Viviamo in una fase complessa, fluida, attraversata da aperture e chiusure. La pandemia prima, la guerra dopo hanno alimentato nel paese una spirale dell’interregno (per dirla con Antonio Gramsci) del non più e non ancora.

Derive e approdi sono i due poli dell’oscillare randomico della società, in una nazione dalle fondamenta fragili, segnata da un tasso di sfiducia che aleggia al 65 per cento. Il ceto medio non mostra segni di ripresa dirompenti e l’ascensore sociale è, per i più, imbullonato al piano terra. Il ceto medio è risalito rispetto a fine 2020 dal 31 al 37 per cento; i ceti popolari dal 17 al 22 per cento, mentre si è assottigliato il ceto medio-basso (chi vive senza lussi e ha perso ruolo e potere di acquisto): dal 52 al 41 per cento.

La società è spaccata in due tra esclusi (53 per cento) e inclusi, mentre le disuguaglianze sociali, aiutate dalla crescita inflattiva, possono mietere nuovi traguardi (il 52 per cento delle famiglie prevede un calo del reddito nel 2022). Le tensioni sociali, le forme di insubordinazione non mancano di ardere sotto la cenere, ma il paese è attraversato anche da segnali positivi.

La spinta al cambiamento, la ricerca di nuovi legami, la voglia di ripartire è forte. Il 71 per cento delle persone è disposto a impegnarsi per imboccare una strada nuova e il 49 per cento si sente grintoso per il futuro. È quanto emerge dall’analisi annuale che Ipsos svolge sull’Italia, attraverso il suo volume Flair 2022 (scaricabile gratuitamente dal sito www.ipsos.com).

I danni collaterali del Covid, non sono ferite di passaggio. Le persone stanno vivendo sulla loro pelle un peggioramento complessivo del senso di benessere: stanchezza, sovrappeso, insonnia, stress e ansia sono fattori che circolano ampiamente e il 54 per cento sta ripensando le priorità della propria vita. Tra gli effetti perniciosi del Covid c’è anche l’esacerbarsi degli istinti sopraffazionali e delle forme di violenza sulle persone (specie sulle donne).

Nuovi approdi

Nuovi approdi, tuttavia, emergono dalla società, come le spinte verso un romanticismo ambientalista, il risveglio del mutualismo (70 per cento auspica più cooperazione e il 61 per cento più imprese mutualistiche nel mercato), l’attenzione agli sprechi, il contrasto dell’hate speech e la rivincita della solidarietà. Gli snodi che deve affrontare il paese sono molteplici. La sfida dell’eco-evolution ha molte tinte e opportunità, ma cresce la tendenza a ritenere la sostenibilità un dovere delle imprese, senza scaricare i costi sul consumatore.

La voglia di comunità veste i panni del confronto tra immunitas e communitas, con tanto di supporto di nostalgici pastiche. Le disuguaglianze di genere non mancano di essere sempre attive, mentre la Generazione Z mostra lentamente i suoi volti tra disimpegno e voglia di cambiare il mondo.

Le periferie, come il sud, sono in attesa di una nuova stagione, ricordando a tutti che senza affrontare questi due snodi non ci può essere vera ripresa. Il tema della denatalità morde il freno, così come la sfida della de-precarizzazione lavorativa resta una delle chiavi di volta della trasformazione della qualità della vita nel paese, senza dimenticare il problema della scuola e della sfida per un nuovo modello di sapere.

L’Italia si cerca migliore. Vuole essere migliore. La fase di transizione non ha alcuna via d’uscita preordinata. L’uscita dall’interregno è una strada irta di ostacoli, che passa attraverso i tornanti di scelte che affrontano le tensioni sociali e gli snodi; che provano a ridurre le disuguaglianze, aumentando i tassi di equità, opportunità, armonia e comunanza.

Ancorarsi allo spirito costruttivo che aleggia nel paese non vuol dire disconoscere i problemi e le paure che attanagliano le persone, vuol dire affrontare il domani con coraggio fondativo, mettendo in piedi un nuovo contratto sociale (per dirla alla Rousseau) in grado di rimettere in moto l’ascensore e l’equità sociale e non solo il Pil; frenando la precarizzazione, i bassi salari, le disuguaglianze di genere e generazionali; mettendo al centro della crescita l’idea di uno sviluppo includente e green, consapevoli, come diceva il filosofo francese Edgar Morin, che «una società può progredire in complessità solo se progredisce in solidarietà».

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