L’amministrazione Usa ritiene che il cosiddetto dazio nascosto di un paese sia uguale alla differenza fra le sue esportazioni verso gli Usa e le sue importazioni dagli Usa. Ma ben diverso è lo squilibrio nel saldo dei servizi. Tutti vogliono usare le credit card americane perché sono le più diffuse, stare sul sito di Amazon, farsi pubblicità su Google. Un diritto di proprietà intellettuale così esteso si configura un palese super-dazio
Secondo Trump il Vietnam e la Cambogia meritano l’imposizione di dazi estremamente elevati per le loro esportazioni perché avrebbero introdotto a loro volta dazi due volte ancora più alti nei confronti delle importazioni americane. Eppure non vi sono tracce visibili di questa politica protezionistica. Vietnamiti e cambogiani esportano negli Usa anche molte merci di multinazionali, spesso americane, che decentrano la produzione per abbassare i costi. Essi invece non hanno abbastanza soldi per comprare le costose esportazioni americane. Ma allora come vien fuori questo dazio nascosto?
L’amministrazione americana ritiene che il cosiddetto dazio nascosto di un paese sia, con l’aggiunta di qualche insignificante parametro, uguale alla differenza fra le sue esportazioni verso gli Usa e le sue importazioni dagli Usa divisa per l’entità delle sue esportazioni verso gli Stati Uniti. Il dazio nascosto, così stranamente calcolato, risulta così alto che l’amministrazione Usa si limita generosamente a reciprocare con un dazio dimezzato. In base a questo calcolo l’Europa si trova ad avere dei dazi reciproci del 20 per cento. Nemmeno si considera che il calcolo andrebbe esteso allo scambio di servizi per cui gli Usa hanno invece un surplus nei confronti dell’Europa.
Una logica surreale
Su questa base l’Europa dovrebbe applicare ai servizi americani un dazio grosso modo uguale a quello che gli americani hanno deciso di imporre alle merci europee. Ma non è proprio il caso di seguire la logica di questa formuletta matematica. Applicando la sua logica surreale un’isola disabitata vicino all’Antartide avrebbe istituito un sofisticato e ben nascosto sistema di dazi. In realtà essa ha forse semplicemente esportato due pinguini destinati a qualche zoo americano senza nemmeno premurarsi di importare un paio di polli dagli Stati Uniti.
Se abbandoniamo la strampalata formula usata da Trump, restano solo le solite lamentele sui dazi impliciti applicati dagli europei. Si vede l’Iva come un dazio e non come una tassa che si applica a tutti mentre la regolamentazione del settore alimentare viene considerata come un perfido insieme di dazi imposti di proposito per limitare le esportazioni americane. Eppure, viste le condizioni di salute di molti americani, sarebbe forse opportuno introdurre una simile regolamentazione anche negli Stati Uniti. In sostanza queste spiegazioni dello squilibrio commerciale fra Usa e Ue non hanno nemmeno il pregio di nascondersi dietro una mediocre formuletta matematica.
Ben diverso è lo squilibrio nel saldo dei servizi a favore degli Usa. In questo caso i dazi impliciti non sono fantasiose congetture ma risultano ben evidenti dalla monopolizzazione di queste servizi e dalla conseguente difficoltà europea di competere in questi settori. Molti di essi sono dei monopoli dovuti a economie di rete che, se non è possibile smantellare, occorrerebbe per lo meno regolamentare per impedire l’imposizione di dazi troppo elevati al resto del mondo. Tutti vogliono usare le credit card americane perché sono le più diffuse, stare sul sito di Amazon perché è il più frequentato, farsi pubblicità su Google perché ha il motore di ricerca più usato e così via. Le nuove tecnologie informatiche, permettendo di essere facilmente presenti ovunque, hanno certamente favorito questa monopolizzazione della economia globale. Ma la monopolizzazione degli intangibili è stata fortemente anche favorita da un eccessivo rafforzamento dei cosiddetti diritti di proprietà intellettuale che è avvenuta proprio in seguito a una intensa attività di lobbying da parte delle multinazionali americane.
Il super-dazio
Un diritto di proprietà intellettuale così esteso è qualcosa di più di un dazio nascosto. Esso si configura un palese super-dazio. Mentre un dazio protegge solo dalle importazioni di altri paesi un diritto di proprietà intellettuale costituisce un dazio globale che limita la libertà di produrre un certo bene in ogni parte del globo. L’Europa dovrebbe reagire ai dazi americani proponendo agli altri paesi un mondo con meno scienza e mercati chiusi dai dazi imposti dalla proprietà intellettuale. Intensificare l’uso di scienza e mercati aperti sarebbe una proposta coerente con le parti migliori della storia del nostro continente che contribuirebbero sia al benessere globale sia alla cooperazione e alla pace fra i diversi paesi.
© Riproduzione riservata