Sette milioni di euro per monitorare come verranno spesi i fondi europei del Recovery fund. Nella lunga lista dei progetti presentati da amministrazioni pubbliche e controllate dello stato per usare i 209 miliardi di euro in arrivo dall’Unione europea, il piano per «creare un sistema informativo per la gestione, il controllo, il monitoraggio dei programmi di investimento pubblico» si candida a essere uno degli investimenti più oculati. Il monitoraggio è stato invocato dal primo ministro Giuseppe Conte anche al Festival dell’economia e appare sempre più necessario. La lista monstre dei progetti compilata da ministeri e apparati dello stato - 587 nell’ultima versione – è stata definita più volte una bozza, destinata a essere rivista e razionalizzata, ma a scorrerla appare un elenco di desiderata che guardano in parte all’interesse generale, ma almeno altrettanto agli interessi particolari di dicasteri e aziende.

Da una parte c’è l’ambizione di creare una Italia ad altissima innovazione tecnologica, ma anche attrezzata sul fronte dell’istruzione, sociale e sanitario, dall’altra la necessità di riparare mancanze di servizi di base, come gli 8,7 miliardi di euro per sistemare finalmente la rete fognaria, una lacuna che ci è costata una lunga serie di procedure di infrazione aperte in sede europea. Ci sono progetti rincorsi per anni, come l’obiettivo di trasformare la rete elettrica in una smart grid, ma ce ne sono diversi presentati solo per approfittare dell’occasione irripetibile di spesa.

Per esempio non c’è corpo delle forze dell’ordine o militare per cui non sia stato proposto il rinnovo green del suo parco veicoli, che si tratti dell’aeronautica o della marina che vorrebbe anche sommergibili maggiormente ecosostenibili. Mentre alla voce ministero dell’Ambiente ci sono 2,5 miliardi da spendere in un solo anno per la creazione di «Foreste urbane resilienti per il benessere dei cittadini» in 14 città metropolitane.

Sotto ministero dell’Agricoltura si legge una richiesta di 1,2 miliardi euro in cinque anni per «l’ammodernamento degli impianti di molitura delle olive», oltre a 120 milioni nello stesso arco di tempo per sostenere gli investimenti a favore delle «produzioni ittiche nazionali più significative» come «tonno rosso, gambero rosso, molluschi, piccoli pelagici, trota».

Dai satelliti ai parcheggi

Il sottosegretario alla presidenza con delega alle politiche spaziali e aerospaziali vorrebbe 1,1 miliardi in cinque anni per dotare Italia e Unione europea di «una costellazione di satelliti ad orbita bassa per monitorare il territorio».

Ci sono progetti faraonici – il ministero dello sviluppo vuole destinare 25 miliardi di euro all’innovazione tecnologica del comparto difesa, a partire dall’acquisto di velivoli made in Usa di ultima generazione – ci sono però anche piccoli obiettivi. Il ministero dell’Interno chiede 17 milioni di euro per la riduzione dei consumi e delle emissioni legate all’attività della polizia di stato: «Si prevede la realizzazione di interventi su 9 edifici della Polizia di Stato.

Per ogni immobile sono previsti interventi specifici, valutati sulla base di una diagnosi energetica, che vanno dall’isolamento delle pareti opache e trasparenti (cappotto termico e sostituzione degli infissi), alla sostituzione dei sistemi impiantistici (generatori di calore, gruppi frigoriferi, apparecchi illuminanti), fino all’installazione di impianti fotovoltaici e solari termici».

Il ministero della Difesa non è da meno: propone un piano di interventi per realizzare «impianti di cogenerazione e integrazione del fotovoltaico» su tetti e fabbricati, inclusi alloggi del personale, aree parcheggi officine e hangar, l’efficientamento energetico «con sistemi di gestione smart» e anche l’illuminazione a led».

Con l’obiettivo della conversione verde ogni struttura può avanzare richieste di spesa. E c’è chi usa allo stesso modo il passaggio allo smart working. Per la transizione alla nuova modalità di lavoro l’agenzia del demanio chiede 2,5 miliardi di euro che, si legge, «ridurrebbero i costi connessi all’uso degli immobili generando meccanismi virtuosi di riduzione dei costi»; ma anche la Sogei, la Società d’informatica del ministero dell’Economia, domanda 55 milioni di euro per «introdurre importanti cambiamenti nelle modalità di lavorare dei dipendenti».

Poste italiane, azienda partecipata al 29,5 per cento dal ministero dell’economia e da Cassa depositi e prestiti, chiede 50 milioni in tre anni per rifarsi la sede: «Il progetto prevede il rinnovo in ottica smart working e green dell’intero edificio Torre dell'Headquarter di Poste Italiane è scritto nella bozza.

Le richieste di Di Maio

Il 27 settembre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio già in tour elettorale in Sicilia per le prossime amministrative diceva: «Questi 209 miliardi di euro li dovremo spendere bene. Vedo che da quando ci son questi soldi in ballo, da quando ci sono più soldi in Italia del piano Marshall per la ricostruzione post Covid, tutti vogliono metterci su le mani». Chissà se pensava a se stesso. Il ministero degli Esteri infatti chiede tredici milioni in tre anni per «la creazione di un sistema domotico per la gestione coordinata di tutti gli impianti del palazzo, (...) in modo da raggiungere la cosiddetta building automation e avere un edificio intelligente». Atri 250 milioni di euro in sei anni saranno impiegati per l’efficientamento energetico e l’automazione delle sedi della Farnesina all’estero. E poi 7 milioni per i laptop e 11,2 milioni di euro per dotare «le postazioni di lavoro di Pc che includono in un unico blocco altre componenti quali webcam, casse audio, microfono al fine di ridurre i costi di acquisizione e di manutenzione delle postazioni di lavoro, migliorare l’ergonomia e ridurre i consumi energetici». Per dare una misura di confronto, lo stesso ministero prevede la spesa di 12 milioni per permettere finalmente il voto elettronico all’estero.

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