Matteo Salvini lo aveva promesso entro aprile, è riuscito a portarlo in Consiglio dei ministri il 24 maggio, in tempo per le elezioni europee. Il condono voluto dal ministro delle Infrastrutture è confluito in un decreto legge che il leader della Lega ha presentato a palazzo Chigi e poi in conferenza stampa. Una sanatoria più leggera rispetto a quanto avrebbe voluto Salvini, segno che il pressing degli alleati ha prodotto qualche risultato.

Finora Salvini aveva tenuto per sé la bozza della norma «per sanare le piccole irregolarità dentro le mura domestiche», a cui ha lavorato l’ufficio legislativo del ministero. Una delle armi su cui punta per aumentare i voti della Lega e non farsi superare da Forza Italia. Si spiega così la freddezza del partito di Antonio Tajani: «Se si vogliono sanare solo piccoli abusi c’è già la nostra proposta», aveva detto il vicepremier alludendo al disegno di legge sulla rigenerazione urbana in discussione al Senato.

Anche la presidente Meloni, del resto, aveva accolto con freddezza la mossa di Salvini. La paura, in Fratelli d’Italia, era che il leader della Lega finisse per allargare le maglie del provvedimento e che una norma per sanare lievi irregolarità si trasformasse in un vero e proprio condono. Per questo, prima che l’alleato di governo portasse il piano in Cdm il testo è stato esaminato dal dipartimento affari giuridici e legislativi di palazzo Chigi.

Piccoli abusi sanati

«Il salva-casa non è un condono edilizio, perché non sana chi costruisce la villetta sulla spiaggia o dove non si può costruire. Per quello c’è la ruspa», ha assicurato Salvini ad aprile, nella riunione tecnica davanti a una cinquantina di associazioni. Lo ha ripetuto un mese fa, alla presentazione del suo libro con il generale Vannacci, l’altra carta che il segretario della Lega si gioca in chiave elettorale. E poi, di nuovo, illustrando il Piano casa ai giornalisti.

L’intervento approvato in Cdm riguarda difformità di natura formale, difformità interne e difformità più pesanti, non sanabili per effetto del regime della doppia conformità. Non si parla di immobili del tutto abusivi ma di singoli elementi come muri, soppalchi, finestre e balconi «non presenti nei documenti depositati presso i comuni». La sanatoria, inoltre, riguarda solo anomalie interne alle abitazioni e non tocca le zone sismiche e archeologiche.

Il primo caso è quello più semplice e interessa i problemi formali. «Errori di rappresentazione nel progetto che sono stati corretti al momento dell’esecuzione in cantiere e che creano un disallineamento tra le mappe catastali e la realtà degli edifici», ha spiegato Fabrizio Pistolesi, relatore della proposta di revisione del Testo unico per l’edilizia in discussione al Consiglio superiore dei lavori pubblici. Un esempio è quello di una finestra che, pur presente nel progetto, non è stata poi realizzata.

Il secondo caso riguarda le difformità interne non formali. «Prima del 1977 non si presentavano le planimetrie complete e in fase di costruzione degli immobili alcuni elementi venivano cambiati. Si faceva un bagno in più o si divideva una stanza. Queste modifiche oggi sono irregolari», ha detto Pistolesi al Sole 24 Ore. A ciò si aggiungono i cambiamenti interni stratificati negli anni, come gli spostamenti di tramezzi o l’apertura di porte.

«Utile per vendere casa»

C’è poi il terzo livello, quello delle difformità che potevano essere regolarizzate al momento della costruzione ma che non lo sono più in base al meccanismo della doppia conformità, per cui si possono sanare solo gli elementi conformi alle regole del momento di realizzazione dell’intervento e del momento di richiesta del condono. Cioè interventi sempre legali ma per cui non si erano ottenuti i permessi. Per sistemare «le difformità parziali rispetto ai titoli depositati in comune», con le nuove regole, basta il rispetto di una delle due condizioni.

Un’altra novità riguarda le tolleranze costruttive, cioè quel margine di errore rispetto a quanto dichiarato che le norme rendono legittimo. Fino ad oggi era è pari al 2 per cento, ora è stato aumentato: la tolleranza costruttiva può arrivare al 5 per cento nelle case fino a 100 metri quadri (non all’8, come avrebbe voluto Salvini), al 4 per cento per quelle tra 100 e 300 mq e restare al 2 qualora l’ampiezza superi i 500 mq. Non ci sarà quindi abuso se altezze e superfici sono state ampliate e si è rimasti entro tali limiti.

La ratio, ha spiegato il Mit, è tutelare i piccoli proprietari che aspettano la regolarizzazione della loro posizione e non riescono a ristrutturare o vendere casa. E deflazionare il lavoro degli uffici tecnici comunali. A questo proposito, le norme dicono che l’atto di vendita è nullo solo quando non risultino – per dichiarazione del venditore – gli estremi del Permesso di costruire. Se l’abuso edilizio non è sostanziale, l’edificio è vendibile purché il venditore ne metta a conoscenza chi lo compra.

«È un problema che riguarda la maggior parte delle case e sta bloccando gli uffici. Va regolarizzato: il cittadino paga, il comune incassa e il mercato riparte», ha spiegato Salvini. La sanatoria approvata, quindi, non è gratuita. Si fa pagare il proprietario quanto più si è distanziato dalle regole: maggiore è la conformità e più basso è il prezzo necessario a sanare, da mille fino a 31mila euro. Sul possibile incasso per i comuni le stime del Mit parlano un introito tra gli 8 e i 10 miliardi.

Un numero artefatto

L’annuncio della sanatoria era stato accolto con entusiasmo da Confedilizia e Ance, che hanno lodato il progetto. «Sono misure che condividiamo mirate a garantire più certezze ai proprietari e a facilitare la commercializzazione degli edifici», ha detto Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. Sulla stessa linea l’associazione dei costruttori: «È una legge interessante nel breve termine ma una goccia nel mare rispetto alle soluzioni da trovare nel medio periodo», ha aggiunto Stefano Betti, vicepresidente dell’Ance.

Salvini ha rivendicato anche il supporto di ingegneri e architetti. Proprio il Mit, per giustificare l’operazione, ha citato uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, per cui «quasi l’80 per cento del patrimonio immobiliare italiano è rappresentato da case con piccole o grandi difformità rispetto a quanto registrato dal Catasto». Sarebbe questa la quota di abitazioni interessate dal condono: una percentuale notevole, ma che non ha basi solide.

Come ha notato Il Foglio, non è mai stato eseguito uno studio statistico sulla quantità di case con questo tipo di irregolarità. Nel 2021 il centro studi del Cni aveva fatto un sondaggio tra gli associati che stavano lavorando con il Superbonus, da cui era emerso che il 76 per cento degli edifici aveva piccole difformità. Dall’approssimazione per eccesso di questa cifra arriva l’80 per cento diffuso dal ministero. Il dato, quindi, si riferisce a tre anni fa e a un campione di case scelte per essere ristrutturate (con qualche probabilità in più di avere anomalie).

«Si aiuta l’abusivismo»

Le critiche alla sanatoria hanno invece unito le opposizioni. «Nella gestione delle politiche sulla casa Salvini è disastroso. Serve un piano nazionale per il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, mentre lui approva un condono di cui non si sentiva il bisogno. La chiama “pace edilizia” ma è una promessa elettorale», ha detto Pierfrancesco Majorino, responsabile Casa del Pd. E di «marchetta elettorale» ha parlato anche il segretario della Cgil Maurizio Landini, a conferma di un’affinità che si fa più stretta con il partito di Elly Schlein.

Sul piede di guerra è anche il mondo dell’associazionismo, con Legambiente in testa. «L’abusivismo è una piaga che sfregia il nostro paese e che è tornata a crescere. È questa la vera emergenza. Il condono alimenterà ancor di più il business del mattone illegale – ha denunciato il presidente Stefano Ciafani – Come è avvenuto nell’85, nel ’94 e nel 2003, si è partiti con l’annuncio e subito si sono attivate le betoniere degli abusivi per costruire in tempo ciò che sapevano sarà condonabile».

Il riferimento è ai grandi condoni edilizi degli ultimi decenni, quello del 1985 con il governo Craxi e gli altri due con Berlusconi. In tutti i casi a beneficiarne furono soprattutto i diretti interessati, con le briciole nelle casse pubbliche. Nella sanatoria introdotta dal Craxi I, secondo la Cgia di Mestre, fu incassato solo il 58 per cento del gettito previsto; con il condono del Berlusconi I il 71 per cento e soltanto il 34 per cento con quello successivo.

La norma “salva-Milano”

Il Piano casa si incrocia poi con una storia specifica, che ha alimentato sospetti sulle reali dimensioni del condono. Per alcune settimane è stato un titolo del decreto sulla “pace edilizia”, ma alla fine la norma “salva-grattacieli” è stata rimandata: il provvedimento, pensato per risolvere il problema dei nuovi palazzi di Milano che la procura considera abusivi, dovrebbe essere inserito in fase di conversione del testo.

Le inchieste sono partite un anno fa dagli esposti dei cittadini che hanno visto spuntare palazzi dove prima c’erano cortili. È il caso dell’Hidden Garden sorto in piazza Aspromonte o della Torre Milano di via Stresa, con i suoi 82 metri. L’accusa dei pm, che hanno indagato tecnici comunali e imprenditori, è di aver autorizzato e costruito edifici con una semplice Scia, la certificazione di inizio attività, anziché con il Permesso di costruire. Una prassi che palazzo Marino ritiene legittima e adotta da tempo.

L’indagine ha fermato i progetti attenzionati dai pm e altre decine di cantieri, e il sindaco Beppe Sala si è tutelato con una delibera: per le nuove pratiche ci si atterrà alla linea rigida della procura, mentre per i lavori già conclusi servirà «un chiarimento del legislatore». Su questo Sala ha ricevuto un assist da Salvini, con cui pure non corre buon sangue. La possibile svolta, adesso, può arrivare con un emendamento. Stabilendo regole più chiare, il parlamento ammetterebbe che nella normativa c’era qualche lacuna e metterebbe il comune al riparo dalle azioni dei magistrati.

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