Quanto ci costerà affrancarci dal metano russo per sostituirlo con altro metano? Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha annunciato ieri alla Camera che è stato dato mandato a Snam, la società che gestisce la rete di distribuzione del metano, per l’indirizzo per la negoziazione all’acquisto di un rigassificatore galleggiante e il noleggio di una seconda unità, così da importare più metano da altri paesi tramite nave. Le strutture saranno oggetto di un prossimo decreto del presidente del consiglio dei ministri che li identificherà come come «impianti strategici».

Una formula dietro cui si trova la verità: sarà un’infrastruttura che pagheremo in bolletta come accade per tutte le infrastrutture strategiche legate all’energia nella voce chiamata “oneri di sistema”. A questo si aggiunge un altro problema, nonostante il governo abbia stabilito di fissare il riempimento degli stoccaggi di metano al 90 per cento, gli operatori non vedono un ritorno economico sufficiente, e le aste per far funzionare il meccanismo stanno andando deserte.

I rigassificatori galleggianti

L’Italia nel 2021 ha consumato 76 miliardi di metri cubi di metano, la Russia ha coperto il 38 per cento di questa quantità (quasi 30 miliardi) e sostituirlo non è un’operazione facile. Per incrementare le possibilità, l’esecutivo ha deciso di ricorrere a dei rigassificatori galleggianti, praticamente delle gigantesche navi che trasformano il metano trasportato in forma liquida in quello in forma gassosa da iniettare nella rete di distribuzione nazionale.

Per costruire un rigassificatore ci vogliono almeno due anni, e l’ipotesi è trovare due di queste navi giganti già pronte. Attualmente non vengono date cifre esatte su quale sia il reale costo, ma si tratta di una cifra dell’ordine di centinaia di migliaia di euro, a cui si affiancherà quella per il noleggio della seconda unità. Il ministro ha fatto presente come anticipato da Domani che con la crisi Ucraina non siamo i soli a cercare questa alternativa che permetta di importare da altri paesi - il ministro ha parlato in primo luogo di Qatar, Algeria -. Il Dpcm tuttavia servirà a dare a Snam il mandato ufficiale per muoversi il prima possibile.

Gli stoccaggi

Per affrontare l’inverno o un’eventuale interruzione improvvisa di metano dalla Russia, il governo già da diverse settimane punta anche sugli stoccaggi, ovvero giacimenti dismessi da riempire di gas, ma anche questa soluzione è un problema. Nel decreto sulle bollette del 18 febbraio il governo aveva deciso di «ottimizzare il ciclo di iniezione di gas negli stoccaggi nazionali» aumentando gli obblighi delle società interessate – come Eni, Enel, Edison – per portare a un livello di riempimento di almeno del 90 per la stagione invernale 2022-2023.

L’asta di cui l’esito è stato reso noto ieri tuttavia è andata quasi deserta. In un’intervista a Staffetta Quotidiana, Marta Bucci, direttrice generale di Anigas, l’associazione nazionale industriali gas, ha spiegato il problema: «Acquistare a prezzi molto elevati, rende per gli operatori decisamente diseconomico acquisire capacità».

Ovvero i prezzi del gas sono troppo alti per acquistarlo e incamerarlo, soprattutto se un domani, al momento di rivenderlo, dovessero essere più bassi. Su questo aspetto il ministro ha annunciato che l’esecutivo è pronto a varare degli incentivi, che potrebbero finire in bolletta o a carico della fiscalità generale: comunque le tasche dei cittadini.

La criticità

«A seguito dei risultati di bassa partecipazione, abbiamo capito che questa criticità è parecchio difficile da superare» ed è difficile «anche attraverso una rateizzazione della fase di stoccaggio e occorrerà intervenire per il riempimento con una regolazione ad hoc, che solleciti la risposta da parte degli operatori e, in mancanza, con un soggetto di ultima istanza», che potrebbe essere ancora una volta Snam. A questo proposito, ha annunciato Cingolani «ci sono delle cose che stiamo studiando con l’Arera» l’autorità per l’energia.

La speranza del governo è che aggiungere fonti di diversificazione farà scendere il prezzo, insieme al nuovo meccanismo di controllo varate con il nuovo decreto legge contro l’aumento dei prezzi, dovrebbe frenare le speculazioni e l’aumento del costo del metano. Il presidente dell'Arera, Stefano Besseghini, nel corso di un'audizione presso la commissione Attività produttive della Camera, ha detto che il monitoraggio degli operatori che le è stato affidato in questo periodo, «è necessario».

Per cercare di tenere bassi i costi, a fine mese dovrebbero esserci nuove misure a livello europeo, tuttavia, nonostante le buone intenzioni, l’ipotesi di mettere un “cap”, un tetto ai prezzi del metano all’ingrosso non è una scontato. L’Unione europea ha aperto a questa possibilità, il rischio è che il nostro mercato diventi meno attrattivo, ma Cingolani si è detto positivo: «Se oggi consideriamo che l'Europa è pressoché l'unica ad essere dotata di gasdotti e acquista per i tre quarti di gas presenti a livello mondiale, è plausibile pensare che, se ci si muove in sinergia come Unione europea, si possa strappare un prezzo migliore, fissare quindi un tetto massimo di spesa e dettare le regole del mercato».

Tre anni

Per adesso il ministero fa i conti con il fatto che tutte le misure messe in campo, che includono anche l’aumento dell’import tramite gli altri gasdotti, non saranno sufficienti nel giro di poco: «Nel lungo termine, a partire dal prossimo inverno, sarebbe necessario sostituire completamente i circa 30 miliardi di metri cubi di gas russo con altre fonti», ma sostituirlo è «possibile in un orizzonte minimo di circa tre anni». Almeno per i prossimi due inverni «sarebbe complesso assicurare tutte le forniture al sistema italiano e sarà pertanto necessario dotarsi di strumenti di accelerazione molto efficaci per gli investimenti che servono».

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