Se un leader si misura dal suo impatto, allora l’Europa ha un leader e si chiama Joe Biden. Da quando, ieri, l’ambasciatrice Usa ha rotto lo stallo sulla liberazione dei brevetti dei vaccini alla World Trade Organization, e la Casa Bianca si è detta pronta a negoziare in questa direzione, l’effetto domino si fa sentire in Italia, Francia, Spagna, fino a Bruxelles. Per l’Europa è una inversione di rotta clamorosa: fino a un istante prima, a dispetto delle pressioni di forze politiche e società civile, l’Ue era rimasta rigida nella sua contrarietà.

«Siamo pronti a discutere la proposta statunitense», dice adesso Ursula von der Leyen. Nel suo intervento allo State of the Union di Firenze, battezza come un «successo» la strategia vaccinale europea e poi apre alla discussione sul tema brevetti; apertura che è molto diversa da un’adesione, ovviamente. Domani a Porto i capi di stato e di governo europei inizieranno a discutere il da farsi, ed è possibile che una posizione più esplicita, anche da parte del governo italiano, arrivi il 21 maggio al Global Health Summit che si tiene a Roma. Una inversione così non si fa in un giorno, serve tempo e l’Ue cercherà una soluzione di compromesso.

Certo è che Washington disgela una posizione europea rimasta arroccata da ottobre 2020, quando India e Sudafrica avanzarono per la prima volta la proposta di fare deroghe alla proprietà intellettuale su farmaci e vaccini per l’emergenza pandemica. Dallo scorso autunno, hanno ottenuto un consenso diffuso; ma l’Ue assieme a un pugno di paesi ricchi ha tenuto in ostaggio il piano e nel frattempo ha proposto che la direttrice della Wto dialogasse con Big Pharma; mosse che hanno esasperato la contrapposizione, l’India ha accusato l’occidente di «tattiche dilatorie» e iniziative non consensuali. Ora Biden rompe lo stallo, è pronto a negoziare con il sud globale sulla liberazione dei brevetti dei vaccini; la mossa di per sé non è sufficiente ma è un primo passo cruciale, innescato dall’emergenza sanitaria in India e dalle pressioni dell’ala progressista.

Macron, Merkel, Draghi

«Sono assolutamente favorevole a una deroga alla proprietà intellettuale»: parole di Emmanuel Macron, presidente francese, pronunciate a poche ore di distanza dalla mossa statunitense. Solo un paio di settimane fa, l’Eliseo si era detto scettico. Anche il governo spagnolo si allinea esplicitamente a Washington. In Italia, la Camera aveva già approvato una mozione per impegnare il governo Draghi a chiedere la deroga sui brevetti, ma nessuna posizione esplicita era mai stata presa. Poi però ha parlato la Casa Bianca: ne è seguito un florilegio di dichiarazioni. Magicamente, le obiezioni tecniche, le contrarietà politiche, si sono sciolte.

Anche i ministri hanno cominciato a dichiarare: Luigi Di Maio, Farnesina, ha fatto sapere che «l’annuncio di Biden è importante, l’Italia c’è, l’Europa non perda l’occasione». È un ministro, esprime dunque la posizione del governo Draghi? «Tanti esponenti del governo sono di sicuro sulla stessa linea, Speranza, Amendola...» risponde lo staff di Di Maio. E Draghi? Alle 16 arriva una sua dichiarazione: «I vaccini sono un bene comune, globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali». Nulla che non sia già stato detto in passato dalla Commissione, che pure era contraria alla liberazione dei brevetti: poche parole, per niente esplicite riguardo alla linea Biden. Linea che del resto ha una contraria di peso, in Europa: Angela Merkel. Oggi ha fatto sapere di opporsi al piano della Casa Bianca.

Lo choc di Bruxelles

Dopo le parole di Biden, l’Europarlamento raddoppia le pressioni su Bruxelles. La sinistra europea si batte da sempre per liberare i brevetti, i verdi pure, i socialdemocratici ora sono compatti sul tema e Tiemo Wolken promuove una ulteriore lettera alla Commissione; Renew si sta convincendo a sostenere questa ipotesi, pure i leghisti dopo l’uscita della Casa Bianca dicono: «siamo a favore». L’osso duro è Berlino e i popolari europei. Biden costringe a ogni modo l’Europa a discutere; e sorprende Bruxelles del tutto impreparata a un cambio di posizione.

Per la Commissione non sarà affatto facile: finora si è spalmata sulle posizioni di Big Pharma, a difesa totale della proprietà intellettuale. Von der Leyen ha sempre elogiato i «miracoli» di Pfizer e parla in conferenze stampa dove il ceo dell’azienda è al suo fianco, pari grado e pari leggio. L’analisi del Corporate Europe Observatory rivela che non solo Bruxelles ha fatto sue le posizioni delle aziende, ma ascolta quasi solo loro: mentre Medici senza frontiere chiedeva invano un incontro, in un anno le aziende farmaceutiche ne hanno ottenuti 44, le associazioni del farmaco 117.

 

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