Sembra quasi che il nastro si sia inceppato, almeno nei giorni scorsi. Quel nastro che permette alle acque più fredde dell'Alaska di scendere verso Sud, e lambire le coste della California, e ai venti di soffiare da Est verso Ovest, spingendo le tempeste tropicali verso il mare aperto prima che colpiscano la terraferma.

Una situazione climatica che ha permesso, almeno negli ultimi 165 anni, di rimanere sostanzialmente al di fuori delle aree colpite solitamente dagli uragani. Ma durante lo scorso fine settimana questo non è accaduto e per la prima volta il National hurricane center (Nhc) ha emesso l'allarme per la tempesta tropicale Hilary che si stava avvicinando rapidamente alla California meridionale.

Un evento estremo insolito dunque, che si è verificato durante quella che dovrebbe essere la stagione secca per la California. Lo stato americano non è immune da tempeste o alluvioni, ma queste solitamente si registrano durante la stagione invernale: tra dicembre e gennaio ad esempio, si sono verificate numerosi eventi precipitosi intensi che hanno portato in poco più di due settimane a ricevere la pioggia che in media si registra in un anno. Questa volta però è stato diverso.

Secondo la Noaa (National oceanic and atmospheric administration) l'ultimo uragano a colpire il paese è stato Nora, nel 1997, mentre secondo quanto ha riportato il Los Angeles Times, l'ultima tempesta tropicale che si è abbattuta a Long Beach è del 1939, con venti che hanno superato i 100 km/h. Se si va ancora più in là nel tempo, le uniche testimonianze recuperate sono quelle di un uragano che colpì San Diego nel 1858. Insomma, nonostante nei giorni la forza di Hilary sia diminuita e passata da uragano a tempesta tropicale, resta comunque un'anomalia climatica.

Mare caldo e temperature anomale

Un evento meteorologico estremo causato principalmente da due fattori: le acque insolitamente calde dell'oceano Pacifico per questo periodo dell'anno e le temperature elevate, al di sopra della media. Infatti luglio 2023 ha stabilito un record per la più alta anomalia di temperatura della superficie marina (+0,99°C) degli ultimi 174 anni registrati dall'Agenzia americana. Secondo l'analisi del Copernicus climate change service (C3S) anche l’oceano Atlantico settentrionale ha registrato temperature superficiali del mare eccezionalmente calde, con diverse ondate di caldo marino estreme e con molta probabilità legate anche agli effetti già confermati dal El Niño.

Un cambio della circolazione oceanica che potrebbe portare le temperature globali in un “territorio inesplorato” entro la fine del 2023 e nel 2024, come sottolineato dall'Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo). Lo stesso dicasi per le temperature superficiali a livello globale: luglio è stato il più caldo mai registrato con 1,12°C superiori alla media del 20mo secolo. Un insieme di fattori che mostrano tutta la complessità del sistema climatico, ma che sostanzialmente significano una cosa: temperature più alte producono una maggiore quantità di vapore acqueo, che a sua volta può dare vita a tempeste tropicali o addirittura ad uragani laddove la loro rarità è piuttosto nota.

Dagli incendi ai cicloni tropicali

Che poi la California, riflettendo, è conosciuta più come per gli incendi, spesso devastanti che colpiscono il paese, o per la prolungata siccità. Solo per citare alcuni dati, nel 2023, sono andati in fumo circa 100mila ettari, con grandi incendi che pochi giorni prima di Hilary erano ancora attivi nella California del sud, in particolare nella contea del Riverside e nella riserva nazionale del Mojave.

Nulla a che vedere però con l'annus horribilis, ovvero il 2020, quando andarono bruciati oltre 10 milioni di ettari di territorio. Secondo uno studio pubblicato proprio quest’anno su Pnas, che ha utilizzato gli ultimi modelli climatici e di attribuzione degli eventi estremi, quasi tutto l’aumento delle aree incendiate nell’ultimo mezzo secolo è attribuibile al cambiamento climatico di origine antropica.

Gli autori dello studio hanno infatti stabilito che gli incendi in California hanno consumato un’area cinque volte maggiore tra il 1996 e il 2021 rispetto ai 25 anni precedenti, determinando inoltre che nell’intero periodo di 50 anni si è registrato un aumento del 172 per cento dell’area andata in fumo.

Eventi estremi che nascono da situazioni agli antipodi: da una parte alte temperature e prolungate siccità, dall'altra oceani più caldi ed elevata umidità. Tutti estremi che si inseriscono negli scenari climatici delineati negli anni, in un mondo che ha già superato un grado di aumento della temperatura.

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