Eccoci di nuovo insieme, Europa!
Siamo alla quarantaquattresima edizione dello European Focus!
Sono Nelly Didelot, la caporedattrice di questa settimana, e scrivo da Parigi.
Dovremmo giudicare i politici per i loro legami familiari?
Nel mio paese, la Francia, questa idea è stata a lungo un tabù. L’ex presidente François Mitterrand è riuscito a mantenere la propria amante e, tenendo quest’ultima nascosta, a crescere una figlia, anche se tutti i giornalisti erano conoscenza di quella relazione.
Eppure, a volte le questioni familiari sono di pubblico interesse. Quando il marito della premier estone mantiene legami d’affari con la Russia, questo diventa un tradimento dei principi politici della leader di governo.
Quando i politici conservatori, ossessionati dall’idea della “famiglia tradizionale”, avvantaggiano i propri parenti, come Giorgia Meloni in Italia, si tratta di un abuso di potere.

I giornalisti hanno tutte le ragioni per scavare più a fondo in questi casi.
Quando poi il termine “famiglia” va oltre ai legami di parentela e si riferisce a un vago gruppo di magnati, giudici, e altri uomini di potere vicini al governo, è ancora più necessario indagare: in quel caso il concetto di famiglia si avvicina pericolosamente a quello di clan.
Nelly Didelot, caporedattrice di questa settimana


LA PREMIER ANTI MOSCA ORA HA LA MORALE A TERRA

La prima ministra estone Kallas rilascia la sua prima intervista in seguito alle rivelazioni sugli affari del marito con la Russia. Si nasconde dietro agli occhiali da sole, un look che gran parte dei consulenti per le pubbliche relazioni non raccomanderebbe. Foto: screenshot / err.ee

TALLINN - «I miei valori morali non sono cambiati», ha insistito la prima ministra estone Kaja Kallas. In appena una settimana, il suo inviolabile controllo sulla più importante carica del paese e la sua credibilità sono crollati. Cos’è successo?
I media hanno rivelato che suo marito apparteneva a un gruppo di soci in affari che continuavano a operare in Russia, nonostante l’invasione russa dell’Ucraina.
Dopo le loro iniziali affermazioni, secondo cui la loro azienda di autotrasporti aveva solamente aiutato «un cliente estone a chiudere la propria attività in Russia», e aveva fatto una cosa «moralmente giusta», sono iniziati a venir fuori nuovi dettagli.
Il cliente in questione era una fabbrica di bombolette spray che apparteneva a uno dei soci. Invece di riportare indietro le attrezzature della fabbrica dalla Russia all’Estonia, l’azienda di autotrasporti ha continuato a trasferire materie prime in Russia, ricavandone almeno un milione e mezzo di euro.
Se in Estonia e sulla scena mondiale Kallas non si fosse eretta a faro morale per quanto riguarda la guerra in Ucraina, si sarebbe potuto dire che si trattava di affari come tanti altri. Qualche mese prima, Kallas aveva esortato gli imprenditori locali a «ritrovare la propria bussola morale» e a limitare i legami con la Russia. Non si è trattato di una dichiarazione una tantum, ma di un punto chiave della sua politica a partire dal 24 febbraio 2022. È stata una delle più convinte sostenitrici delle sanzioni contro la Russia.
Lei stessa non era coinvolta nell’attività che, interpretando rigorosamente la legge, non era affatto illegale. Nonostante ciò, molti credono che le azioni e le dichiarazioni della prima ministra la rendano una persona moralmente corrotta.
Anzitutto, perché ha cercato di minimizzare il problema. In secondo luogo, perché ha insistito sul fatto che lo scandalo fosse una vendetta degli uomini bianchi di mezza età.
Terzo, si è lamentata di essere stata vittima di bullismo da parte dei giornalisti. E non è finita qui: ha pure dichiarato che i continui legami d’affari di suo marito non sono un problema in Occidente, ma lo sono in Estonia, poiché i cittadini hanno esigenze molto elevate per quanto riguarda i “valori morali” del proprio leader.
Quando siamo andati in stampa lei era ancora al potere, anche se il 70 per cento dell’opinione pubblica vorrebbe le sue dimissioni.
Holger Roonemaa dirige il team di inchiesta di Delfi


IL NUMERO DELLA SETTIMANA - 3 MILIONI

VARSAVIA - I giornalisti hanno rivelato che tre milioni di złoty polacchi (circa 650 mila euro) è il valore del terreno acquistato da Iwona Morawiecka, la moglie del primo ministro polacco. Il valore complessivo del patrimonio del primo ministro Mateusz Morawiecki è sconosciuto.
Prima di entrare in politica, il premier è stato amministratore delegato di una grande banca straniera in Polonia. Ha risparmi e obbligazioni per un valore di quasi cinque milioni di złoty (oltre un milione di euro), più diverse case e appartamenti. La legge polacca non obbliga i familiari dei politici a presentare una dichiarazione patrimoniale.
I detrattori del primo ministro dicono che, se il valore del patrimonio del primo ministro e della sua famiglia fosse reso pubblico, ciò potrebbe non andare a genio agli elettori del suo partito, Diritto e Giustizia, prima delle elezioni parlamentari del mese prossimo.
Michał Kokot fa parte della redazione Esteri di Gazeta Wyborcza


LA FAMIGLIA (MELONI) PRIMA DI TUTTO

Il ministro Lollobrigida e sua moglie Arianna Meloni, sorella della premier. Foto LaPresse

ROMA - La premier Giorgia Meloni vuole «difendere la famiglia»: così va ripetendo, e lo ha fatto anche di recente al summit demografico voluto da Viktor Orbán a Budapest. Si può presumere che voglia davvero «difenderla», la famiglia – quantomeno la sua.
Da quando è al governo, le sue politiche family-first (prima la famiglia!) sono ben visibili: ha nominato suo cognato Francesco Lollobrigida – sì, il sostenitore della «sostituzione etnica» – come ministro dell’Agricoltura. E ad agosto Meloni ha pure nominato la propria sorella, Arianna, come capo della segreteria di Fratelli d’Italia, e responsabile delle adesioni al partito.
Arianna Meloni sarà anche, con ogni probabilità, candidata alle europee, perché si pensa che gli elettori siano più inclini a scegliere la lista se c’è scritto quel cognome.
La premier è solita attaccare giornalisti e disegnatori satirici accusandoli di criticare la sua famiglia. Per Giorgia Meloni la famiglia è trust, nel doppio senso: predilige il rapporto fiduciario (trust) familiare al dover rendere conto pubblicamente delle sue scelte, e vuole mantenere un controllo monopolistico (trust) del processo politico.
Nel suo caso si dissolve la separazione tra governo, partito, famiglia. Questo triangolo mostra bene come funziona la presa del potere meloniana: è costruita per prevenire il dissenso. Il bello è che la premier dice di voler fare dell’Italia una «meritocrazia»...
Francesca De Benedetti scrive di Europa per Domani


GUARDATE, IL PREMIER È NUDO. ED È IN CATTIVE ACQUE...

BUDAPEST- Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha fatto un’inattesa apparizione in topless sui media del paese: nella città balneare di Opatija, in Croazia, un paparazzo in borghese lo ha beccato mentre usciva dal mare e entrava in una villa di lusso sulla spiaggia.
La foto ha colto di sorpresa il pubblico ungherese, ma c’erano anche altri dettagli, molto più rivelatori, sulla vacanza di Orbán.
Il filmato è stato ottenuto dal giornalista dell’opposizione Balázs Gulyás, che ha rivelato che la villa di lusso appartiene alla famiglia Ungár, le cui aziende hanno vinto lucrosi appalti statali.
Al primo ministro, il cui padre, i figli e il genero sono conosciuti per le proprie svariate attività, si sono uniti i membri della sua famiglia.
Inoltre, il premier non ha pagato l’alloggio e, secondo le informazioni ufficiali, non risultava nemmeno in vacanza.
Non è solo il primo ministro a suscitare interesse in questa storia. Un membro della famiglia ospite, Péter Ungár, è una figura ben nota nell’opposizione ungherese a Orbán. La sfera di influenze sembra chiudersi.
Boróka Parászka scrive per HVG


UN MALFATTORE DOPO L'ALTRO: LA "FAMIGLIA" È SISTEMA

Proteste di massa contro il governo a Skopje, la capitale della Macedonia del Nord, nel 2015. Foto: Sinisa-Jakov Marusic/BIRN

SKOPJE - È stato nel 2015 che ho capito che forse finalmente il momento era arrivato, e che i giorni erano contati, per il regime autoritario della Macedonia del Nord, soprannominato «la famiglia» e guidato dall’ex primo ministro Nikola Gruevski.
Per ironia della sorte, le malefatte di questa rete di persone sono state scoperte grazie a intercettazioni registrate illegalmente dalla polizia segreta.
Faceva una certa impressione sentire gli alti funzionari che truccavano le elezioni, controllavano i media e la magistratura, discutevano di tangenti e gioivano della vendetta ottenuta contro un ex alleato politico dopo che avevano demolito il suo edificio.
In seguito, ci sono state delle proteste di massa sotto lo slogan «niente giustizia, niente pace» e, verso la metà del 2017, la «famiglia Gruevski» si è sgretolata.
«Ma può essere vero?», mi sono chiesto. «Questo potrebbe essere il punto di svolta per il mio paese?».
Presto però quel dolce senso di giustizia ha virato verso un retrogusto amaro, quando il nuovo governo socialdemocratico ha infranto la propria promessa di sradicare i giudici corrotti, e ha insistito sul fatto che un’azione del genere avrebbe causato più danni che altro.
Nel 2018 il governo ha approvato una legge di amnistia per i sostenitori di Gruevski che l’anno prima avevano preso d’assalto il parlamento, affermando di averlo fatto in nome della riconciliazione.
Nel 2021, Saso Mijalkov, l’ex capo della polizia segreta, è stato condannato a dodici anni di carcere per aver orchestrato le intercettazioni telefoniche illegali.
Un piccolo barlume di speranza, si potrebbe dire.
Ma una corte di grado superiore ha annullato quel verdetto e ha ordinato un nuovo processo, che al momento ha una scadenza impossibile per l’anno prossimo.
Mentre scrivo queste righe, gli studenti di giurisprudenza di Skopje stanno di nuovo protestando di fronte al governo.
Lo slogan – «niente giustizia, niente pace» – è lo stesso oggi come allora.
Il motivo delle rimostranze dei giovani? Una recente decisione del governo, che ha apportato una modifica al diritto penale, la quale riduce le pene per abuso d’ufficio e associazione a delinquere. Ciò farebbe decadere anche molte delle cause in corso.
L’attuale “famiglia” sta forse facendo un accordo con la vecchia “famiglia” per il periodo in cui perderà il potere, offrendo un’amnistia silenziosa ai malfattori? Molto probabile, ma del tutto irrilevante.
Il dato di fatto è che nostra lotta contro la vera “famiglia”, cioè quella profondamente radicata in istituzioni che non hanno colore politico e che sono guidate esclusivamente dall’interesse personale, è fallita miseramente.
Sinisa-Jakov Marusic scrive per Balkan Insight


Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva info@europeanfocus.eu se vuoi mandarcela in inglese, oppure a francesca.debenedetti@editorialedomani.it

Alla prossima edizione! Francesca De Benedetti


(Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti)

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