Dopo un lungo incontro riservato con Mario Draghi, Giorgia Meloni ha da lui ricevuto la campanella e ha avviato i lavori del suo governo con il primo Consiglio dei ministri. Nella serata di domenica, l’incontro con il presidente francese.

L’incontro Meloni-Macron

Era già previsto che Emmanuel Macron partecipasse nel pomeriggio a «Il grido della pace», l’incontro per il dialogo religioso e culturale, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio; infatti alle 17 ha varcato l’ingresso della Nuvola e, come Sergio Mattarella, è intervenuto. Visto che nel frattempo il governo Meloni si è insediato, era nell’aria anche un incontro con la nuova premier. Verso l’ora di cena di domenica, il presidente francese si è allontanato dall’evento proprio per poter avere uno scambio con Giorgia Meloni.

Il commento del presidente francese dopo l’incontro: «È in quanto europei, paesi confinanti, per l'amicizia dei nostri popoli, che con l'Italia dobbiamo proseguire il lavoro intrapreso. Farcela insieme, con dialogo e ambizione, è ciò che dobbiamo ai giovani e ai nostri popoli. Questo incontro, GiorgiaMeloni, va in questa direzione».

Il «grido della pace»

(Foto Sant'Egidio)

«Non esiste una guerra santa», ha detto Sergio Mattarella. «Non esiste una pace pura, perché la pace richiede sempre di confrontarsi con l’altra parte», ha detto poco dopo Emmanuel Macron.

Ancor prima del pranzo riservato che si terrà lunedì, i due presidenti italiano e francese si sono ritrovati fianco a fianco questa domenica alla Nuvola di Roma, per il «grido per la pace», il momento di dialogo culturale e religioso organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.

«Invocare la pace oggi rischia di sembrare intempestivo, può apparire insopportabile per chi si sta battendo per la libertà e può sentirsi tradito. Ma non dobbiamo lasciarci scippare questa parola dall’aggressore russo», ha detto Macron. «Il popolo ucraino deve poter scegliere la pace, le condizioni, il momento, ma un momento deve esserci. Non esiste una pace pura, né tranquilla: la pace richiede sempre il confronto con l’altro».

L’appello al «coraggio della pace» fatto da Macron, che a Roma va a incontrare anche il pontefice, è stato applauditissimo. Il presidente francese, richiamando anche l’intervento di Mattarella, ha sottolineato il ruolo dell’Europa e i rischi dei nazionalismi.

Il fondatore Andrea Riccardi ha sottolineato che uno spazio per la pace deve esserci: «La realtà è più vasta delle rappresentazioni dei realisti, dei violenti, degli spaventati e degli aggressivi». Anche il presidente della Cei ha messo in guardia contro il senso di impotenza. «Serve l’infaticabile ricorso al negoziato. Sentiamo troppo parlare di riarmo», le parole del cardinale Matteo Zuppi.

Le parole del presidente francese

«Parlare di pace e invocare la pace oggi rischia di sembrare intempestivo, può apparire insopportabile per chi si sta battendo per la libertà, e che può sentirsi tradito. Ma non dobbiamo lasciarci scippare questa parola dall’aggressore russo. Esiste un’idea di pace che rispetti il diritto sovrano, la difesa di sovranità, territori e confini».

«Questa è la guerra portata avanti da un potere che ha costruito la sua narrazione ma non credo sia la guerra della popolazione, russa». Quella ucraina deve poter scegliere la pace, il momento, le condizioni, ma «un momento deve esserci». 

Il presidente francese ricorda, citando l’intervento di Mattarella che lo ha preceduto, il ruolo dell’Europa. Questa guerra cambia le nostre vite.

«Questo senso di solitudine, questa forma di relativismo che si generalizza, nelle nostre società, fanno nascere pure in Europa, il fermento della guerra. Penso ai nazionalismi, che non dobbiamo confondere coi patriottismi, che comprendono il rigetto dell’Altro nelle società, e al sogno delirante di purezza, sia essa etnica o religiosa: vanno combattuti».

Le religioni e i responsabili religiosi hanno un ruolo di resistenza, in questo contesto: hanno il ruolo di non giustificare mai o di non soggiogarsi mai a progetti politici che negano la dignità degli individui, ne manipolano i precetti e possono portare a esiti opposti. La religione ortodossa oggi è manipolata dal potere russo: il dovere è di resistere.

L’universalismo nelle religioni è ciò che ci fa riconoscere la dignità di ogni essere umano, ciò che ci accomuna come esseri umani; ed è dunque l’antidoto al relativismo e alla frammentazione in corso, che porta alla legge del più forte – nella quale l’altro non può che soccombere – o al tribalismo.

«Non può essere riconosciuto come trattato di pace quello che rappresenta un presupposto per generare altra guerra», come scriveva Kant in “Per la pace perpetua”.

La difficoltà della pace e dell’universalismo, la fragilità davanti al discorso bellicoso che vuol far credere che una verità sia più pura dell’altra, la pace è impura profondamente, ontologicamente –  qui Macron viene interrotto da uno scroscio di applausi – perché accetta una serie di squilibri, ma che rendono possibile la convivenza con l’altro.

Abbiamo visto guerre di egemonia ma qui in Europa non abbiamo egemonie. Bisogna riequilibrare il mondo se si vuole costruire la pace. In Europa abbiamo fermato la guerra civile riconoscendo universalismo e rispetto per l’altro.

Ci vuole coraggio per volere la pace, per preservarla, per recuperarla. La pace non è pura né tranquilla, prevede che si accetti la parte dell’altro. 

L’intervento di Mattarella

«Non esiste una guerra santa, deve esistere invece una pace santa, per servire autenticamente l’umanità. Il disordine produce disordine, le guerre sono contagiose».

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto che di fronte a «un presente inquietante e una guerra che insanguina l’Europa» l’impegno di tanti protagonisti, religiosi e non, per costruire ponti di dialogo è meritorio e va sostenuto. «La pace è tale soltanto se porta con sé l’antidoto a nuove guerre, se è sostenibile nel tempo e ampiamente condivisa»: richiede un lavoro paziente. «La pace è un processo, non un momento della storia. Richiede volontà politica». 

«Non si può giungere alla pace esaltando la guerra», dice il presidente applaudito ripetutamente durante il suo intervento; «non si può giungere alla pace se non è corroborata da verità e giustizia». Una pace che «non ignori il diritto a difendersi».

Sergio Mattarella torna spesso sull’Europa: ricorda che nel processo di integrazione che ha dato vita al progetto europeo è prevalsa in passato la cultura della pace. Fa presente che quella della pace è anzitutto una sfida all’Europa e dell’Europa: non può permettersi di cadere preda della precarietà e abdicare al ruolo di garante di pace. 

Il «grido della pace»

Nel suo intervento inaugurale, il fondatore Andrea Riccardi ha ricordato che uno spazio di manovra, uno spazio per la pace, deve esserci: «Non è stretto lo spazio del regno dei cieli. Cari amici, lo spazio è più ampio, la realtà più vasta delle rappresentazioni dei realisti, dei violenti, degli spaventati e degli aggressivi. Con questo spirito possiamo accogliere il grido della pace». Presenti all’evento inaugurale anche il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, il rabbino capo di Francia, Haim Korsia e il segretario generale della Muslim World League, Abdul Karim Al-Issa. 

Il giorno del governo

Mattina intensa per il primo governo Meloni, e per la premier: dopo un lungo incontro riservato, si è concluso il rito del passaggio della campanella dalle mani di Mario Draghi. Segna ufficialmente il trasferimento di consegne al nuovo governo, che ieri ha giurato al Colle.

Poi l’esecutivo Meloni si è riunito per il primo Consiglio dei ministri, durato mezz’ora, nel quale la premier ha invitato la squadra alla «lealtà». Ne seguirà uno più approfondito nei prossimi giorni.

L’arrivo di Meloni, e Draghi

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Giorgia Meloni ha attraversato il picchetto d’onore nel cortile interno. Salendo verso la sala dei galeoni, in cima alle scale, ha trovato ad aspettarla Mario Draghi. 

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«Presidente...», ha detto la neopremier, esprimendo emozione per la parte cerimoniale appena attraversata. Mario Draghi l’ha accolta con uno sbattere di mani e attitudine visibilmente cordiale, dandole il benvenuto. «Grazie – ha risposto Meloni sotto l’occhio delle telecamere – questa sotto è una cosa un po' impattante, emotivamente...». I due sono parsi affiatati.

«Forse non è corretto parlare di complicità, ma quantomeno di buona disposizione», per dirla con Enrico Mentana. Giorgia Meloni e Mario Draghi si sono esposti alla foto di rito nella sala dei galeoni, per poi ritirarsi in un incontro di passaggio di consegne che precede il rito della campanella.

Incontro riservato e nuovo inizio

I due si sono trattenuti nel meeting riservato per un tempo piuttosto lungo: sono rimasti a parlare per un’ora. Nella fase finale del colloquio i due sono stati raggiunti anche dai rispettivi segretari alla presidenza del Consiglio, quello uscente, Roberto Garofoli, e quello che entra in carica ora con il governo Meloni, Alfredo Mantovano.

Poi il ritorno nella sala dove, a portata di fotografi, Giorgia Meloni sorridente ha “scampanellato” l’inizio del suo governo.

Mario Draghi ha lasciato Chigi, attraversando il picchetto d’onore con attitudine sobria e commossa.

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Il Consiglio dei ministri

Dopo la cerimonia della campanella, il nuovo esecutivo si è esercitato con il primo Consiglio dei ministri, cominciato poco dopo le dodici e trenta e durato appena mezz’ora. Verosimilmente ne seguirà uno politicamente più approfondito nei prossimi giorni, in questo primo incontro Meloni ha invitato la squadra alla «lealtà».

In questo primo, rapido cdm, doveva essere sciolta ogni ambiguità sulle deleghe. Sembra una faccenda tecnica, in realtà è iper-politica: c'è la questione dei porti, ovvero dell’attribuzione delle capitanerie che Matteo Salvini rivendica per sé, essendo ministro delle Infrastrutture, pur essendovi una delega al Mare in mano al ministro per il Sud Nello Musumeci. I risvolti politici della questione deleghe sono illustrati nel dettaglio da Stefano Iannacone:

Il messaggio del pontefice

A ridosso dello squillo della campanella da parte della premier, il pontefice concludendo l’Angelus domenicale da piazza San Pietro ha lanciato un messaggio di augurio: «Oggi è l’inizio del nuovo governo. Preghiamo per la pace e l’unità dell’Italia».

Cosa succede ora

«Oggi è il primo giorno, c'è stato il primo cdm. Per quanto riguarda i dossier entreremo nel merito nei prossimi giorni», come ha detto all’uscita dal Consiglio dei ministri Raffaele Fitto, delega agli Affari europei, coesione e Pnrr. «Non è possibile immaginare dichiarazioni che non siano costruite sull’approfondimento dei dossier, che sono molto delicati. C'è stata una gestione ordinata del rapporto col governo uscente, faremo una valutazione su tutto».

Martedì il governo deve incassare la fiducia parlamentare. Si comincia dalla Camera dei deputati. Il dossier energia è tra i primi che la premier deve affrontare, ed è anche un tema sul quale il Partito democratico dice di aspettarla al varco; i dem annunciano battaglia anche sui diritti civili. 

I primi passi di Meloni

Il primo passaggio che Giorgia Meloni ha dovuto gestire, prima ancora delle decisioni di politica interna, è stato con i leader internazionali che da ieri le hanno fatto avere le loro congratulazioni. I contatti con il presidente degli Stati Uniti e coi presidenti delle istituzioni europee – la Commissione, Ursula von der Leyen, il Consiglio europeo, Charles Michel, l’Europarlamento, Roberta Metsola – sono serviti ad avviare un clima di reciproca «cooperazione». E a Meloni, per ribadire l’allineamento alla causa ucraina ed evitare sbavature, particolarmente rischiose quando gli auguri sono arrivati dal premier ungherese.

Macron a Roma

Oggi atterra a Roma il presidente francese, ed è stato invitato dalla Comunità di Sant’Egidio, in occasione dell’incontro internazionale per la pace "Il grido della pace - religioni e culture in dialogo" che si tiene alla Nuvola, nella capitale, alle 17, con la partecipazione anche del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il presidente francese, a Roma anche lunedì, incontrerà il pontefice ed è atteso anche l’incontro con la neopremier Meloni.

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