Eccoci di nuovo insieme, Europa!
Siamo alla trentesima edizione dello European Focus!
Sono Teresa Roelcke, la caporedattrice di questa settimana, e scrivo da Berlino.
C’era una volta una promessa. Una promessa di libertà, di scambio culturale, di viaggi semplici e a costi accessibili. La promessa di Airbnb. Le persone offrivano una delle stanze della propria casa a un basso costo allo scopo di accogliere quei viaggiatori che non andavano alla ricerca della lussuosa impersonalità di un albergo.
Ma, come in ogni fiaba, c’è una svolta crudele: dal momento che la promessa del viaggio facile aveva avuto un grande successo, non c’era da sorprendersi alla comparsa di un grande giro d’affari a sfruttare il fenomeno. Oggi c’è un gran numero di fornitori che pubblicizzano i propri alloggi su Airbnb, in un momento in cui ci troviamo di fronte a una grave carenza di spazio abitativo e ai prezzi degli immobili che vanno aumentando.

Molti comuni stanno cercando di migliorare le norme sull’utilizzo dello spazio abitativo per l’affitto ai turisti.
Non tutti lo fanno, come nel caso di Madrid. Ma Bologna, per esempio, cerca di aiutare gli studenti, che costituiscono un elemento centrale dell’identità della città e che ora hanno gravi problemi a trovare un posto dove alloggiare.
Nel frattempo, Amsterdam viene abbandonata dai propri abitanti, che soffrono per i troppi turisti che visitano la città.
È rimasto qualcosa del fascino della fiaba? Provate a farvi un’idea con questa lettura...
Teresa Roelcke, caporedattrice della settimana


Il bivio tra Madrid e Barcellona

Un gruppo di turisti a Barcellona. Foto EFE

MADRID - Le maggiori città spagnole stanno scegliendo percorsi divergenti da seguire in futuro.
Madrid e Barcellona hanno sfide simili da affrontare, soprattutto per quanto riguarda l’accesso agli alloggi, l’aumento degli affitti e l’esplosione degli appartamenti per turisti. Questo fenomeno è causato principalmente da Airbnb, ma non solo.
Anche se la diagnosi è simile, la cura per affrontare il problema è molto diversa nelle due città.
A Barcellona alla guida c'è Ada Colau, che è proprio un'ex attivista per la casa, e che da anni sta cercando da anni di realizzare quella che i suoi sostenitori definiscono “una città più vivibile”, attraverso una serie di misure che limitano il numero di appartamenti per i turisti.
Dal 2015, il comune ha imposto una moratoria sulla costruzione di nuovi appartamenti turistici. Dal 2017, ha stabilito delle quote per gli appartamenti turistici nelle zone più a rischio, limitando il rilascio di nuove licenze.
Madrid, che dal 2019 è nelle mani della destra del Partito Popolare, ha intrapreso un percorso diverso: nessuna regolamentazione degli affitti turistici.
Ognuna di queste risposte politiche ha avuto conseguenze, sia le restrizioni di Barcellona che il laissez faire di Madrid.
I dati dell'Istituto nazionale di statistica spagnolo mostrano che lo scorso febbraio Madrid ha registrato un aumento del 9,3 per cento di appartamenti turistici rispetto allo stesso mese del 2022, mentre Barcellona ha visto un calo del 25,1 per cento.
Ma a Barcellona, che è una delle città più visitate della Spagna, il problema rimane: appena un mese fa, una società immobiliare ha fatto leva - supportata poi dalla Corte giudiziaria - su una scappatoia legale che ha permesso a questa stessa società di trasformare 140 appartamenti in un unico edificio in alloggi per turisti.
Il caso ha suscitato grande scalpore e ha mostrato uno dei maggiori problemi che Barcellona ancora deve affrontare: i limiti di ciò che una città da sola può fare in assenza di una strategia nazionale.
Intanto, la “turismofobia” - l'intolleranza per i turisti - cresce. Può sembrare un paradosso visto che la Spagna, secondo paese più visitato al mondo, deve il 12 per cento del suo prodotto interno lordo proprio al turismo. Ad ogni modo, quel che è sotto gli occhi dei residenti ogni giorno è che nei loro quartieri i residenti di lungo corso sono man mano sostituiti da turisti.
Alicia Alamillos scrive di Esteri per El Confidencial


Il numero della settimana: 53mila

AMSTERDAM - Lo ha calcolato il Cbs che è l'ufficio centrale di statistica: nel 2021 più di 53mila residenti se ne sono andati da Amsterdam. Si tratta di oltre il 5 per cento della popolazione totale della città.
Il rumore, la folla, l’insoddisfazione per il proprio quartiere e l’aumento dei costi delle abitazioni sono in cima alle preoccupazioni citate dai residenti locali in un rapporto pubblicato dalla Rabobank.
Si tratta di “segnali che indicano che il limite è stato raggiunto e la vivibilità è in pericolo”, ammette il comune.
Amsterdam sta assistendo a un’impennata del turismo di massa - in un anno, 19 milioni di visitatori che pernottano in città - e inoltre una popolazione che ha raggiunto le 921mila persone, molte delle quali sono expat disposti a pagare affitti alti e a reggere un così alto costo delle case.
Imane Rachidi è una giornalista freelance che vive ad Amsterdam


Questa casa non è un albergo!

Emily Clancy. Foto Margherita Caprilli

La scorsa settimana in tutta Italia gli studenti hanno avviato la loro "protesta delle tende" contro gli affitti stratosferici. Bologna è la città universitaria per antonomasia, visto che la sua università è la più antica al mondo. Emily Clancy è la vicesindaca.
A Bologna quanto deve pagare in media uno studente per una stanza? C'è un'emergenza casa? Arriva a compromettere il diritto allo studio?
Per una stanza, uno studente paga in media 400-450 euro, e a volte centinaia in più: anche 800. Cifre insostenibili. Prima della pandemia, erano arrivate meno di 2mila richieste di contributo per l’affitto; quest’anno in Comune sono arrivate 11mila domande.
Non parlo di emergenza abitativa perché mi aspetto risposte strutturali. La casa è una priorità per la città: Bologna deve essere attrattiva senza però marginalizzare o espellere le fasce più vulnerabili.
Già anni fa, da consigliera comunale e leader del movimento di sinistra Coalizione civica, lei aveva promosso un'istruttoria pubblica sull'impatto di Airbnb. Qual è il ruolo di questa piattaforma nella attuale crisi del caro affitti?
Il ruolo è rilevante. I dati ci dicono che il crollo dei contratti a canone concordato va di pari passo con l’aumento degli annunci sulle piattaforme per l’affitto breve turistico: fino al 2016 a Bologna i contratti a canone concordati erano circa 32mila, oggi sono scesi a 26mila. Negli stessi anni gli annunci su Airbnb sono passati da circa 800 agli oltre 4mila attuali.
Ora che lei è al governo della città, quali iniziative ha intrapreso per affrontare il nodo Airbnb e affitti? E il governo Meloni, cosa ha fatto?
Le risorse - già sporadiche - per il contributo affitti sono state del tutto tagliate da questo governo. Abbiamo presentato un piano per il diritto all'abitare che non ha precedenti nella storia recente di Bologna: contiene un pacchetto da 200 milioni con il quale intendiamo finanziare molteplici strategie, dalla creazione di una agenzia sociale per l'affitto al rinnovo del patrimonio residenziale pubblico, e la rigenerazione dei luoghi urbani abbandonati.
Lo scopo è quello di convertire gli spazi inutilizzati e riconfigurarli come bene comune. Non possiamo regolare direttamente Airbnb come ha fatto Barcellona, dunque quel che stiamo facendo è promuovere una alleanza municipalista con altre dieci città come Milano o Napoli, così da esercitare insieme pressione politica perché si proceda con una legge nazionale che regola questo tipo di piattaforme.
Francesca De Benedetti scrive di Europa ed Esteri a Domani

CLICCA QUI per leggere l'intervista integrale a Clancy


Airbnb e una verniciata di buone azioni

"Ho visto l’annuncio sugli alloggi gratuiti offerti da Airbnb su alcuni social network nelle prime settimane dell’invasione su larga scala dell’Ucraina. L’opzione era disponibile solamente per le donne, dal momento che il progetto era stato realizzato insieme a un’organizzazione per i diritti delle donne. Tutto è filato liscio: ho dovuto semplicemente rispondere ad alcune domande online, e poco dopo ho ricevuto un buono per affittare un alloggio in Toscana. Quest'aiuto mi ha fornito il tempo di cui avevo bisogno per trovare un appartamento per i mesi successivi" – Zoya Lobod, imprenditrice di Kiev

KIEV - Subito dopo l’invasione su larga scala della Russia contro l'Ucraina, il servizio di alloggio online Airbnb ha dichiarato che avrebbe fornito aiuto ai rifugiati ucraini in Europa, Stati Uniti e Canada, o perlomeno che ne avrebbe aiutati fino a 100mila.
L’azienda con sede a San Francisco ha offerto dei buoni fino a 2.000 euro da utilizzare per l’affitto di un appartamento per non oltre due settimane.
Secondo il sito web di Airbnb, 100mila persone hanno usufruito dell’offerta, quel che non sappiamo è invece quanto Airbnb stessa abbia beneficiato della sua buona azione in termini di pubbliche relazioni.
Anton Semyzhenko dirige la sezione in lingua inglese di Babel.ua


Una passione che si è raffreddata

Il nostro autore a Copenaghen nel 2014. Foto: Ann-Kathrin Reimers.

BERLINO - Quel motto di Airbnb che recita "sentirsi a casa ovunque" potrebbe sembrare l'ennesimo slogan così generico da essere privo di significato. Ma per me lo aveva: si trattava di un modo di viaggiare che manteneva quella promessa.
Durante un viaggio a Copenaghen per il compleanno della mia ragazza, nel 2014, ci siamo ammalati e abbiamo passato cinque giorni quasi interamente in un monolocale di studenti.
È stato fantastico! Ci siamo sentiti molto danesi, sdraiati sul letto dietro a grandi finestre senza tende a guardare gli edifici rivestiti di mattoni, i gabbiani e i ciclisti, e stando seduti su sedie semplici ma eleganti, che ci son piaciute così tanto da volerne acquistare di analoghe per noi.
Il bucato della nostra ospite, Lotte, stava in un angolo ad asciugare. E quando per caso è tornata a casa un giorno prima, mi è sembrato ancora di più che ci fossimo messi a nostro agio nella vita di qualcun altro.
A proposito, avreste mai immaginato che molti danesi hanno dei bagni senza finestre, grandi un metro quadrato, dove tutta la “stanza” si bagna quando ci si fa la doccia, mentre ci si concentra per non inciampare sul water? Queste sono le cose che mi ha insegnato Airbnb.
Molti degli ospiti erano giovani adulti come Lotte, che consegnavano le chiavi dell’appartamento, si mettevano sulle spalle un grosso zaino e se ne andavano a dormire per qualche giorno a casa della propria fiamma o dai genitori per guadagnare un po’ di soldi extra.
Comunicando in anticipo, non era insolito scambiarsi alcune informazioni personali. Sembrava di mandare dei messaggi all’amico di un amico. I suggerimenti dei proprietari ci hanno aiutato a conoscere “veramente” una città nel modo migliore possibile per dei turisti. Airbnb faceva parte del modo in cui desideravo viaggiare.
Di tanto in tanto prenoto ancora gli appartamenti su Airbnb, ma non ricordo più l’ultima volta in cui mi sono sentito come se fossi stato a casa di qualcuno. Le chiavi vengono lasciate in delle cassette con un codice numerico, l’arredamento è funzionale ma anonimo. Ovviamente, si tratta di appartamenti in cui non vive nessuno e, ormai, non sono più nemmeno economici.
Airbnb è diventato solamente l’ennesimo sito per prenotare un alloggio per le vacanze. Dati i numerosi effetti negativi che sta avendo nelle mete più popolari, ormai potrebbe tranquillamente sparire per sempre.
Stephan Bader è un giornalista freelance e cura euro/topics per n-ost


Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva info@europeanfocus.eu se vuoi mandarcela in inglese, oppure a francesca.debenedetti@editorialedomani.it

Alla prossima edizione! Francesca De Benedetti


(Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti)

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