Liebe Lesende,

La notizia del giorno a Berlino è l'esito delle elezioni in Schleswig Holstein. Il Land all'estremo nord ha deciso di affidarsi di nuovo alla guida di Daniel Günther della Cdu. Günther è un cristianodemocratico della vecchia guardia. Il suo profilo "merkeliano" gli ha garantito un consenso di oltre il 43 per cento. Un successo che gli permette di continuare a guidare la regione che finora governava insieme a liberali e Verdi: anzi, il risultato gli permetterebbe addirittura di fare a meno di uno dei due partner di coalizione.

Ora Günther dovrà decidere, rischiando di lasciare i Verdi prigionieri del proprio successo: Aminata Touré e Monika Heinold hanno portato gli ecologisti a conquistare il 18 per cento dei voti. Troppo pochi per governare, troppi per non essere un partner di coalizione ingombrante.

Non sono invece bastati a AfD per rientrare nel parlamento regionale i voti che ha raccolto: il loro 4,4 per cento lascia gli estremisti fuori dal Landtag. Il leader Tino Chrupalla ha motivato la sconfitta con il fatto che i cittadini del Land sono "relativamente soddisfatti": AfD sarebbe dunque in grado, per ammissione del suo stesso segretario, di mobilitare voti solo quando non c'è benessere.

Si tratta di un risultato storico e di una prima conseguenza tangibile del conflitto ucraino, di cui ha subito le ricadute anche la Linke. Il partito di sinistra, bloccato nelle ultime settimane anche da uno scandalo me too, raccoglie meno del 2 per cento dei consensi. In comune i due estremi dell'arco parlamentare hanno una linea troppo filorussa.

Risultati scarsi, a differenza di quello dei Verdi, per gli altri due partner del governo semaforo: la Spd crolla al 16 per cento, dopo gli ecologisti, mentre i liberali arrivano appena al 6, diventando così il partner ideale del fortissimo governatore della Cdu, uno degli ultimi cristianodemocratici "vecchio stampo", molto lontani dalla linea dura del nuovo leader Friedrich Merz.


La scorsa settimana si è registrato anche un netto miglioramento nei rapporti tra Germania e Ucraina, tesi dopo l'annullamento all'ultimo del viaggio a Kiev del presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier, accusato dal governo ucraino di rapporti troppo amichevoli con la Russia di Putin.

La situazione si è sbloccata con una chiamata tra lo stesso Steinmeier e Volodymyr Zelensky: con l'occasione, il presidente ucraino ha invitato a Kiev il presidente federale e il cancelliere Olaf Scholz. La riappacificazione è stata ampiamente celebrata, soprattutto dal capo della Cdu che si era recato a Kiev solo pochi giorni prima. In un tweet non esita ad autoattribuirsi una parte del merito: «Sono molto grato al presidente Zelensky per aver fatto seguito alla mia richiesta di invitare il presidente della repubblica».

Un'osservazione controversa, che gli ha portato anche molte ironie rispetto a tutti i suoi "meriti": «La ringraziamo anche per l'allunaggio, il rigore di Andi Brehme e i cinque cuccioli di canguro allo zoo di Duisburg» ha commentato per esempio l'account della Spd Renania settentrionale-Westfalia.

Ma resta tensione anche nella società civile. Continua la polemica intorno all'appello di una lunga serie di intellettuali a non inviare armi pesanti e cercare di tornare alla diplomazia. Alice Schwarzer non demorde e dice in un'intervista di essere dispiaciuta del fatto che «Zelensky continui a provocare».

Anche nel popolare talk show della domenica sera nel salotto di Anne Will un confronto tra l'ambasciatore a Berlino Andrij Melnyk e il sociologo Harald Welzer ha causato una controversia: Welzer rimprovera infatti Melnyk, che in precedenza aveva tirato in ballo le esitazioni di Berlino nel conflitto, di non prendere in considerazione a sufficienza i drammi che ha comportato, anche al livello delle singole famiglie, l'esperienza delle guerre mondiali in Germania. Melnyk non esita a rispondere che il professore non si trova di fronte l'ennesimo studente.

A rassicurare una società divisa non è riuscito neanche Scholz stesso, che con un messaggio televisivo per il giorno della Liberazione secondo Christian Bangel della Zeit non è riuscito a spiegare meglio le ragioni della posizione tedesca nel conflitto, soprattutto perché, dopo aver cambiato più volte linea dall'invasione, non può più essere percepito come un politico privo di contraddizioni.


Il segretario generale della Spd Kevin Kühnert ha registrato un podcast per polemizzare contro il fatto che da un anno non riesce a trovare casa a Berlino nonostante uno stipendio da parlamentare. Non gli mancano i soldi, dice Kühnert (un deputato in Germania guadagna intorno ai 10mila euro al mese), ma l'offerta. La storia personale è un gancio per polemizzare sulla difficile situazione abitativa della capitale, dove lo scorso 26 settembre si è votato anche a favore di un referendum sull'esproprio di due giganti della proprietà immobiliare a uso di affitto. Lui stesso aveva annunciato che avrebbe votato "no" alla consultazione del Land Berlino, che attualmente sta valutando la fattibilità legale dell'esproprio.


Nel suo Zdf Magazin Royale, il giornalista e comico Jan Böhmermann ha mostrato come l'influencer Fynn Kliemann ha ingannato i suoi follower sulle mascherine che venduto in pandemia: 2,3 milioni di queste proverrebbero infatti da Bangladesh e Vietnam, invece che dal Portogallo, com'era scritto sulla confezione. L’influencer ne avrebbe donato anche di danneggiate a un centro profughi.

L'accusa pesa, anche perché Kliemann, diventato famoso con video di lavoretti in casa, sul suo sito aveva dato molta importanza al fatto che le mascherine fossero prodotte in maniera equa in Europa.

In un'intervista allo Spiegel, l'influencer cerca di salvare la faccia spiegando che le mascherine erano state messe in commercio senza che ne sapesse la provenienza, ma ammette di aver raccolto il plauso di chi apprezzava il suo intervento in quei tempi difficili.
Kliemann avrebbe anche spedito mascherine difettose a un centro per profughi: anche in quel caso, secondo le sue parole, l'influencer non era consapevole di cosa stavano inviando i suoi soci in affari. Alla fine spiega: «Credo di esser rimasto un po' al mondo di due anni fa. Tutto avveniva in fretta, nulla aveva delle conseguenze. Non è più possibile. Soprattutto devo iniziare a lavorare su me stesso e smettere di far apparire la mia immagine migliore di quanto non sia io».

Vi aspetto la prossima settimana con le vostre idee e spunti per La Deutsche Vita, se siete interessati e volete intervenire, potete scrivere a lisa.digiuseppe@editorialedomani.it.

Grazie e a presto!

Lisa Di Giuseppe

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