Chi ha a cuore l'equità fiscale e il contrasto dell'evasione dovrebbe andare a vedere le carte che il governo di Giorgia Meloni afferma di avere in mano e di voler giocare.

La prima carta è il concordato preventivo. In sé non è sbagliata l'idea di un accordo tra l'Agenzia delle entrate e i contribuenti che, in tutto il mondo e non solo in Italia, hanno la maggiore propensione ad evadere e sono più difficili da controllare, cioè i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali. Tutto sta a vedere come verrà concretamente realizzata.

Il decreto legislativo prevede che sia l'Agenzia delle entrate a dover fare una proposta a ciascun contribuente. Se questa possibilità verrà utilizzata in modo virtuoso, la proposta potrà essere formulata dall'Agenzia delle entrate tenendo conto di tutti i dati individuali che possiede per ricostruire un reddito plausibile per ciascun contribuente.

A questo punto sarà possibile far accedere al concordato preventivo i contribuenti sulla base dello sforzo che ciascuno di loro effettivamente avrà compiuto per avvicinarsi a tale reddito plausibile, consentendo quindi l’accesso effettivo (non quello potenziale, che è aperto a tutti i contribuenti) al concordato solo a chi si avvicina sufficientemente a questo reddito.

Concordato efficiente?

Si tratterebbe, in questo caso, di una effettiva spinta alla compliance a costi ridotti e quindi efficiente. Se, invece, venisse scelta una strada diversa, come quella che aveva auspicato il Parlamento nel suo parere che in questa parte fortunatamente non è stato accolto dal governo, allora l'Agenzia nella sua proposta finirebbe per accontentarsi di un reddito di poco superiore.

Infatti, il Parlamento aveva proposto che potesse essere richiesto in sede di concordato una somma pari al massimo al 10 per cento in più di quanto già il contribuente spontaneamente dichiara, anche quando la cifra dichiarata è largamente inferiore ad un qualsiasi livello di reddito plausibile.

Se fosse stata accolta questa revisione del testo, avremmo avuto come risultato un crollo della compliance, una legalizzazione dell'evasione di massa e la fine dei tentativi compiuti in questi ultimi 25 anni (dagli studi di settore agli ISA) di riassorbire gradualmente l’evasione Irpef e Iva dei lavoratori autonomi e degli imprenditori individuali.

L’utilità dei social

La seconda carta che il governo ha recentemente affermato di voler giocare è quella dell'ampliamento dei dati a disposizione dell'amministrazione finanziaria. In particolare negli ultimi giorni si è parlato di data scraping.

Si tratta di quella metodologia che utilizza i dati dei social e in generale disponibili su Internet al fine di profilare i comportamenti individuali. Nel contrasto dell’evasione, il data scraping può essere utile soprattutto per determinate fattispecie di evasione, come ad esempio la mancata dichiarazione di redditi ottenuti dalla locazione della seconda casa, quando questa è pubblicizzata su Internet, oppure la falsificazione della residenza fiscale, ad esempio quando dai dati disponibili sui social è possibile dedurre che la persona non risiede in Svizzera a Montecarlo ma effettivamente a Milano o in qualche altra città italiana. Quelli appena citati sono quindi utilizzi specifici ma che possono avere un effettivo impatto.

Vale la pena notare che il data scraping è già previsto in altri paesi europei, in particolare in Francia dove vige lo stesso regolamento europeo per la tutela della privacy che si applica in Italia. Ci si può quindi aspettare che il governo, se ha intenzioni serie, faccia valere questo esempio nell'annunciata interlocuzione con il garante della privacy su questo tema.

Trasparenza necessaria

In conclusione, l'unico modo per verificare se il governo sta bluffando sulla lotta all'evasione è monitorare con grande attenzione quello che sceglierà di fare. Ciò può avvenire, per il concordato preventivo chiedendo la massima trasparenza e un rendiconto statistico puntuale sui livelli di reddito proposti dall’Agenzia, sul punteggio ISA di partenza e su quello corrispondente alla proposta nonché, ovviamente, sulla risposta dei contribuenti.

Per il data scraping, e più in generale per l’utilizzo dell’analisi del rischio su dati massivi che da giugno del 2022 è già possibile quando viene utilizzata l’anagrafe dei rapporti finanziari e che si potrebbe ulteriormente espandere, pretendendo che il Governo faccia conoscere con adeguata e precisa documentazione i risultati ottenuti con l’incrocio dei dati massivi sia dall’amministrazione fiscale italiana sia da altre amministrazioni fiscali che costituiscano esempi virtuosi da seguire.

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