Il governo Meloni fa cose di destra che fanno esplodere la disuguaglianza, ma se ne vergogna e cerca di coprire le tracce. Lo si vede nella Relazione sugli indicatori di benessere equo e sostenibile firmata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e appena pubblicata.

Il documento dovrebbe misurare l’impatto della politica economica sul variabili diverse dal Pil, per catturare l’impatto, appunto, sul benessere, come fa anche l’Istat. Una rivoluzione culturale iniziata una decina di anni fa da Enrico Giovannini, allora presidente dell’Istat, e che il governo Meloni snatura.

Perché la relazione sul Benessere viene ora usata per nascondere il fatto che le scelte dell’esecutivo fanno aumentare la disuguaglianza e peggiorano la situazione dei più poveri mentre trasferiscono risorse ai più ricchi. Risultati coerenti con il programma elettorale del centrodestra, ma il governo pare quasi vergognarsi degli effetti. 

Guardiamo l’Indice di disuguaglianza del reddito netto, che misura «quante volte il reddito totale posseduto dal 20 per cento della popolazione con il più alto reddito è superiore al reddito totale posseduto dal 20 per cento della popolazione con il più basso reddito».

La pandemia ha fatto aumentare questo Indice da 5,7 del 2019 a 5,9 nel 2020 a 6,1 nel 2021, le riforme del governo Draghi, a cominciare dall’assegno unico universale per i figli calibrato sull’Isee, lo hanno portato a 5,8, con un drastico calo di 0,3.

Poi arriva il governo Meloni e la disuguaglianza torna a crescere a 5,9 e rimane stabile allo stesso livello nel 2024 e 2025, dice il documento del Tesoro.

Quindi Giorgia Meloni per i poveri italiani è una iattura che vale mezzo Covid. O forse di più, perché quel numero è manipolato in modo da nascondere il vero impatto delle scelte della destra al potere.

Misure di destra

Flat tax incrementale e regime forfettario per le partite Iva fino a 85.000 euro «esercitano i loro effetti prevalentemente nella parte alta della distribuzione, come osservato da un modesto aumento del reddito disponibile del quinto più ricco della popolazione», si legge nella relazione del ministero.

Mentre il taglio del reddito di cittadinanza colpisce il quinto più povero, con una prima riduzione nel 2023 che vale circa un miliardo e poi con la promessa abolizione nel 2024.

 E allora ecco il trucco analitico nella relazione: per il 2024 il ministero compie le sue analisi nell’ipotesi che il reddito voluto dai Cinque stelle venga sostituito da «nuove e più mirate misure di contrasto alla povertà, si è ipotizzato un impiego di risorse pari a quelle assorbite nel precedente anno dal RdC che sarebbero destinate a una platea assimilabile a quella degli attuali fruitori».

Cioè che si abolisca il reddito di cittadinanza per sostituirlo con un altro sussidio che costa uguale e che va alle stesse persone.

Ipotesi ovviamente non plausibile, almeno stando alle promesse della premier Meloni, ma che serve al ministero di Giorgetti per evitare che nella relazione sul Benessere equo e sostenibile si veda una esplosione della disuguaglianza nel 2024.

E infatti il documento ipotizza anche che l’indicatore dei poveri assoluti rimanga al livello del 2022, altra cosa non credibile se si interviene sul reddito di cittadinanza.

Tra 2018 e 2019 l’indicatore della disuguaglianza è sceso di 0,3 grazie all’introduzione del reddito di cittadinanza (nel 2019 per nove mesi), quindi una vera abolizione del sussidio farebbe realisticamente salire la disuguaglianza nel 2024 di almeno altrettanto, portandola da 5,9 a 6,2, un ritorno indietro di dieci anni.

In molti punti della relazione si fa riferimento al fatto che l’analisi, basata su modelli che considerano i redditi, non tiene conto delle misure intervenute sul fronte dei consumi per affrontare il caro energia.

Una precisazione che sembra quasi lasciar intendere che eventuali problemi sono dovuti all’esaurirsi di quelle misure volute dal governo Draghi.

Ma poiché quegli interventi – come ha stimato l’Ufficio parlamentare di bilancio – sono andati a beneficio soprattutto dei più poveri, se venissero inclusi nell’analisi renderebbero ancora più evidente l’esplosione della disuguaglianza con le politiche adottate dal governo Meloni.

© Riproduzione riservata