Non saranno il gas libico o quello azero a renderci sicuri e meno dipendenti dall’estero, e neanche possiamo sperare che le bollette energetiche si andranno a ridurre con i nuovi rigassificatori pensati per accogliere quello americano o qatariota.

Per problemi complessi non esistono soluzioni immediate, e proprio per questo dovremmo preoccuparci del fatto che siamo l’unico paese in Europa che non ha ancora tirato fuori una strategia per guardare oltre l’emergenza, accelerando dunque la spinta sulle rinnovabili – dove siamo ancora alle promesse - e sull’efficienza energetica.

È incredibile come il tema della riduzione dei consumi non entri nell’agenda di governo perfino in una fase come questa e quanto siano sottovalutate le potenzialità di riduzione dei consumi negli edifici, che pure valgono 32 miliardi di metri cubi ogni anno, ossia più di quello che importiamo dalla Russia.

Ma quanto possiamo ottenere in questo campo con politiche che spingano le tecnologie di cui oggi disponiamo? A rispondere a questa domanda è uno studio appena pubblicato, di Elemens per Legambiente e Kyoto club, che stima il potenziale in 12 miliardi di metri cubi, di cui oltre 5,4 che si possono ottenere in pochi anni semplicemente smettendola di finanziare caldaie a gas e verificando che gli incentivi per le riqualificazioni siano indirizzati a produrre veri risparmi per le famiglie.

Il paradosso è evidente nei dati e nei grafici: mentre ci disperiamo per la dipendenza dall’estero per il gas, siamo l’unico Paese al mondo che regala caldaie con il superbonus del 110 per cento a fronte di una spesa che nel 2021 è stata di oltre un miliardo di euro e prevista in crescita il prossimo anno.

Le caldaie

Mentre la Francia ha appena approvato un programma per sostituire caldaie a gas con pompe di calore noi continuiamo a viaggiare al ritmo di 130mila caldaie ogni anno finanziate con soldi pubblici. Dobbiamo capire che è finita per sempre l’epoca del metano che ci dà una mano, siamo in un altro secolo dove dobbiamo ridurre consumi e dipendenza, per interessi economici nazionali e di impatto della crisi climatica.

Ma anche rispetto alle riqualificazioni edilizie siamo all’assurdo, Enea certifica che nel 2020 a fronte di 27 miliardi di euro di detrazioni fiscali la riduzione nei consumi di gas è stata di appena 0,3 miliardi di metri cubi.

Possibile che non ci rendiamo conto che è uno spreco enorme a danno in particolare delle famiglie, che da questi interventi vedono limitatissime riduzioni delle bollette? Eppure, la strada da intraprendere oramai è chiara grazie alle innovazioni tecnologiche di cui disponiamo e fissata nella strategia europea Renovation wave, che punta ad accelerare la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio.

Lo studio di Elemens mette in evidenza come puntando su incentivi che premino chi più riduce i consumi, chi sostituisce caldaie a gas con pompe di calore e l’installazione di fonti rinnovabili si può ridurre le bollette negli edifici anche oltre l’80 per cento. Con risultati che potrebbero arrivare molto prima dei nuovi tubi e rigassificatori su cui tanto si sta impegnando il governo e producendo effetti strutturali che si possono allargare all’edilizia pubblica e alle imprese private.

Una nuova economia

È arrivato il momento di prendere sul serio la sfida dell’uscita dal gas, che fino a oggi sembrava impossibile, e di farne il volano per una nuova politica industriale ed economica. Occorrono scelte chiare come quelle che stanno prendendo altri Paesi, come quella di vietare l’allaccio al gas nelle nuove costruzioni e nel giro di qualche anno anche nelle ristrutturazioni integrali.

Il mercato è già pronto, perché le alternative a emissioni zero sono competitive e costano meno, dobbiamo solo decidere di eliminare gli sconti sul consumo di gas che ancora esistono attraverso accise e iva agevolate. Invece delle polemiche populiste sui sussidi alle fossili dobbiamo occuparci davvero di chi fatica a pagare la rate del riscaldamento, di quei quattro milioni di famiglie a rischio di povertà energetica nel nostro paese.

Oggi possiamo farlo in modo nuovo e più efficace ma dobbiamo cogliere le opportunità che si sono aperte con la crisi del gas e scommettere sulla transizione energetica. Ci sarà sicuramente bisogno di approfondire questi scenari e discuterne pubblicamente, senza eludere i problemi, ma con la consapevolezza che è l’unica strada percorribile e da queste scelte dipenderà il tipo di sviluppo che saremo capaci di costruire nei prossimi anni in Europa e in Italia.

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