Giorgia Meloni a parole non arretra sul decreto benzina, nei fatti lascia fare al parlamento, mentre il suo nuovo direttore dell’Agenzia delle dogane, Roberto Alesse, nominato il 13 gennaio scorso, ha preferito non presentarsi alla Camera nonostante la convocazione dei parlamentari. Un silenzio che arriva dopo che l’esecutivo e la stessa Meloni hanno portato avanti per giorni la campagna

contro i presunti speculatori, al punto da varare un decreto legge corretto il giorno dopo ma ritenuto comunque così dannoso (e offensivo) dalla categoria da confermare 48 ore di sciopero nonostante i ripetuti incontri con il ministro delle Imprese Adolfo Urso.

Anche l’ultimo incontro di ieri sera, prima della serrata iniziata alle 19, non ha fatto indietreggiare del tutto i distributori. Li ha però divisi: la Faib Confesercenti ha deciso di ridurre la mobilitazione a un solo giorno, mentre Fegica e Figisc/Anisa hanno confermato la linea dura al termine dell’incontro con il ministro.

La grande assente

Mentre l’Agenzia delle dogane, che si occupa delle accise, non si è presentata alla Camera, i benzinai hanno partecipato all’audizione, ricordando ai parlamentari che durante gli incontri col governo i dati delle Dogane citati dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti hanno dato ragione a loro. Contattata da Domani l’Agenzia ha fatto sapere di non essere intervenuta «ove nulla osti perché non ha argomenti che possono essere da ausilio alle decisioni che prenderà la commissione».

La resa di Urso

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 30-11-2022 Roma Politica Camera dei deputati - Question time Nella foto Adolfo Urso 30-11-2022 Rome (Italy) Politics Chamber of deputies - Question time In the pic Adolfo Urso

A gennaio, dopo che l’esecutivo ha deciso di non rinnovare lo sconto sulle accise, i carburanti hanno avuto un balzo di 18 centesimi e l’esecutivo ha deciso di far partire una campagna contro gli speculatori.

Per dare ancora più forza a questa minaccia, che lo stesso ministero dell’Ambiente ha certificato prezzi alla mano fosse basata sul nulla, ha deciso di battezzare un “decreto trasparenza” che prevede l’aumento dei cartelloni a carico dei gestori. Nello specifico, il testo fissa l’obbligo di esporre oltre al prezzo praticato, il prezzo medio regionale.

Dopo un primo incontro andato male, ce ne sono stati altri due al ministero delle Imprese. All’uscita del penultimo, venerdì, Urso ha pubblicato una nota per confermare che prima di applicare le nuove norme l’esecutivo avrebbe aspettato e che di fatto si sarebbe impegnato per andare incontro alle loro richieste. 

Così è stato stabilito che le sanzioni per la mancata esposizione dei prezzi, che all’inizio potevano arrivare a seimila euro, non andranno oltre gli 800, e i giorni di chiusura in caso di reiterazione potranno essere un massimo di 30 invece di 90. 

Un passo indietro culminato con l’accorato appello del ministro per le Imprese di domenica, ma lo sciopero dei benzinai è rimasto fissato.

Martedì sera, qualche ora prima della serrata, il governo ha cercato di fare un ultimo tentativo per convincere i rappresentanti sindacali.  Il governo ha invitato i benzinai a revocare la protesta proponendo sanzioni ancora meno dure rispetto a quelle previste dal decreto e sottolineando che il provvedimento potrà anche essere migliorato durante la conversione in parlamento.

Audizioni ed emendamenti

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Il parlamento si sta occupando di convertire in legge il decreto Meloni, e martedì mattina è partito un ciclo di audizioni caldeggiate dalle opposizioni e da Forza Italia per sentire le doglianze della categoria. I punti che hanno segnalato Faib, Fegica e Figisc, sono stati gli stessi degli scorsi giorni.

Il decreto è «fuorviante, inutilmente vessatorio per i gestori, inefficace, inutile, dannoso perché in prospettiva comporterà un cartello dei prezzi che contraddice le norme sulla concorrenza. È poi costoso e anticoncorrenziale», ha detto Bruno Bearzi, presidente della Figisc-Confcommercio.

Sulla stessa linea anche il presidente della Faib Confesercenti, Giuseppe Sperduto. Nel corso dell'audizione sono state ribadite le critiche alle misure previste dal provvedimento. Il presidente della Fegica, Roberto Di Vincenzo ha spiegato che la riduzione delle sanzioni non basta: «Ma le sanzioni rispetto a cosa?», ha obiettato. Il prezzo, ha ricordato, viene nella maggior parte dei casi suggerito dalle compagnie, e le sanzioni amministrative per i cartelloni ci sono già: «Sono già inique. Non chiediamo comprensione al governo ma che ripristinino la situazione precedente». E lui ha aggiunto: «Se non si fosse soffiato sul fuoco non sarebbe successo niente il primo gennaio perché era tutto in linea, come lo stesso ministro Giorgetti è stato costretto ad ammettere nel primo incontro a Palazzo Chigi con i dati del ministero e dell'Agenzia delle Dogane».

Figisc ha ricordato l’offesa: «Il testo normativo è stato adottato a seguito della diffusione di inverificate fake news», un modo di agire che «ha ovviamente scatenato la caccia alle streghe, culminata con la convocazione del comandante generale della Guardia di finanza».

Per arrivare a una conciliazione sulla trasparenza dei prezzi, propongono un Qr code, che rinvii all’osservatorio prezzi, dove ogni impianto metta i prezzi praticati e la differenza con i prezzi medi regionali che il ministero provvederà a identificare. Luca Squeri, responsabile energia di Forza Italia e tra l’altro anche ex presidente Figisc e Anisa, ha già detto sì e si prepara a presentare emendamenti: «È un cartello più funzionale che elimina grossi problemi ai gestori», ha commentato. Ribadendo implicitamente che sul decreto la linea di Forza Italia è lontana da quella di Meloni.

Le dogane

Mentre Meloni ha fatto un autogol con i benzinai, le sigle continuano a denunciare l’evasione e la vendita di carburanti di contrabbando, un altro tema su cui risulta ancora una volta di primo piano il lavoro di controllo delle Dogane. Il nuovo dirigente tuttavia ha ritenuto che non fosse il caso esprimersi in questa occasione, né sulla polemica sui prezzi sollevata dal governo, né sugli ammanchi alle casse dello stato additate dai gestori e stimate in 13 miliardi di euro.

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