«Anche agosto ci regalerà numeri davvero soddisfacenti, l’ennesima conferma del momento d’oro che il settore sta vivendo grazie al lavoro instancabile degli operatori e alle politiche mirate del governo». Parlava così pochi giorni fa la ministra del Turismo Daniela Santanchè, celebrando le previsioni per la stagione estiva elaborati da Confcommercio, secondo cui la spesa turistica totale sarà di 17,6 miliardi, due in più rispetto allo scorso anno.

Un ottimismo fuori luogo se si guardano i segnali che vengono dal settore balneare. I video con le spiagge mezze vuote e gli ombrelloni chiusi rilanciati sui social sono lo specchio di una vera crisi, dalla Riviera romagnola alle coste calabre. A lanciare l’allarme sono gli stessi balneari, per cui a luglio presenze e consumi nelle spiagge sono scesi del 15 per cento rispetto a un anno fa, con punte del 25 in Calabria e in Romagna. «La contrazione è dovuta al forte calo dei turisti italiani», dice a Domani Antonio Capacchione, presidente del Sindacato balneari.

Carissima vacanza

Ciò rispecchia un cambiamento di lungo periodo nelle abitudini vacanziere, con la perdita di fascino del “modello balneare” e del periodo di villeggiatura passato sotto l’ombrellone, tra qualche bagno e una partita di beach volley. A guadagnarci sono mete più dinamiche in montagna o all’estero – dalla Croazia all’Albania fino al Montenegro – che a prezzi non superiori promettono un’esperienza più frizzante, oltre che più instagrammabile.

Ma questa è una tendenza in atto da decenni. Più recenti sono le ristrettezze economiche delle famiglie italiane e la crisi definitiva del ceto medio, che dopo aver retto a lungo i consumi interni si trova schiacciata tra salari al palo, inflazione e un costo della vita in costante aumento. Del resto, sulle retribuzioni l’Italia indossa la maglia nera in Europa, con gli stipendi reali che stanno recuperando terreno ma sono ancora del 7,5 per cento più bassi rispetto al 2021.

Tante famiglie hanno quindi ridotto la durata delle vacanze, mentre i nuclei a basso reddito spesso vi rinunciano del tutto: secondo i dati Eurostat, quasi un terzo degli italiani non può permettersi una settimana all’anno lontano da casa (tra i grandi paesi, solo la Spagna fa peggio di noi). E così non stupisce che in molti siano disposti a indebitarsi con le banche. Nei primi cinque mesi dell’anno, le richieste di prestiti per spese legate alle ferie sono cresciute del 5 per cento, per un importo totale erogato di oltre 220 milioni.

Prezzi alti e concorrenza

Oltre a chi non è riuscito a risparmiare per l’aumento generalizzato dei prezzi, c’è chi rinuncerà a viaggi e vacanze per i loro costi ormai insostenibili. A partire dal “caro spiaggia”. Secondo un’indagine di Altroconsumo, che ha passato in rassegna 213 stabilimenti, rispetto al 2024 il costo medio di ombrellone e lettino è cresciuto del 5 per cento, ben oltre il tasso di inflazione. E, rispetto a quattro anni fa, è aumentato del 17 per cento.

Qualche esempio? «Ad Alghero e a Senigallia i listini hanno fatto segnare un +9 per cento, di poco superiore al rialzo di Gallipoli e delle località della costa laziale. Restano invariate solo Alassio e Rimini, ai due estremi del portafoglio: nella prima settimana di agosto, per un ombrellone e due sdraio si devono sborsare oltre 340 euro in Liguria contro i 150 della Romagna», spiega a Domani Alessandro Sessa, direttore delle pubblicazioni di Altroconsumo. A questi vanno aggiunti i costi di consumazioni e servizi accessori (dai gelati al noleggio pedalò), anch’essi in crescita.

«Di fronte a spiagge così care, ci sarebbe da puntare verso la spiaggia libera. Peccato sia difficile trovarla. In alcuni comuni, l’occupazione degli stabilimenti privati è intorno al 90 per cento», aggiunge Sessa. «Alla base dei rincari c’è anche la scarsa concorrenza dovuta alle modalità con cui vengono date le concessioni. E cioè sempre agli stessi. Aprire la strada a nuovi gestori attraverso gare pubbliche porterebbe a servizi di qualità e prezzi più accessibili».

Viaggio, albergo e ristorante

«Il problema è il costo complessivo della vacanza, non certo la tariffa di spiaggia, che ha prezzi ancora abbordabili. I rialzi dipendono dalla necessità per gli operatori di far quadrare i conti. Non dovete criminalizzare i balneari, siamo una categoria sotto attacco», si difende Capacchione, proprietario di un lido nazionalpopolare a Margherita di Savoia. Vero è che quasi un terzo del budget dei turisti è destinato ai pasti, a cui seguono le spese per il pernottamento e per il viaggio. Tutte voci cresciute rispetto all’anno scorso.

I voli per l’Europa sono più cari del 7 per cento, mentre quelli nazionali arrivano anche al +21 per cento a Ferragosto. Gli alloggi sono rincarati del 50 per cento negli ultimi cinque anni, così come i prezzi dei ristoranti. «Sommando il tutto, una settimana di vacanza per due persone costa oltre mille euro», conclude Sessa. In buona parte, si spiega così la crescita della spesa attesa per il 2025 – il dato sbandierato dalla ministra del Turismo – dovuta al peso dei rincari più che a un aumento dei vacanzieri.

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