Venerdì 17 è partito con l’annuncio per il terzo giorno di seguito che la compagnia russa Gazprom consegnerà meno gas all’Italia e il governo ha convocato il tavolo di emergenza con gli operatori per martedì prossimo per decidere se passare dallo stato di “pre-allarme” a quello di “allarme” e cominciare a tagliare sui consumi. Il sito di Eni oggi riportava: «La compagnia energetica Gazprom ha annunciato a Eni che oggi consegnerà solo la metà del gas richiesto, mentre i volumi effettivi non sono cambiati rispetto a quelli consegnati ieri».

Lo ha affermato il gruppo petrolifero italiano in una nota, riportata anche dall'agenzia di stampa russa Ria Novosti. «Eni ha annunciato un fabbisogno giornaliero di gas di circa 63 milioni di metri cubi. Gazprom ha annunciato che fornirà solo il 50 per cento della quantità richiesta», si legge nel comunicato. I volumi effettivi delle consegne sono rimasti tali sia perché il calo iniziale era stato ridotto, sia perché nei giorni successivi la richiesta è cresciuta ma la consegna pur diminuendo in termini percentuali è rimasta concretamente invariata.

Gli stoccaggi

Il problema attualmente non sono i consumi giornalieri. L’estate in questo senso aiuta, la richiesta prevista per oggi, circa 155 milioni di metri cubi, è persino più bassa dei giorni scorsi. Il problema sono gli stoccaggi in vista dell’inverno, attualmente sono fermi al 55 per cento, e con l’aumento dei prezzi stentano a essere riempiti. Ne ha parlato anche il presidente del consiglio Mario Draghi durante la conferenza stampa da Kiev tornando a chiedere al più presto un tetto ai prezzi che in queste condizioni continuano a crescere. 

La questione si porrebbe con forza con la stagione fredda. Le riserve già vengono usate in tempi di pace quando la richiesta può raddoppiare e, nei giorni più freddi, triplicare. Una situazione ancora più seria qualora non si potesse fare affidamento come prima sulle forniture russe.

Il ministro Roberto Cingolani ha detto che ci sarebbero delle contromisure pronte, a quanto risulta a Domani non si esclude di intervenire sui consumi per risparmiare metano, anche per la produzione di energia elettrica, visto che in estate la domanda si compone soprattutto di quello. Attualmente però nessuna decisione è stata presa in questo senso ma il piano potrebbe scattare la settimana prossima. Due sono i fronti: produrre più elettricità con il carbone e l’olio combustibile, ridurre i consumi: delle utenze a partire dagli edifici pubblici – come già stabilito dal decreto che limita il raffrescamento degli edifici – e i consumi delle industrie energivore.

Le misure

Gli interventi sono tutti previsti nei piani di emergenza gas messi in campo dall’esecutivo all’indomani dell’invasione dell’Ucraina ad opera della Russia. Adesso sta al ministro Cingolani decidere quando “premere il bottone”. Nelle stime dell’esecutivo una interruzione dell’import di metano dalla Russia adesso renderebbe critico il superamento dell’inverno. Al momento la Russia non è arrivata a questo punto, e non c’è il rischio che il metano non basti, ma il governo potrebbe ritenere necessario intervenire per cominciare a premunirci prima dell’inverno, non solo per le quantità ma anche per non far salire troppo i prezzi che già oggi stanno rallentando il riempimento degli stoccaggi insieme al calo dei flussi dalla Russia.

Non a caso con il decreto sulle bollette di febbraio, il governo ha stabilito che il ministro della Transizione si può muovere «a prescindere dalla dichiarazione del livello di emergenza».

Per prima cosa verrà incrementato l’utilizzo delle sei centrali a carbone attualmente attive: Fiumesanto (Sassari) di proprietà di EP Produzione; Monfalcone, in Friuli, di proprietà di A2A; Torrevaldaliga Nord, a Civitavecchia, di proprietà di Enel Spa; e ancora Brindisi Sud, sempre di Enel, così come la centrale del Sulcis (Sardegna) e Fusina (Marghera). La Spezia attualmente non ha l’autorizzazione integrata ambientale, e per adesso non viene presa in considerazione. L’esecutivo oltre al carbone è pronto a ricorrere anche all’olio combustibile, ad esempio con la centrale di Milazzo. Da quanto lo stesso Mario Draghi ha annunciato in audizione in parlamento che sarebbe incrementata la produzione delle centrali a carbone, le società hanno cominciato a incamerare la materia prima e le misure sono già pronte.

Oltre alla produzione di energia elettrica, l’altro aspetto fondamentale che nel decreto veniva indicato ancora prima è la riduzione obbligatoria dei consumi industriali, i cosiddetti “interrompibli gas”, le centrali fortemente energivore che dovrebbero ridurre la loro produttività per venire incontro alle necessità del paese.

Parallelamente sarà portata avanti la battaglia per i condizionatori. Ad aprile con un emendamento allo stesso decreto è stato stabilito che la media ponderata delle temperature dell'aria degli edifici pubblici non deve essere superiore in inverno, a 19 gradi, né inferiore, in estate, a 27 gradi centigradi. In entrambi i casi consentiti 2 gradi di tolleranza rispettivamente in più e in meno, quindi di fatto 21 e 25 gradi. I prefetti sono stati già allertati e dovranno eseguire i controlli.

Riecheggia ancora la frase in conferenza stampa di Mario Draghi: «Vogliamo il condizionatore d’aria acceso o la pace?», il rischio è che non ci sia nessuna delle due cose.

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