«La chiesa è un luogo di guarigione, il pronto soccorso di persone abusate che hanno bisogno di essere accolte». A dirlo è la psicoterapeuta Vittoria Lugli, referente diocesana e coordinatrice regionale del Lazio del Servizio di tutela dei minori, durante il convegno “Dalla parte delle vittime”, che si è tenuto ieri mattina alla Pontificia università Lateranense per parlare di prevenzione degli abusi sui bambini.

L’occasione per fare il punto era la presentazione del primo report sulla pedofilia nella chiesa della Cei, che rende conto dell’attività dei Servizi diocesani e dei centri d’ascolto nel biennio 2020-21.

Il convegno ha rappresentato una perfetta azione di distrazione dell’attenzione, tesa a mostrare come il problema degli abusi non riguardi in realtà la chiesa, se non in minima parte. «La chiesa non è una multinazionale che produce preti pedofili», ha esordito don Fortunato di Noto, che si definisce “pioniere nella lotta alla pedofilia” perché se ne occupa dal 1989 con la sua onlus Meter.

«In Italia, negli ultimi due anni, ci sono 7675 bambini vittime di violenza, di cui 1683 casi di violenza aggravata», ha detto il sacerdote. Numeri tesi a ridimensionare la portata della manciata di casi riportati dalla Cei, così come la scelta delle due testimoni di abuso presentate al pubblico: la prima, violentata a sei anni dal nonno, ha trovato la forza di perdonare grazie a una psicologa cristiana, e la seconda (anonima, ascoltata in un audio recitato alla platea) ha subito molestie a 17 anni dall’allenatrice della squadra di calcio. Nessuna delle due, guarda caso, è stata vittima di un sacerdote.

L’attacco ai giornalisti

Il pezzo forte, però, è stato l’intervento di monsignor Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori della Cei che, sentendosi a casa e lontano dalle domande definite «aggressive» dei giornalisti, ha parlato fuori dai denti. «Abbiamo mostrato tutte le nuove attività di formazione della chiesa e ai giornalisti interessava soltanto quanti sono i preti pedofili e i vescovi insabbiatori», ha detto riferendosi alla conferenza stampa di presentazione del report.

«Volevano sapere dei risarcimenti alle vittime – ha continuato – ma questo non era l’oggetto del nostro lavoro: inoltre, chi viene condannato dalla giustizia civile è anche obbligato a pagare i danni». La giustizia ecclesiastica, agli occhi di Ghizzoni, non è chiamata evidentemente allo stesso impegno. «I casi di abuso negli ambienti ecclesiastici sono pochissimi rispetto a quello che accade in famiglia, a scuola o nello sport – ha aggiunto monsignor Ghizzoni – a noi non interessa mettere alla berlina preti e vescovi ma prevenire gli abusi nella chiesa».

Il riferimento alla Francia

Sulla commissione indipendente, poi, il vescovo è stato fin troppo eloquente: «Non faremo mai una commissione con enti che non capiscono nulla della chiesa e che vengono giudicati indipendenti soltanto perché sono esterni all'ambiente ecclesiastico – ha dichiarato – noi non faremo proiezioni statistiche, abbiamo ben visto i danni che sono stati fatti là dove è stato permesso».

Il riferimento è alla Ciase, la Commissione indipendente sugli abusi all’interno della chiesa cattolica in Francia, composta solo da laici, che dopo due anni e mezzo di indagini ha diffuso dati sconvolgenti: 216.000 bambini e adolescenti sarebbero stati vittime di violenze o aggressioni sessuali da parte di religiosi o ecclesiastici in Francia dal 1950 ad oggi.

Un numero che sale a 330.000 se si tiene conto delle vittime di aggressori laici nell’ambito delle istituzioni ecclesiastiche, mentre gli abusatori sarebbero circa tremila membri del clero. Un’indagine criticata anche dal cardinale Zuppi, per il fatto che si tratta di un rapporto su base statistica, basato sulla proiezione delle 2738 testimonianze ricevute, mentre quello italiano sarebbe «basato su dati certi».

«Dati certi» che per ora sono soltanto quelli forniti da un terzo dei centri d’ascolto diocesani. Numeri che per quanto molto parziali (o forse proprio per quello) sono tuttavia significativi: 89 segnalazioni di abuso raccolte in un poco più di un anno, di cui più della metà riguardano casi attuali o recenti, non sono poche.

Se poi si sommano ai 613 fascicoli che abbiamo scoperto (soltanto in conferenza stampa) essere depositati al dicastero per la dottrina della fede dopo il 2000, si arriva a 700 possibili casi in vent'anni denunciati alla chiesa.

Senza contare tutti i casi arrivati all’autorità giudiziaria e, soprattutto, quelli mai denunciati, che sono sicuramente la maggior parte. Per quanto cerchi di minimizzare, la chiesa italiana ha ancora molto da dire sulla pedofilia clericale.

 

© Riproduzione riservata