Sono almeno dieci le visioni della pace presenti tra gli italiani, ma al primo posto c’è una concezione dialogica e educativa (proposta dal 22,7 per cento), che pone l’enfasi su comprensione reciproca, educazione e promozione dei diritti umani
Quella voglia di pace mentre nel mondo crescono le fibrillazioni belliche. Dalla fine del secondo conflitto mondiale a oggi la pace non ha mai vinto e la guerra non ha mai smesso di mietere vittime e produrre guadagni. La contabilità delle contese militari dal 1946 a oggi non è omogenea, ma più o meno, si sono verificati circa 300 conflitti. Solo nel 2024 sono attivi 56 conflitti, il numero più alto registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale, secondo l’Institute for Economics & Peace (giugno 2024).
Governi e mondo economico stanno affilando le armi e solo pochi mesi fa il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che la Francia è «entrata in un’economia di guerra».
Quella speranza di pace, quel «non c’è una strada per la pace. La pace è la strada» di gandhiana memoria alberga sempre meno nelle vie del mondo e nelle cancellerie dei governi. Ma qual è l’idea di pace che hanno gli italiani? Le visioni sono molteplici, ma unite dall’idea di un modello di pace costruttivo e inclusivo. Una recente ricerca (novembre 2024) porta alla luce la molteplicità di visioni di pace che albergano nel paese, rendendo possibile redigere una classifica delle diverse pulsioni, spinte e controspinte.
Al primo posto c’è una concezione della pace dialogica e educativa (proposta dal 22,7 per cento), che pone l’enfasi su dialogo, comprensione reciproca, educazione e promozione dei diritti umani. Al secondo posto troviamo una visione processuale e intimista (14,2 per cento) che parla di pace in termini processo individuale (“la pace inizia dentro di noi”) e sviluppa un approccio simile a quello propugnato dal filosofo Spinoza: la pace intesa come una virtù, uno stato mentale, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia.
Al terzo posto si colloca una visione scettica (13,9 per cento): quanti considerano la pace un’utopia, un ideale bello ma irrealizzabile perché «il conflitto è lo stato naturale delle relazioni umane». Di peso quasi simile, ma di predisposizione opposta, è la visione egualitaria (12,1 per cento). Questo segmento ritiene la pace possibile, ma la sua realizzazione è sottomessa all’eliminazione delle disuguaglianze economiche e sociali («la vera pace può esistere solo in una società completamente egualitaria»).
Le prospettive
Queste sono le quattro principali visioni della pace presenti nel paese che complessivamente coinvolgono il 62,9 per cento degli italiani. Lungo lo stivale abbiamo anche altre opinioni seppur minoritarie. Ci sono quanti propugnano una visione pragmatica e quanti hanno un’idea isolazionista (entrambe al 9,4 per cento). La visione pragmatica enfatizza la necessità di cambiamenti strutturali come disarmo e governo mondiale («La pace richiede l’eliminazione di tutte le armi nucleari» e «un governo mondiale unificato»); mentre gli isolazionisti agognano che ogni nazione pensi a sé stessa senza mirare ad altro.
Percentualmente simile è la quota di italiani (8,5) propugna una concezione ecologica e naturale della pace, frutto di uno stile di vita semplice e in armonia con la natura. Non mancano i fautori di una visione autoritario-militarista (4).
Un nugolo di persone per i quali la strada per la pace è lastricata dalla deterrenza militare e, se necessario, anche dal sacrificio di alcune libertà individuali. Infine, le ultime due visioni: economicista (3,9) che collega la pace alla prosperità economica o al libero mercato («La pace è un lusso che solo le nazioni ricche possono permettersi»); anti-imperialista (1,9 per cento), che ritiene la pace un prodotto culturalmente specifico, un concetto occidentale imposto al resto del mondo.
La spaccatura
Se la molteplicità di visioni non toglie nulla al netto e maggioritario spirito pacifista italiano, l’opinione pubblica appare spaccata in due sulla reale possibilità di addivenire oggi a una pace reale e globale: il 50 per cento possibilista, mentre il 45 scettico (il resto non sa). La maggioranza del paese concorda, invece, su cosa sia necessario per la pace: più rispetto dei diritti umani (33); dialogo interculturale (19) e cooperazione economica tra i popoli e le nazioni (17); disarmo nucleare (13) e sviluppo sostenibile (7).
Mentre i governi scaldano i motori e il mondo economico pensa ai “vantaggi” dell’economia di guerra, la maggioranza degli italiani è orientata, nella pluralità delle visioni, verso un futuro senza armi, guerre, vinti e vincitori. Una visione della pace, come direbbe la filosofa statunitense Martha Nussbaum, che «richiede non solo l’assenza di violenza, ma anche la presenza di giustizia e opportunità per lo sviluppo umano».
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