Di fatto è una mezza retromarcia, perché la stretta salta ma solo a metà. Il governo ha corretto la norma sugli affitti brevi presente nella legge di Bilancio: il testo bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato smentisce la prima bozza della manovra e stabilisce che la cedolare secca sul primo immobile a uso turistico resterà al 21 per cento, mentre salirà al 26 per cento solo per chi si affida a intermediari o a portali telematici come Airbnb e Booking. Il tutto con un incasso per lo Stato stimato in poco più di 100 milioni all’anno.

La modifica è arrivata dopo che negli ultimi giorni la norma che innalzava la cedolare secca in modo generalizzato aveva provocato le polemiche delle associazioni dei proprietari di casa. Ma lo schema era stato bocciato anche da Forza Italia e Lega, che pure fanno parte del governo: «È una misura sbagliata e iniqua», aveva detto il portavoce azzurro Raffaele Nevi, mentre per il leader della Lega Matteo Salvini non era «un buon modo di aiutare l’iniziativa privata».

Tutto a posto, quindi, con il passo indietro presente nel testo bollinato? In realtà la correzione inserita mantiene l’incremento in gran parte dei casi. Saranno infatti tantissime le case per cui la cedolare secca salirà al 26 per cento e poche quelle escluse: l’extra tassa che non piaceva neanche al governo che l’ha partorita è praticamente rimasta per chi mette a reddito un immobile per arrotondare. E quasi sempre si affida ad Airbnb o Booking.

E così la nuova formulazione ha finito per scontentare tutti, anche se per motivi diversi. Da una parte Forza Italia, Lega e i proprietari di casa, per cui la tassazione resta comunque troppo alta. Dall’altra parte i sindaci e le associazioni per il diritto alla casa, che vorrebbero tasse più alte per chi affitta ai turisti (indipendentemente dal mezzo), togliendo un possibile tetto a chi ne ha bisogno per vivere.

Pochissimi esclusi

La cedolare al 26 per cento per chi si affida ad Airbnb non piace ai gestori delle strutture destinate ad affitti brevi, per cui sarebbe «una patrimoniale mascherata». Il ragionamento è semplice: «La nuova norma non cambia la sostanza, dato che i contratti di locazione breve sono conclusi tra proprietari e conduttori per il tramite di portali e intermediari online», ha spiegato Marco Celani, presidente di Aigab (Associazione italiana gestori affitti brevi), che ha ricordato come quasi nessuno metta un annuncio su Facebook o conti sul passaparola per affittare casa per un breve periodo.

«Ne deriva una patrimoniale su famiglie colpevolizzate perché possiedono una seconda casa da cui ricavano un reddito integrativo», ha aggiunto Celani. Secondo il centro studi Aigab, si tratterebbe di circa mezzo milione di famiglie che danno forma a un’economia fatta di piccoli proprietari: il 96 per cento delle case promosse online appartiene a privati che spesso affittano per integrare redditi stagnanti o per coprire le spese di immobili ereditati.

Della stessa idea è il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa: «Il caso in cui il proprietario non si avvale di agenti immobiliari o di portali telematici è decisamente raro. Non essendo cambiato quasi nulla rispetto alla bozza, ci aspettiamo che i due vicepremier confermino il loro impegno per eliminare la norma». E in effetti la correzione di oggi ha scontentato gli azzurri: «La tassazione sugli affitti brevi deve restare com’è, lavoreremo in Parlamento perché non vi siano aggravi per chi affitta un solo immobile», ha detto Roberto Rosso, responsabile Casa di Forza Italia.

Emergenza abitativa

D’altra parte, il tema mette insieme interessi contrapposti: quelli legittimi di chi affitta casa, ma anche il vero dramma di chi una casa non ce l’ha. E così la retromarcia del governo, che ha deluso molti perché parziale, ha deluso altri nonostante sia parziale. «L’esecutivo ci aveva fatto ben sperare annunciando un deciso aumento della cedolare secca. Purtroppo poi sono prevalsi interessi di parte», ha detto il direttore della Caritas di Roma Giustino Trincia. «Non si tratta di penalizzare la proprietà privata, ma di regolamentare un mercato che premia i turisti e chi vive di rendita, lasciando altre famiglie senza un tetto sulla testa».

Secondo i dati della Caritas a Roma, in dieci anni la popolazione residente nel centro storico è scesa del 38 per cento, cioè di oltre 20mila persone. E sul web l’offerta di bed and breakfast arriva a 35mila tra case vacanza e miniappartamenti. Motivo per cui molti sindaci, nei giorni scorsi, avevano accolto con favore l’aumento generalizzato della cedolare secca. Anche primi cittadini di centrosinistra, in sintonia con un provvedimento del governo prima che fosse cambiato.

«Non sono contrario e non credo che alzare la cedolare sia un’iniziativa sbagliata», aveva detto il sindaco di Milano Beppe Sala, che da tempo chiede di regolare a livello nazionale questa porzione di mercato, considerata una delle cause dell’emergenza abitativa in città. In modo analogo si era espressa la sindaca di Firenze Sara Funaro, comunque critica con il governo: «Bene Meloni che aumenta le tasse sugli affitti brevi. Peccato che non ci ascolti su una legge per regolare il fenomeno in tutta Italia».

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