Sono incappato in una truffa legata al mondo del trading online e non so se recupererò mai i miei soldi. Ho affidato i risparmi a una società che me li ha spazzolati, arrivando a loro da un video su YouTube di uno pseudo esperto a cui ho abboccato non solo io. E che ora ho visto dispensare consigli su criptovalute, NFT (Non Fungible Token, ndr) e magici mondi. Mi sembra che su questo argomento non si faccia molto tranne che parole e il risparmiatore in Italia è lasciato in balia di sé stesso. Chi dovrebbe vigilare o fare leggi perché il risparmio sia tutelato si gira dall’altra parte o fa il minimo indispensabile. Non pensate?

C.

Gentile C.

Le frodi finanziarie online sono un reato in forte espansione e per combatterle serve grande determinazione e non bastano solo i pannicelli caldi. Nel primo governo Conte, con il decreto Crescita, è stata introdotta una norma che consente alla Consob di oscurare i siti web che offrono abusivamente servizi finanziari. In pratica l’autorità di controllo dei mercati finanziari può ordinare ai fornitori di servizi di connettività a Internet di inibirne l’accesso dall’Italia.

Una norma certo non insensata (quasi 700 i siti oscurati a inizio maggio 2022) ma non certo risolutiva. Anche perché alcuni di questi siti oscurati cambiano denominazione e indirizzo web nel giro di poche settimane e trovano nuovi polli da spennare.

Il catalogo delle stangate finanziarie si allunga sempre di più e non c’è che l’imbarazzo delle scelta. Su Discord e Telegram abbondano i truffatori che approfittano delle scarse conoscenze di migliaia di nuovi appassionati al mondo delle crypto, dei token, degli Nft e di tutto quello che ora è possibile inventarsi anche nel Metaverso.

«Sono qui i gatti e le volpi del nuovo secolo – dice Marco Camisani Calzolari, fra i più noti e preparati esperti di digitale in Italia – in grado di sfruttare le debolezze di chi fa fatica a capire sino in fondo il digitale per svuotare loro il portafoglio, promettendo la moltiplicazione delle quattro monete».

C’è poi il sempre in auge sistema del “pump and dump” (pompa e poi scarica) in cui l’influencer o guru di turno (magari messo a libro paga per la “prestazione”) approfitta della propria posizione per pompare token, Nft o azioni che dopo la salita iniziale precipitano visto che i primi che avevano messo i soldi per far partire la giostra li ritirano e lasciano gli ultimi con il cerino in mano.

Le truffe più classiche si basano sulle opportunità di guadagno mirabolanti offerte sul Forex, sulle azioni, sui Cfd o sulle criptovalute che spesso iniziano con una telefonata a freddo o una email o sms dove viene proposto di investire una piccola cifra.

Per raggiungere il proprio pubblico si usano tutte le armi e tipicamente pagine di pubblicità fraudolente, siti che funzionano come esche dove scaricare ebook che spiegano come moltiplicare i soldi, articoli “marchetta” su siti anche insospettabili che vengono pagati per il disturbo, accordi di “affiliation marketing” con youtuber e influencer.

Il “lead”, ovvero il risparmiatore ignaro che ha compilato un modulo di registrazione con i propri dati, numero di telefono o email, viene pagato anche 1.000 euro da queste “fabbriche delle frodi”. Chi truffa ha un margine di guadagno quasi infinito e può essere molto generoso.

I truffatori (dietro, è stato documentato grazie anche a diversi whistleblower, ci sono spesso organizzazioni criminali) operano di solito dall’estero con una società non autorizzata in Italia e riescono a conquistare la fiducia della vittima grazie a un modo di fare persuasivo, promesse di alti rendimenti “sicuri” e anche perché apparentemente non sembrano sbagliare un colpo.

Chi si fa abbindolare non vedrà quasi mai i suoi soldi transitare in un vero investimento. Finiscono invece in casseforti offshore lontane dalle giurisdizioni dove le polizie, che magari indagheranno un giorno sulle eventuali denunce dei truffati (molti truffati si vergognano di esserci cascati), potrebbero scovarli.

In realtà l’esercizio nei confronti del pubblico dei servizi e attività di investimento è riservato ai soggetti autorizzati dalla Consob e si dovrebbe sempre verificare se l’interlocutore lo è (sul sito della Consob c’è una pagina “occhio alle truffe” che dovrebbe aiutare a fare un controllo) ma per il risparmiatore comune non è certo facile orientarsi e peraltro anche imprese di investimento “autorizzate” (magari basate a Cipro e quindi “comunitarie” e riconosciute indirettamente in Italia secondo la normativa) hanno dimostrato in questi anni che si possono “stangare” i risparmiatori. E la stessa Consob ha ammesso lo scorso anno, durante un’audizione parlamentare, che non è facile in questi casi intervenire.

Si può fare qualcosa di più ci chiede il lettore? Probabilmente sì, prendendo spunto anche da altri paesi che hanno deciso di affrontare con maggiore determinazione il problema alla radice e ascoltando quello che chi conosce bene queste problematiche racconta.

Nelle scorse settimane ho partecipato a un webinar sull’argomento molto interessante organizzato dall’Adusbef, moderato da Alfonso Scarano, presidente di Assotag, e con la partecipazione fra gli altri di Luca Gaballo (giornalista Rai e autore di un reportage eccezionale sul fenomeno Nella tana del serpente, le truffe online viste da vicino) e Francesco Zorzi, consulente nella sicurezza digitale.

Che fare? Una maggiore educazione finanziaria certo aiuterebbe (con campagne di sensibilizzazione mirate sul tema) ma è bene essere realisti, anche perché sono in moltissimi a trarre lauti profitti in Italia da questa ignoranza associata spesso a mancanza di trasparenza e non solo gli operatori finanziari abusivi. 

Governo e parlamento dovrebbero lavorare per porre delle barriere preventive molto più forti (in altri paesi europei questo si sta cercando di fare per esempio nei confronti degli “influencer”) nei confronti soprattutto delle persone più fragili e inesperte, ma l’argomento evidentemente in Italia non è ritenuto importante e si preferisce assistere alla “mattanza”.

In Francia dal 2016 la legge Sapin 2 cerca di porre un argine al potere degli influencer sui social ed è stata creata anche successivamente una squadra speciale contro le truffe finanziarie che mette insieme la procura di Parigi, l’ente regolatore dei mercati finanziari (Amf), la direzione generale per la concorrenza (Dgccrf) e l’Autorità di vigilanza e risoluzione prudenziale (Acpr).

Preoccupata per la corretta informazione dei consumatori, la Dgccrf (l’agenzia Antitrust francese) monitora sempre più le pratiche degli operatori online, rileva e sanziona offerte commerciali ingannevoli.

Soprattutto i settori del trading online o degli investimenti atipici sono spesso accompagnati da una certa ambiguità delle informazioni fornite (la maggior parte degli utenti non sa distinguere fra l’informazione vera e quella tarocca ovvero dai cosiddetti “pubbliredazionali”), da una presentazione fuorviante dei rendimenti attesi e dei relativi rischi e da un’opacità delle transazioni commerciali. Le procedure seguite mirano a porre fine e sanzionare le pratiche. I casi di frode sono oggetto di segnalazioni inviate alla procura della Repubblica ai fini dell’azione penale.

Il governo spagnolo ha annunciato alcuni mesi fa nuove regole per la gestione della pubblicità sulle criptovalute da parte degli influencer sui social network: ogni campagna e iniziativa promozionale su questo argomento dovrà essere segnalata con almeno 10 giorni di anticipo alla Consob spagnola (Cnmv). Inoltre, le campagne dovranno includere avvisi sui rischi finanziari relativi al prodotto reclamizzato.

Negli Stati Uniti è di questi giorni la decisione della Sec, l’autorità di controllo dei mercati finanziari, di raddoppiare il personale responsabile della protezione nei mercati delle criptovalute con l’ingaggio di avvocati e analisti di frodi nel personale investigativo e nel processo. Secondo le authority Usa «le minacce informatiche continuano a rappresentare rischi esistenziali per il sistema finanziario statunitense».

Nel Regno Unito è in una fase avanzata di discussione una legge sulla sicurezza online che impone un obbligo di diligenza alle piattaforme e ai motori di ricerca per proteggere i propri utenti da vari tipi di frode sia generata dagli utenti che a pagamento. Dalle truffe sugli investimenti a quelle sentimentali.

Secondo diversi addetti ai lavori italiani specializzati nella difesa dei risparmiatori truffati sarebbe fondamentale coinvolgere penalmente anche le piattaforme dei social e i media che ospitano pubblicità spesso totalmente ingannevoli (e da parte anche di operatori totalmente abusivi), ne incassano magari parte dei proventi e oggi non sono ritenute responsabili del messaggio veicolato.

© Riproduzione riservata