Il nuovo leader ha impostato la nuova governance del partito costruendola tutta intorno a sé, ma la scommessa è un grosso rischio: nessuno ha ancora idea di come la corrente del ministro delle Finanze abbia intenzione di rilanciare la Spd
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Abbiamo alle spalle la prima settimana di governo Merz, ed è stata piuttosto intensa. A partire dalla sua elezione in salita al Bundestag, il cancelliere ha subito iniziato a battere le cancellerie che sono partner sensibili per Berlino, in primis ovviamente Parigi e Varsavia.
Tutto un mondo intorno
Il triangolo di Weimar è da sempre una priorità per Merz. L’asse con Parigi è stata il primo elemento dell’impalcatura della politica estera che il nuovo cancelliere vuole mettere in piedi. La chiave di volta è un rapporto solido con Emmanuel Macron: effettivamente la relazione tra i due capi di governo parte già con basi più stabili di quanto non lo fossero quelle del legame con Olaf Scholz, mai decollato del tutto. Per non lasciare niente al caso anche in termini comunicativi, Merz e Macron hanno subito sottoscritto un patto di coordinamento in termini di difesa.
Ma il formato Weimar+ è stato di grande rilievo anche nei giorni successivi. Merz è entrato a pieno titolo nella coalizione dei volenterosi: insieme ai partner e al premier britannico Keir Starmer ha visitato nel corso della settimana Kiev. A fargli da spalla il suo fedelissimo Johann Wadephul, l’uomo che ha ripreso per conto della Cdu il controllo del ministero degli Esteri dopo cinquant’anni. Sui social i due viaggiano con il motto “Aussenpolitik aus einem Guss”, “politica estera fatta con la stessa colata”, a rimarcare il fatto che c’è maggiore coordinamento di quanto non potesse essercene tra Scholz e la sua ministra degli Esteri verde Annalena Baerbock.
Un re senza regno
È di questa mattina la notizia di un’operazione della polizia in diversi Land per sgominare un’organizzazione di Reichsbürger: i cittadini dell’impero sono tutt’altro che un fenomeno nuovo. Già nel 2023 una falange che pianificava un attentato al Bundestag è stata sgominata giusto in tempo, mentre martedì è stato arrestato l’autonominato re di Germania Peter I, già da tempo all’attenzione degli inquirenti per altri crimini bancari e perfino per guida senza patente.
L’uomo aveva dichiarato la sua proprietà estranea alla giurisdizione della repubblica federale da anni, ma alla fine le forze dell’ordine hanno deciso che fosse ora di intervenire.
Continua la Klingbeilizzazione della Spd
Il neoleader, neoministro e neovicecancelliere Lars Klingeil continua a trasformare la Spd in una formazione a sua immagine e somiglianza come ha già fatto con la compagine governativa che la Spd manda nel nuovo esecutivo, provocando per altro un certo scontento nel partito. Stavolta, tocca alla dirigenza di partito. Che la parabola di Saskia Esken, per anni leader del partito insieme a Klingbeil, fosse ormai giunta al termine era ormai nell’aria da tempo: negli ultimi giorni ha fatto sapere di non essere intenzionata a ricandidarsi alla segreteria a giugno. Avrebbe voluto fare la ministra, ma Klingbeil non l’ha voluta in squadra. Al suo posto dovrebbe andare Bärbel Bas, neoministra del Lavoro ed ex presidente del Bundestag nell’ultima legislatura.
È considerata vicina a Klingbeil, ma ha detto di aver ragionato parecchio prima di prendere la decisione di correre. Insieme al segretario generale Tim Klüssendorf dovrà rimettere in piedi un partito in gravissima difficoltà, che a febbraio ha portato a casa il peggior risultato della sua storia.
La ministra si presenta al congresso dopo aver debuttato al governo con alcune proposte fortemente in linea con le priorità del partito, ma non convince l’intera Spd: soprattutto la corrente più a sinistra avrebbe spinto per un’altra candidata, ma a quel punto Klüssendorf avrebbe avuto ben poche possibilità di diventare segretario generale, visto che anche lui appartiene alla minoranza interna. C’è dunque attesa, soprattutto nella sinistra Spd, per il programma di Klingbeil e Bas per rilanciare la socialdemocrazia.
Un addio significativo
Chiudiamo con una notizia triste. Venerdì scorsa è morta a 103 anni Margot Friedländer, una sopravvissuta dell’Olocausto che ha dedicato la sua vita a diffondere il più possibile la cultura del ricordo, un po’ come fa la senatrice Liliana Segre in Italia.
Il suo grande impegno era apprezzato in maniera trasversale (con l’eccezione di AfD, nei cui confronti Friedländer si era espressa a più riprese con grande preoccupazione) e la notizia della sua morte ha provocato molta tristezza.
Per chi parla tedesco, segnaliamo la bellissima lettera d’addio scritta per la Zeit da Thomas de Vachroi, commissario per la povertà della diocesi evangelica Berlino-Brandeburgo-Slesia. I due sono stati amici per anni, de Vachroi in gioventù ha passato diverso tempo nelle carceri della Ddr per aver composto poesie considerate ostili alg governo dalla Stasi: Friedländer, che da ragazza era stata deportata a Theresienstadt, vedeva in questo passato un tratto comune, anche se l’autore non si ritiene all’altezza del paragone. «In tutti questi anni è rimasto un mistero per me da dove recuperassi tutta quella forza. Tornare nel tuo paese a 88 anni, lasciarsi alle spalle una vita vissuta non perché dovessi, ma perché l’hai voluto, genera ammirazione in me. Sarei in grado di avere quella forza? Tornare in un paese in cui sono successe tante cose terribili? Me lo chiedo spesso» scrive de Vachroi. Che si chiede anche qual è il futuro della memoria: «Cosa succede quando non ci sarai più? Non lo so, mi rispondevi. Dipende se le persone hanno accolto il messaggio. Diffondere il messaggio era il tuo motore».
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