«L’Aia è stata approvata, lo stabilimento di Taranto è salvo, la siderurgia italiana è salva». Con queste parole, pronunciate dal palco del congresso della Cisl, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha annunciato il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia (Adi). Un passo cruciale per garantire la continuità produttiva del polo siderurgico di Taranto, ma anche l’inizio di una nuova fase di scontro tra governo, enti locali e associazioni ambientaliste. Mentre si prepara una nuova gara per la vendita e si rinvia l’accordo di programma al 31 luglio, il futuro di Taranto resta sospeso tra occupazione, decarbonizzazione e salute pubblica.

Un passo avanti, non senza polemiche

L’approvazione dell’Aia, avvenuta giovedì 17 luglio durante la Conferenza dei servizi al ministero dell’Ambiente, segna una svolta per il destino dell’ex Ilva. L’autorizzazione, che regola le emissioni e gli impatti ambientali dello stabilimento, fissa un limite produttivo di 6 milioni di tonnellate annue per i prossimi 12 anni e include 470 prescrizioni, recependo le indicazioni dell’Istituto superiore di Sanità.

Tuttavia, l’Aia è temporanea e sarà rivista da agosto in base all’accordo di programma interistituzionale. Alcune prescrizioni manterranno i valori attuali per sei mesi, in attesa di ulteriori dati, un compromesso che ha già scatenato critiche.

Il ministro Urso ha salutato l’Aia come una «salvezza» per Taranto e l’industria siderurgica italiana, sottolineando che senza questa autorizzazione lo stabilimento rischiava la chiusura, con gravi conseguenze per gli 8.200 lavoratori diretti e i 6.000 dell’indotto. Tuttavia Angelo Bonelli, leader dei Verdi, ha attaccato duramente l’Aia, definendola «una licenza di Stato a inquinare». Bonelli ha criticato l’uso del carbone per altri 12 anni, in contrasto con la direttiva Ue sulle emissioni industriali, e ha accusato il governo di sottostimare i rischi sanitari. Anche il senatore del M5s Mario Turco ha definito l’Aia una «condanna» per Taranto, accusando il governo di autorizzare un modello industriale «fallimentare, antieconomico e ambientalmente insostenibile».

Accordo di programma e nuova gara

L’Aia arriva dopo una settimana cruciale, segnata dalla riunione di martedì 15 luglio al ministero delle Imprese, dove si è tentato di definire l’accordo di programma interistituzionale tra governo, Regione Puglia e Comune di Taranto. L’incontro si è chiuso senza un’intesa, con la decisione rinviata al 31 luglio e l’istituzione di una commissione tecnica per valutare il piano di decarbonizzazione.

Al centro delle divergenze c’è soprattutto la proposta di una nave rigassificatrice a Taranto, necessaria per alimentare i nuovi forni elettrici e gli impianti di preridotto (Dri). Il sindaco Piero Bitetti, supportato dal governatore Michele Emiliano, ha chiesto più tempo per coinvolgere il consiglio comunale, opponendosi al rigassificatore per timori ambientali.

Intanto il governo si prepara a lanciare una nuova gara per la vendita di Adi, con apertura dei termini il 1° agosto. La decisione, annunciata da Urso, supera la trattativa esclusiva con gli azeri di Baku Steel, che aveva condizionato la sua offerta alla presenza del rigassificatore e che alla luce degli ultimi fatti sembra deragliata, riaprendo il campo a nuovi possibili offerenti.

I prossimi passi

La nuova data chiave per l’accordo di programma è quella del 31 luglio, con la commissione tecnica chiamata a sciogliere il nodo del rigassificatore. La nuova gara di agosto definirà il futuro proprietario di Adi, con l’obiettivo di garantire investimenti e occupazione. I sindacati, preoccupati per la cassa integrazione e i potenziali esuberi, chiedono garanzie occupazionali e un maggior coinvolgimento dello Stato nella governance, mentre le istituzioni locali spingono per compensazioni e una transizione che non sacrifichi la salute pubblica.
L’Aia salva quindi l’ex Ilva dalla chiusura immediata, ma non risolve i problemi di fondo che accompagnano lo stabilimento ormai da più di un decennio. Il governo punta a un polo siderurgico “green” tra i più avanzati d’Europa, come dichiarato dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin.

Ma le critiche delle associazioni ambientaliste e dei partiti di opposizione, unite alle incertezze economiche e al malcontento del territorio, rendono il percorso pieno di ostacoli. La sfida che riguarda Taranto è infatti assai ardua e non si limita ai confini della città: si tratta di raccogliere un’eredità industriale travagliata e trasformarla in un modello di sviluppo sostenibile.

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