Immaginate Catania fra dieci anni, che immensa città sarà Catania! Probabilmente la sua faccia sarà ancora più sporca, più insultante, e nelle sue strade si ruberanno cento automobili al giorno. Ma sarà l’unica vera metropoli del Sud
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del “Processo alla Sicilia”, il libro che raccoglie trentacinque inchieste di Pippo Fava, direttore de “I Siciliani”, ucciso con cinque colpi di pistola il 5 gennaio del 1984 a Catania
La verità è che il catanese, questo particolare e inconfondibile uomo del Sud, spavaldo, saccente, egoista, aggressivo, invadente, spesso sporco, spesso imbroglione, ha una qualità umana che lo redime da tutti i suoi più oltraggiosi difetti, e cioè una forsennata capacità di lavoro, una vigoria, una vocazione quasi animalesca per il lavoro. Un catanese immobile o rassegnato vuoi dire che sta per morire o non è un catanese: ci si trova per sbaglio, è una scoria.
A Catania ci sono diecimila disoccupati, ma ci sono cinquantamila persone che hanno uno stipendio da impiegato e però sono anche commercianti, grossisti, agricoltori, artigiani, piccoli industriali, albergatori, geometri, segretari d’azienda o addirittura hanno un altro stipendio. A Catania si fabbrica tutto, si vende tutto, è una città che lavora per mezza Sicilia, e nello stesso tempo spende freneticamente per case nuove, vestiti, spettacoli, automobili.
Quei diecimila disoccupati rovinano le statistiche del comfort catanese, poiché sono davvero miserabili e affamati, abitano tutti nella fascia orribile a Sud della città che dalla parte opposta avanza invece orgogliosa, non si volta nemmeno a guardare quegli sventurati che le sono rimasti alle spalle. In definitiva sono dei vinti anche loro... Ma c’è forse una ragione ancora più profonda e sociale di questa violenza vitale, ed è l’incessante immigrazione che dilata continuamente Catania.
Se analizzate qualsiasi ambiente catanese, un ufficio, una fabbrica, o più semplicemente un grande edificio di abitazione, scoprirete che il settanta per cento dell’elemento umano è composto da immigrati i quali vengono da tutti i paesi e le città dell’interno, e vengono anche da Milano o da Torino.
A differenza di Palermo dove l’immigrazione è fatta esclusivamente di uomini politici che arrivano per conquistare qualcosa, o di piccoli borghesi che si scavano un riparo in una delle tane della burocrazia e rodono la loro parte di denaro pubblico, cioè divorano continuamente reddito senza produrne, a Catania invece i burocrati sono in minima percentuale.
I più arrivano come pionieri per cercare fortuna, per investire il loro denaro, creare una occasione di commercio, aprire una nuova bottega, un cinema, cominciare a fabbricare qualcosa che ancora non si fabbricava e di cui la gente invece comincia irresistibilmente a sentire bisogno, quella miriade di piccole cose che spesso le statistiche industriali non codificano e che però servono alla vita di ogni giorno: caramelle, poltrone, giocattoli, specchi, aranciate, roulotte, antenne, pompe, chiodi. Se anche volete un’automobile da corsa, per poco più di un milione ve ne fabbricano una rossa fiammante, con un profilo aerodinamico da Cobra Ford.
A Catania arriva la gente più inquieta della Sicilia, quindi la più audace, e non sono nemmeno poveri (poiché i poveri vogliono solo e subito un salario e vanno tutti all’estero o a Milano) ma si portano appresso anche il loro denaro, hanno rotto cioè definitivamente con il paese di origine, hanno venduto la casa e il terreno ed oltre al denaro si portano appresso una grande curiosità, un desiderio insaziabile di lavoro nuovo e di nuovi guadagni.
Già al momento in cui essi arrivano rassomigliano perciò alla città che hanno scelto; e probabilmente l’hanno scelta appunto per questo. L’anima di Catania è documentata dalle cifre. Ce n’è una che più d’ogni altra forse spiega l’energia febbrile di questa città, lo studio di una maniera sempre più veloce di produrre e guadagnare.
A Catania si pubblicano in un anno più avvisi economici che in tutte le altre città siciliane messe insieme, questo dimostra la ricerca quasi affannosa di un contatto, di un’intesa fra gente che non si conosce, un dilagare continuo di interessi, di iniziative, offerte, merce che si vende o si vuole comperare, terreni che si trasformano, palazzi che cambiano padrone, auto di cui non si ha più bisogno perché se ne vuole una nuova, un cercarsi continuo e da tutte le parti e per tutte le cose, purché con i soldi alla mano. Sono anelli di una catena.
A Catania hanno le loro sedi le rappresentanze per il Sud, tutte le grandi industrie, le direzioni dei maggiori istituti di assicurazione, tutte le case di produzione e diffusione cinematografiche. Ci sono più cinema che in qualsiasi altra città, e più ristoranti. Il catanese non va a ballare, non gli piace e del resto c’è Taormina a un passo; va invece a mangiare.
Il sabato sera centomila persone cenano fuori casa, ci sono osterie con i camerieri vestiti da cow boy, bettole con le chitarre che suonano accanto al camino, ristoranti per uomini politici, per innamorati, per coppie di adulteri, per operai, per omosessuali; ristoranti sul mare, in montagna, al centro, in periferia. Questo vizio della gola, questo piacere di essere sazi si accorda bene con la natura del catanese, con la sua tipica voracità di ogni cosa. Soldi alla mano!
Bisogna sentirla la voce del catanese come diventa roca e dolce quando pronuncia un numero che rappresenti anche una somma di denaro. «Cinquecentomila!». Quella «c» arrotolata proprio in fondo alla gola, accarezzata, una parola ghiotta che si vuole assaporare per quella che vale.
Alcuni anni or sono decine di ditte catanesi pubblicarono incredibili e vistosi annunci pubblicitari con i quali offrivano televisori, frigoriferi, lavatrici e qualsiasi genere di elettrodomestici a prezzi inferiori a quelli di listino. Pareva una cosa inaudita, ma vendevano davvero così non perchè avessero bisogno di denaro, ma perchè volevano averne quanto più possibile da impiegare subito in altri affari, per comperare subito altra merce.
Alcune grandi industrie di fama mondiale nel campo delle costruzioni elettroniche furono costrette a firmare e diramare un documento ufficiale per protestare contro questa demolizione dei prezzi tipo, che, non solo li stava ridicolizzando, ma addirittura stava provocando una catastrofe a catena nei prezzi degli elettrodomestici in tutti i grandi mercati nazionali. In realtà il catanese mentre fa una cosa, già intende farne un’altra più vasta, in modo da arrivare prima degli altri. Fa il sindaco, ma intanto si organizza per arrivare a senatore; si iscrive ad un partito per diventare però assessore e se non ci diventa si iscrive ad un altro partito; si progetta una strada e già si cominciano a costruire ai margini grotteschi palazzi prima ancora che lo stanziamento per la strada sia arrivato.
Questa grande forza umana che cova continuamente nell’anima della città, e si può chiamare avidità o cinismo, come vogliamo, ma indubbiamente è una forza, questa voracità di potenza, questa continua insoddisfazione civile fa camminare Catania. La quale, in definitiva, merita perciò tutte le cose che possiede e che, in questo accavallarsi di energie, appaiono quasi naturali: gli impianti universitari più moderni ed efficienti del Sud, un vivaio di ingegni artistici, di medici, di scienziati che hanno conquistato fama mondiale, di letterati come Vitaliano Brancati o Verga, di scultori come Emilio Greco; e le opere pubbliche gigantesche cui ha posto mano, che non hanno eguali in tutto il meridione, i miliardi per la bonifica, 70 mila spettatori al Teatro Stabile, la conca agricola più rigogliosa d’Europa, la fattoria Sole che è l’azienda zootecnica modello in tutto il continente.
Immaginate Catania fra dieci anni, quando il corso Sicilia, questa arteria della pubblicità e delle banche, sarà completo dal cuore della città al mare con i suoi grattacieli, e il lungomare sarà gremito tutto di palazzi, alberghi, ristoranti, e la zona industriale con i venti o trenta miliardi di imminente stanziamento avrà esteso la sua area fino alle rive del Simeto, e tutte le autostrade siciliane da Palermo, da Messina e da Gela convertiranno a Cannizzaro, ed i palazzi tracotanti, le ville, le bettole, i camping avranno definitivamente invaso tutta la plaga bassa dell’Etna e la riviera fino ad Acireale.
Che immensa città sarà Catania! Probabilmente la sua faccia sarà ancora più sporca, più insultante, e nelle sue strade si ruberanno cento automobili al giorno. Ma sarà l’unica vera metropoli del Sud. Poiché le cose che determinano il progresso sono purtroppo due soltanto: l’una è una qualità dell’anima civile, cioè la volontà del lavoro; l’altra una volgare necessità collettiva, cioè il denaro o meglio il piacere di averne e di spenderlo. Catania possiede l’una e l’altra.
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