In Italia più del 30 per cento della popolazione in età evolutiva è obeso e/o in sovrappeso. La stragrande maggioranza di questi giovani sta costruendosi un futuro segnato da malattie croniche, gravi e invalidanti (diabete, ipertensione, iperlipemia, tumori), con un’aspettativa di vita accorciata. Vivranno meno dei loro genitori e nonni. Tutta questa popolazione ha un denominatore comune: una cattiva alimentazione e, di conseguenza, una pessima qualità di vita.

Da tempo si susseguono allarmi sulle condizioni di salute delle nuove generazioni. Tra le preoccupazioni principali c’è l’aumento delle patologie croniche in età evolutiva, un fenomeno che negli ultimi decenni ha registrato un incremento significativo.

L’Associazione italiana dei pediatri denuncia come disturbi un tempo propri dell’età adulta – come ipertensione, steatosi epatica e diabete di tipo 2 – stiano colpendo bambini e adolescenti in modo sempre più precoce. Non si tratta solo di malattie “non comunicabili”, come suggerisce la classificazione clinica, ma di segnali evidenti di un disagio sociale, culturale e alimentare.

È paradossale che tutto ciò accada in Italia, patria della dieta mediterranea, universalmente riconosciuta come il modello alimentare più sano per vivere a lungo e in benessere. La straordinaria esperienza delle “Blue Zone”, aree del mondo con un’alta concentrazione di centenari, conferma che l’alimentazione gioca un ruolo decisivo quando inserita in uno stile di vita equilibrato.

Nel quotidiano, però, mangiare bene non sembra essere una priorità. C’è scarsa attenzione alla qualità del cibo e una diffusa tendenza a consumare pasti veloci e poveri di valore nutrizionale. Solo un bambino su due consuma frutta e verdura ogni giorno. In questo scenario, l’educazione alimentare diventa uno strumento cruciale: è necessario restituire centralità alla prevenzione, partendo da scuola e famiglia, per insegnare ai più giovani a conoscere il cibo, rispettare la natura e prendersi cura della propria salute.

La dieta mediterranea si fonda su pochi ma chiari principi: consumo quotidiano di carboidrati, apporto regolare di proteine animali (carne o pesce), abbondante presenza di frutta e verdura. Il valore nutrizionale di frutta e ortaggi aumenta quando sono freschi, di stagione e a chilometro zero. La tracciabilità degli alimenti, conoscere la loro origine e i metodi di produzione, è una garanzia di qualità ancora troppo spesso sottovalutata.
La dieta mediterranea rappresenta il miglior antidoto contro l’obesità, soprattutto in età evolutiva. L’obesità è il segnale più evidente – e drammatico – di uno stile di vita errato, dove l’alimentazione ha un ruolo centrale.

Cosa è possibile fare? Di chi è la responsabilità di questa deriva sociale che produce danni nell’immediato, ma che purtroppo è sicura foriera di disastri nel medio e lungo termine? Non può esistere sistema sanitario e/o organizzazione sociale in grado di fronteggiare la presenza di una popolazione per gran parte malata, in maniera cronica e per tempi lunghi.

È indispensabile, senza perdere ulteriore tempo, invertire l’attuale stato delle cose, investendo nell’educazione al benessere che deve essere insegnato nelle scuole, già nella scuola materna e per tutta la durata degli studi pre universitari. Si deve introdurre in tutte le scuole, su tutto il territorio nazionale, la “refezione didattica” in cui gli allievi dovranno essere educati a saper scegliere gli alimenti in base alla stagionalità, al territorio di appartenenza, al valore nutrizionale; dovranno essere coinvolti nella preparazione dei pasti in maniera salubre nel rispetto della dieta mediterranea imparando a vivere quotidianamente il piacere e il valore della convivialità. Usare prodotti del territorio significa anche rispetto ecologico dell’ambiente, supporto all’agricoltura e della biodiversità. Non solo cibo, ma rispetto dell’ambiente, conoscenza del proprio corpo, cultura del benessere fisico come valore sociale e di rispetto di sé e dell’altro.

Educare i bambini è spesso il miglior modo per educare gli adulti (genitori, nonni) e diffondere la cultura del benessere (alimentazione e stili di vita) molto più e meglio di quello che si potrebbe fare con la migliore campagna di sensibilizzazione mediatica.
La scuola rappresenta un nodo cruciale perché è il luogo di tutti, senza distinzioni di ceto, di religione, di provenienza: educare al benessere tutti è il migliore investimento per il futuro della popolazione, per la sostenibilità delle cure universali, per una reale equità.
Si deve intervenire quanto prima, altrimenti i nostri figli e nipoti vivranno male e meno a lungo di noi, ma noi adulti di oggi ne saremo responsabili, in particolare i decisori politici.

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