A Roberto Cingolani, neo ministro della transizione ecologica, l’ex ministro dell’Ambiente del governo Conte uno e Conte due, Sergio Costa, ha lasciato in dono una buona lettura: 598 pagine di catalogo sui sussidi ambientalmente dannosi (Sad). Un volume corposo, che esamina, uno per uno, tutti quegli incentivi nascosti in leggi, decreti e codici che, comma dopo comma, esenzione dopo esenzione, si sono accumulati fino a raggiungere le dimensioni di una finanziaria, 19,8 miliardi di euro nel 2018 (ma secondo Legambiente i miliardi sono più di 35) e che ogni anno premiano i comportamenti inquinanti di imprese e famiglie. Per il 90 per cento si tratta di sussidi alle fonti fossili – 3,8 miliardi vanno alle aziende, 2,8 ai nuclei famigliari – e insieme contribuiscono anche all’erosione fiscale. Uno dei settori dove l’inquinamento è più sussidiato è quello dei trasporti, seguito dall’energia e dall’agricoltura, ma solo il trattamento differenziato del gasolio vale da solo 5,1 miliardi di incentivi.

La montagna

L’opera di scandaglio certosino arriva dopo anni di denuncia delle organizzazioni ambientaliste, ma la stesura enciclopedica iniziata da qualche anno finora non ha portato ancora a nulla di concreto. Nella prima versione del decreto clima era stato inserito un obiettivo, poi scomparso, di riduzione del dieci per cento l’anno. La legge di bilancio 2020 ha ritoccato poco più che le norme sulle auto aziendali. Mentre il ministero, per venire a capo della questione, ha creato una commissione interministeriale che ha elaborato alcune proposte sottoposte a consultazione pubblica.

«I governi Conte uno e Conte due hanno fatto promesse e adottato impegni come mai in passato», dice Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, «ma si sono fermati davanti alla grande montagna».

L’ex capo innovazione di Leonardo Finmeccanica, Roberto Cingolani, ha oggi molti dossier urgenti di cui occuparsi, il piano nazionale di ripresa e resistenza di cui è responsabile deve essere reso coerente e in teoria guardare oltre gli interessi dei campioni nazionali. Eppure, visto che pochi anni fa dichiarava in una intervista a Eni che energie rinnovabili come il solare costano troppo e che «il gas è il male minore», avere un quadro fiscale coerente dovrebbe essere una sua priorità, in linea con i proclami ambientalisti del nuovo governo, gli unici che il nuovo premier Mario Draghi si è concesso.

Da uomo che conosce perfettamente non solo gli equilibri diplomatici internazionali ma soprattutto la direzione dei mercati finanziari, Draghi ha annunciato la sola politica che assieme all’essere europeista prende atto della realtà delle cose: la Bce ha già annunciato una politica finanziaria che terrà conto delle esternalità ambientali e il primo progetto per regolamentare i finanziamenti “verdi” risale ancora alla Commissione europea.

Andrea Zatti, docente di finanza pubblica europea, politiche pubbliche e ambiente a Pavia, dice che per avere senso la transizione ecologica, al di là del cambio di nome al ministero, «l’ambiente dovrebbe diventare un tema trasversale che va a irradiare tutte le politiche settoriali e non una questione emarginata».

Il fisco è trasversale e visto che all’orizzonte è prevista una riforma dell’Irpef potrebbe essere il momento per agire, ma l’equilibrio da trovare non è semplice. «Per esempio bisogna rivedere alcune misure sociali introdotte a danno dell’ambiente, come l’esenzione dell’accisa fino a un certo livello di consumo per i contatori fino a una certa potenza, che una volta era pensata come misura di equità sociale o le tariffe elettriche più basse pensate per mantenere competitive con l’estero le aziende energivore nonostante gli alti costi dell’energia nel nostro paese», dice Zatti.

Il tomo compilato dal ministero espone una ridda di interessi tra cui è difficile districarsi, per di più con il fantasma dei gilet gialli alla francese, scesi in piazza a protestare per l’aumento delle imposte sul carburante. «In questa fase emergenziale, spiegare alcune misure non è un processo semplice, ma allo stesso tempo non possiamo più permetterci un quadro fiscale che incentiva chi usa l’auto», dice il professore.

Abolire i vantaggi fiscali

Tutti concordano sulla necessità di un accompagnamento graduale all’abbandono dei sussidi con un sistema di incentivi che possa compensarne almeno in parte la scomparsa. «Se voglio ridurre la forte agevolazione sul gasolio agricolo posso offrire incentivi per il riammodernamento dei macchinari», dice Zatti che ha partecipato all’individuazione dei sussidi ambientalmente dannosi anche a livello regionale lombardo. Secondo Zanchini, tuttavia, l’etichetta dei Sad include molte misure differenti tra le quali bisogna assolutamente distinguere: oltre alle «politiche industriali sociali» del sostegno ai consumi, ci sono tariffe non giustificabili su cui si può intervenire domani.

«Ci sono fiscalità di vantaggio per l’estrazione di petrolio e gas e dei materiali in cava, che non hanno senso economicamente e che disincentivano rinnovabili e uso dei materiali di riciclo o anche bassissimi canoni concessori per le acque minerali», dice il vicepresidente di Legambiente.

In altri casi, invece, bisogna avere la pazienza di sedersi a un tavolo e trovare soluzioni alternative e molto concrete. «Pensate solo al consumo di gasolio delle navi da crociera ferme al porto, offrire sconti sull’energia alle navi che in porto si attaccano alla corrente elettrica, significa incentivarle a spegnere il motore». Legambiente ne ha discusso direttamente con i rappresentanti del settore e crede che su molti fronti il governo possa aprire trattative intelligenti. Sempre che sia deciso a scalare la montagna.

 

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