L’autorithy ha aperto un’istruttoria contro il gigante californiano che tramite Meta AI apre al «rischio che gli utenti possano restare “bloccati” o funzionalmente dipendenti da Meta AI». La replica: «Diamo agli italiani la possibilità di usare l’Ia in un ambiente fidato»
Abuso di posizione dominante: è questo il capo d’accusa con cui l’Autorità Antitrust ha avviato un’istruttoria nei confronti di Meta con tanto di ispezioni nelle sedi della filiale italiana svolte grazie all’ausilio del nucleo speciale della Guardia di Finanza.
Nel mirino il servizio di intelligenza artificiale pre-installato su WhatsApp dal mese di marzo, ossia il motore di ricerca che campeggia nella parte alta dell’applicazione «senza che gli utenti lo abbiano chiesto» e con «il rischio che gli utenti possano restare “bloccati” o funzionalmente dipendenti da Meta AI», scrive l’Autorità nel provvedimento poiché «il servizio, utilizzando le informazioni fornite nel tempo, sarebbe in grado di dare risposte sempre più utili e rilevanti».
Non solo: l’abbinamento di Meta AI con WhatsApp, secondo l’Antitrust, consentirebbe all’azienda di Marc Zuckerberg di «trainare la propria base utenti nel nuovo mercato (quello dell’intelligenza artificiale, ndr), non attraverso una concorrenza basata sui meriti, ma “imponendo” agli utenti la disponibilità dei due servizi distinti con potenziale pregiudizio dei servizi concorrenti».
I rischi
E peraltro la situazione potrebbe aggravarsi: Meta, evidenzia l’Autorità nel provvedimento, ha recentemente dichiarato di volere aggiungere un ulteriore modello di business inserendo anche sull’app WhatsApp annunci pubblicitari, analogamente a quanto già accade ai principali servizi di social network Facebook e Instagram. E dunque ne deriverebbe un ancor minore margine di azione da parte dei concorrenti.
Anche tenendo conto che in Italia WhatsApp è utilizzata dal 90 per cento degli utenti online (stando alle rilevazioni del rapporto Digital 2025 Italy di We Are Social e Meltwater) - al secondo e terzo posto Messenger (47,7 per cento) e Telegram (47,2 per cento). «Nel caso di specie, si ritiene pertanto che, anche alla luce del suo accesso a significative risorse finanziare e tecnologiche, Meta detenga una posizione dominante nel mercato dei servizi di comunicazione ai consumatori via app sia a livello europeo sia nazionale – scrive l’Autorità nel provvedimento che avvia l’istruttoria – Meta, non solo con il servizio WhatsApp ma anche con Messenger, è di gran lunga l’operatore leader, superando ampiamente il 50 per cento del mercato; in questo contesto, anche il concorrente che segue (Telegram) resta comunque in una posizione significativamente di minor rilievo rispetto a Meta».
La replica
Immediata la replica dell’azienda: «Offrire accesso gratuito alle nostre funzionalità di intelligenza artificiale su WhatsApp dà a milioni di italiani la possibilità di scegliere di usare l'Ia in un ambiente che già conoscono, di cui si fidano e che comprendono. Stiamo collaborando pienamente con l'Autorità italiana garante della concorrenza».
Già a fine aprile il Garante Privacy aveva messo in allerta gli utenti sul funzionamento del sistema di addestramento di Meta all’interno di Facebook e Instagram, sistema che dal mese di maggio usa i contenuti pubblicati dagli utenti per “migliorare” e “personalizzare” – sostiene la società – il funzionamento della piattaforma stessa attraverso i contenuti di post, commenti, didascalie, foto. Funzionalità a cui gli utenti avevano il diritto di opporsi entro fine maggio ai sensi del Gdpr – il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali – esercitabile anche nei confronti di altri sistemi di Ia, come ad esempio quelli di OpenAI, DeepSeek e Google. Chi si è opposto entro i termini ha di fatto sottratto all’addestramento dell’intelligenza artificiale di Meta tutte le informazioni personali; dopo la scadenza di fine maggio è comunque possibile opporsi ma non con effetto retroattivo, nel senso che scatta la protezione solo per i contenuti pubblicati successivamente all’opposizione e non per quelli già online.
Il Garante ha acceso inoltre i riflettori sul rischio che vengano utilizzati indirettamente anche i dati dei minori specificando che «seppur i dati siano sottratti di default al trattamento di Meta per l’addestramento delle proprie intelligenze artificiali non è tuttavia escluso che dati relativi a utenti minorenni possano essere presenti nei contenuti pubblicati da utenti maggiorenni» invitando i genitori a «valutare l’opportunità di esercitare il diritto di opposizione». E peraltro nel calderone possono entrare anche i contenuti riferibili a “non utenti”: si pensi alle foto di persone non iscritte alle piattaforme ma veicolate attraverso i post di utenti iscritti. Di fatto rientra nella partita anche chi non è iscritto ai social della galassia Meta.
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