura attraverso una “green box” da installare sui veicoli. «Uno potrebbe avere un'auto anche un po' più inquinante, ma magari la usa poco e adotta un comportamento di guida che permette più risparmi», spiega Carminucci.

La timida scalata di ibrido ed elettrico

Anche per quanto riguarda l’adozione di autovetture più sostenibili ci sono segnali incoraggianti. Agli italiani piacciono in particolar modo le auto ibride, che arrivano al 52 per cento delle immatricolazioni complessive. Ma con 120.000 veicoli, anche i veicoli alimentati completamente o parzialmente a elettricità hanno raggiunto una quota del 10 per cento del mercato nell’anno in corso. Allo stesso tempo, calano del 39 per cento gli acquisti di autovetture a diesel e del 24 per cento a benzina.

Ma il paragone con gli altri paesi europei rimane impietoso: in Italia le auto completamente elettriche hanno rappresentato il 4,2 per cento delle immatricolazioni nel 2024, mentre nel Regno Unito hanno raggiunto il 19,6 per cento, in Francia il 16,9 per cento e in Germania il 13,5 per cento.

Siamo invece primi in Europa per la diffusione di ibride senza la possibilità di ricarica diretta alla rete, che però «sono delle soluzioni più vicine all'endotermico che non all'elettrico», dice Carminucci. Sul totale del parco vetture circolante, parliamo però ancora di briciole: le vetture ibride hanno raggiunto il 7 per cento, mentre le elettriche costituiscono solo lo 0,7 per cento.

«Il full-electric segue l’onda degli incentivi», chiosa Carminucci. «Va sostenuto, va incentivato con le avvertenze, però se un’auto elettrica continua a costare 30mila euro è un problema per le famiglie».

© Riproduzione riservata