«Fra i nostri club c’è un patto di sangue, il progetto della Superleague ha il 100 per cento di possibilità di successo, andiamo avanti». Si apre così l’intervista del presidente della Juventus rilasciata al quotidiano La Repubblica.

Un patto di sangue tradito dopo poche ore dai sei club inglesi che dopo una riunione svolta in serata insieme alle altre sei squadre fondatrici della Superlega, la competizione che ha fatto arrabbiare le organizzazioni delll’Uefa e della Fifa, hanno deciso di ritirarsi. Troppa la pressione dei giocatori e dei propri tifosi che fin da subito hanno contestato il progetto, bollato come un unico pretesto di fare soldi e di mettere in secondo piano i meriti e i valori del calcio.

«Vogliamo creare la competizione più bella al mondo – dice Agnelli – capace di portare benefici all’intera piramide del calcio, aumentando la distribuzione delle risorse agli altri club e rimanendo aperta con cinque posti disponibili ogni anno per gli altri da definire attraverso il dialogo con le istituzioni del calcio». In ogni caso «c’è piena volontà di continuare a partecipare a campionato e coppe nazionali» conferma il patron della Juventus.

L’obiettivo è di attirare gli adolescenti e i ragazzi al mondo del pallone. «I più giovani vogliono vedere i grandi eventi e sono meno legati agli elementi di campanilismo che hanno segnato le generazioni precedenti, compresa la mia – dice Agnelli – Un terzo dei tifosi mondiali segue due club ch spesso sono tra i fondatori della Superleague, il 10 per cento segue i grandi giocatori e non i club, due terzi seguono il calcio più per “il timore di perdere qualcosa” che non per altro, e il dato più allarmante è che il 40 per cento di coloro che hanno fra i 16 e 24 anni non ha interesse nel mondo del calcio. Andare a creare una competizione che simuli ciò che fanno sulle piattaforme digitali — come Fifa — significa andargli incontro e fronteggiare la competizione di Fortnite o Call of Duty che sono i veri centri di attenzione dei ragazzi di oggi, che spenderanno domani».

Il paragone con la Play Station appare forzato e poco logico, ma secondo Agnelli la pandemia e gli stadi chiusi hanno accelerato questo allontanamento delle fasce di età più giovani dallo sport che è tra i più seguiti al mondo. Il presidente dice di tenere aperto il dialogo con le istituzioni del calcio (Uefa e Fifa) ma «bisogna uscire da questa situazione di monopolio dove i nostri regolatori sono i nostri principali rivali. È un esercizio delle libertà». Non teme sanzioni «Ciò che stiamo facendo è perfettamente legale – dice – Stiamo esercitando una libertà prevista dal Trattato dell’Ue». Qualora i club fondatori verranno espulsi dalle competizioni nazionali «non sarebbe solo un monopolio ma una dittatura» afferma.

Agnelli condanna la risposta negativa del premier britannico Boris Johnson e del presidente francesce Emmanuel Macron, ma afferma anche che «la posizione di Draghi è di grande buon senso» e aggiunge: «Lo sport è da sempre contro le ingerenze della politica. Se i leader politici vogliono intervenire sul fronte economico — dove stimiamo perdite fra i 6,5 e gli 8,5 miliardi di euro — sarà positivo, soprattutto sul fronte con la Uefa».

L’idea della Superlega nasce da una volontà politica maturata negli ultimi 20-30 anni dice, la pandemia non ha fatto altro che mettere ancora più in crisi il sistema e accelerare i tempi. «Fifa e Uefa fanno grandi ricavi con i nostri giocatori ma non ci hanno aiutato nei momenti di crisi. Devono scegliere: o fanno i regolatori o i promotori commerciali».

Dalle parole di Agnelli traspare la sua idea di calcio di oggi: «Il calcio non è più un gioco ma un comparto industriale e serve stabilità» che deriva da «regole economico-finanziarie ferree» come quelle stabilite della Superlega. «L’ambizione delle piccole è legittima ma dall’altra parte abbiamo una statistica lunga un secolo».

Nella parte finale dell’intervista il presidente della Juventus conferma di voler trovare un dialogo con Uefa e Fifa, altrimenti si va a una battaglia legale per capire chi ha ragione. In ogni caso si dice convinto di ciò che sta facendo: «Mi rassicura il progetto di creare il campionato più bello del mondo, mi preoccupa ilpopulismo che ostacola il dialogo su questa iniziativa».

La posizione di Urbano Cairo presidente del Torino

«Questa Superlega è un attentato alla sua salute, all’interesse collettivo. Tre società, Juve, Inter e Milan, hanno pensato esclusivamente alla loro salute economica, ai loro interessi». Non ci va per il sottile il presidente del Torino, diretto avversario della Juventus in città. Si dice indignato per la notizia della nuova competizione e fin da subito ha assunto una posizione di contrasto.

Il fondo iniziale messo a disposizione dalla Jp Morgan di ben 3,5 miliardi garantirebbe una sorta di “bonus di benvenuto” di oltre 300 milioni di euro per i club fondatori. Una misura, che secondo Cairo «intende superare il momento di difficoltà economica che stanno vivendo tutti, chi più chi meno, disinteressandosi però totalmente del bene comune, delle sofferenze altrui».

Nei giorni scorsi il presidente del Torino aveva gridato al tradimento e ora spiega la sua posizione: «Il progetto che prevedeva l’ingresso in Lega di serie A dei fondi in una media company aveva una base di 1,7-1,8 miliardi, soldi utili al bene comune, anche a superare le gravi difficoltà, un finanziamento importante per il rilancio della stessa serie A, che in questi anni ha perso competitività nei confronti di altre leghe europee. Agnelli faceva parte del comitato interno delegato a trattare con i fondi, aveva un ruolo importante, di primus inter pares. Il tutto necessitava di un cambio della governance stessa della Lega. Era in atto un’operazione laboriosa. Il comitato dei 5, che attenzione nasce il 13 ottobre 2020, aveva ricevuto la delega di tutte le altre società. Improvvisamente il cambio di scena, nonostante il voto assembleare che aveva sostenuto l’operazione dei fondi: Agnelli e la proprietà dell’Inter prendono le distanze dai fondi. Adesso si capisce il perché».

Ora chiede che Marotta dell’Inter e Scaroni del Milan si dimettano dalle rispettive posizioni di consiglieri all’interno della Lega di Serie A. «Questa è malafede, concorrenza sleale – dice – hai una delega della serie A e intanto tratti su un altro fronte, per superare i tuoi gravi problemi economici, i tuoi bilanci in sofferenza, danneggiando le società che ti hanno dato un mandato ben preciso».

I tifosi, quasi in maniera unanime, hanno condannato il progetto soprattutto in Inghilterra ma anche in Italia. Una scelta che non stupisce Cairo: «Questa è una competizione che stravolge l’idea di calcio, di sport, non riconosce la passione. Il calcio regala emozioni, va vissuto seguendo questo spirito. Il calcio è partecipazione».

Ora però chiede sanzioni esemplari «ciò che hanno fatto è molto grave. Stanno minando la vita delle Leghe, compresa quella italiana».

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