Stellantis è sempre più lontana da Torino, e l’impatto del suo progressivo abbandono sull’intero sistema industriale del capoluogo piemontese rischia di essere devastante. Tra operai in cassa integrazione da mesi, aziende dell’indotto a rischio fallimento, dati sulla produzione ai minimi storici e discussioni sulla vendita di rami aziendali, la situazione del mondo ex Fiat, che una volta era la grande madre in grado di sfamare una città intera, è ormai arrivata a un punto di non ritorno, e più di tremila lavoratori rischiano di andare a casa.

Mirafiori tra cassa e scioperi

Il simbolo della crisi del sistema Stellantis a Torino non può che essere lo stabilimento di Mirafiori, dove è stata prolungata la cassa integrazione fino al 20 aprile per circa 2200 operai. Si lavorerà su un solo turno, quanto basta per evitare che si spengano i macchinari.

La situazione è insostenibile per i lavoratori, che faranno sentire la loro voce il prossimo 12 aprile, quando i sindacati hanno annunciato una giornata di sciopero, con una manifestazione in città per chiedere ai vertici aziendali di salvare una fabbrica senza ricambio generazionale (l’età media degli operai è 56 anni) e nuove produzioni rischia di abbassare per sempre la saracinesca.

L’unica linea di produzione attiva nello stabilimento è quella della 500 elettrica, le cui vendite però arrancano: in Italia nei primi due mesi del 2024 sono stati venduti meno di 500 esemplari. Con queste cifre l’obiettivo di produrre 200 mila vetture l’anno diventa una chimera.

Le produzioni Maserati si sono già fermate: Ghibli e Quattroporte sono uscite di scena a fine 2023, mentre la Levante andrà fuori produzione a fine mese. A farne le spese sono anche e soprattutto le aziende dell’indotto, che senza commesse rischiano la chiusura.

I guai dell’indotto

È quello che è successo ai lavoratori della Lear, azienda di Grugliasco che produce sedili per auto. Ma se le fabbriche ex Fiat rallentano, il futuro diventa sempre più incerto. Sono oltre 400 i dipendenti in cassa integrazione che ora rischiano il posto. «Finora - spiega Tony Inserra, delegato della Fiom di Torino – gli ammortizzatori sociali hanno tenuto, riuscendo a mantenere in attività il 20% della forza lavoro, ma con la Maserati Levante fuori produzione finiscono le commesse». Il 26 marzo è stato fissato un incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy su questa vertenza, con l’obiettivo di prolungare le misure di protezione almeno fino alla fine del 2024. Altrimenti l’avvio delle procedure di licenziamento sarà inevitabile.

Stesso discorso per lo stabilimento Delgrosso di Nichelino, storica azienda dell’indotto Fiat (attiva dal 1951) che produce filtri per le auto. A inizio marzo la società ha avviato la procedura concorsuale di liquidazione, che comporterebbe il licenziamento di 108 lavoratori.

Alcuni danno la colpa della situazione alla transizione green, che ha reso obsoleti molti dei filtri per le auto, ma per Claudio Siviero, sindacalista della Fiom, le cause vanno cercate nella crisi dell’automotive: «A Torino la 500 elettrica viene prodotta col contagocce. Delgrosso aveva problemi di liquidità da anni, figlia anche di una gestione non ottimale dell’azienda. Con questi volumi produttivi è impossibile continuare».

Nel 2023 infatti la produzione dei filtri Delgrosso è crollata di oltre il 50%, in maniera direttamente proporzionale al calo delle produzioni di Mirafiori. Una crisi che si abbatte sull’intero sistema manifatturiero piemontese, con Unioncamere Piemonte che ha registrato un brusco rallentamento della produzione industriale e un crollo del 10% degli ordini negli ultimi tre mesi del 2023.

I casi Lear e Delgrosso sono solo due simboli di un distretto industriale che cala a picco, con tante altre piccole aziende sull’orlo della chiusura e più di tremila lavoratori a rischio licenziamento, mentre gli investimenti di Stellantis sono rivolti altrove. Negli altri stabilimenti del nostro paese - che pure non se la passano benissimo - sono stati annunciati nuovi modelli, come la Pandina a Pomigliano fino al 2027, mentre a Cassino nei prossimi anni arriveranno le Alfa Romeo Stelvio e Giulia.

Il cuore degli investimenti della multinazionale resta però lontano dal nostro Paese, come dimostra il nuovo piano da 5,6 miliardi di euro in Brasile annunciato dall’ad Carlos Tavares, il più grande nella storia dell’industria automobilistica sudamericana.

A Torino invece tutto tace. I vertici del gruppo smentiscono una possibile chiusura e di recente è circolata l’indiscrezione che il marchio cinese Leapmotor potrebbe iniziare la produzione di modelli elettrici nel 2026. Finora, comunque, nulla di concreto, con la sensazione che il peggio debba ancora arrivare.

Comau in vendita

A dimostrazione del disimpegno di Stellantis da Torino arriva anche la notizia della trattativa per la cessione di Comau, azienda pioniera della robotica industriale, considerato un fiore all’occhiello dell’industria piemontese, con un valore stimato in oltre due miliardi di euro. Ma da tempo si parla della possibilità dell’ingresso di un partner, e si sarebbe fatto avanti un grande produttore cinese.

I lavoratori temono che un nuovo investitore potrebbe spostare la produzione altrove, come già accaduto dopo la cessione di Magneti Marelli ai giapponesi di Calsonic Kansei, con l’avvio della procedura di licenziamento per 230 lavoratori.

Al momento le indiscrezioni accreditano l’ipotesi della vendita di una quota, con Stellantis che manterrebbe il controllo dell’azienda. C’è grande attesa per l’assemblea degli azionisti del prossimo 16 aprile per capire se davvero ci sono novità in arrivo.

Comau ha da poco firmato un’intesa con Leonardo per un progetto di ricerca nel settore aerospaziale. Per questo motivo i sindacati sono pronti a invocare il golden power, chiedendo al governo di proteggere un’azienda dall’importante valore strategico.

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